Il biellese Elia Milani, 39 anni, si sta facendo sempre più notare in queste settimane come inviato di punta in Medio Oriente per Mediaset. Da anni Milani segue infatti la politica regionale da Gerusalemme, città nella quale la rete gli aveva chiesto di trasferirsi 6 anni fa. Dall’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso, il reporter sta seguendo in diretta per vari programmi televisivi di Mediaset l’operazione militare di Israele a Gaza volta a sradicare l’organizzazione islamista palestinese. Un mestiere pericoloso, non certo per tutti, come testimoniano gli attimi di tensione, in diretta tv, andati in onda lo scorso 9 ottobre, quando il corrispondente è stato costretto a interrompere il collegamento con Diario del giorno su Rete4. Tanto da costringere Milani e il suo cameraman a mettersi al riparo in un rifugio a pochi passi dal luogo del collegamento. “Stanno lanciando dei razzi in questo momento, siamo entrati con la polizia di frontiera in un rifugio antimissile” ha raccontato in diretta. “Qui siamo talmente vicini alla Striscia di Gaza che prima vediamo i razzi arrivare, e poi sentiamo il messaggio che dice attenzione, spostatevi e andate in un rifugio”.
Lo stile sobrio del corrispondente conquista il pubblico
Milani è stato tra i primi giornalisti italiani a entrare nella città evacuata di Sderot e a recarsi nel luogo dove si è svolto il Nova Festival, il rave party in cui 260 persone sono state uccise da Hamas il 7 ottobre scorso. “Volevamo testimoniare e far vedere qual è il posto da cui tutto è partito. Perché questa guerra è partita da qui, da Reim, dall’attacco lanciato alle 6:30 del mattino con lanci di razzi e un’incursione via terra”, ha spiegato Milani. Stufi di tifosi e attivisti travestiti da giornalisti - di una fazione o l’altra, non cambia assolutamente nulla - l’inviato di Biella sta conquistando il pubblico grazie a uno stile estremamente equilibrato e non partigiano. Una rarità di questi tempi, dove spesso troppi addetto ai lavori vestono i panni degli ultras, quando ci sarebbe semplicemente la necessità di capire e avere fonti indipendenti sul campo, in una guerra che è anche di propaganda, da una parte e dall’altra. Il corrispondente di Mediaset, invece, si presenta con uno stile estremamente pacato, mai urlato, che racconta ciò che vede con i suoi occhi e che riesce a raccogliere grazie all’esperienza maturata sul campo a Gerusalemme con grande posatezza e professionalità, in netta controtendenza contro certo narcisismo di cui certi “giornalisti-influencer” sembrano essere affetti. Lo si deduce anche osservando i suoi profilo social, dove tiene un profilo bassissimo. A parlare per lui sono i fatti, o meglio le notizie e i reportage sul campo che riesce a confezionare. Con buona pace degli opinionisti da salotto.
Ma chi è l’inviato di Mediaset?
Come si legge nel bel ritratto che gli dedica Valeria Braghieri su Il Giornale, Elia Milani nasce a Pavia (il 20 agosto 1984) ma cresce a Biella. Nella città piemontese, infatti, i genitori dell’inviato dirigono una comunità di recupero per tossicodipendenti. “Sembra che sia lì - scrive Braghieri - che allena la curiosità per le situazioni e le persone che non conosce e sviluppa un’empatia che oggi lo porta a non dire mai una parola fuori posto e ad essere gentile e accogliente praticamente con chiunque”. Un indizio importante che racconta molto della personalità di Milani, tra le voci più autorevoli che il giornalismo italiano può vantare in Israele.