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Omicidio Chiara Poggi, il dispenser senza tracce di SANGUE DI ALBERTO STASI? E le prove? Il giudice Vitelli a Farwest: “Diverse lacune”. E sulla sentenza della Cassazione sul delitto di Garlasco…

  • di Benedetta Minoliti Benedetta Minoliti

  • Foto: Ansa

23 giugno 2025

Omicidio Chiara Poggi, il dispenser senza tracce di SANGUE DI ALBERTO STASI? E le prove? Il giudice Vitelli a Farwest: “Diverse lacune”. E sulla sentenza della Cassazione sul delitto di Garlasco…
Il giudice Stefano Vitelli, che assolse Alberto Stasi in primo grado, ha spiegato che l'impronta sul dispenser del bagno poteva essere stata lasciata la sera prima quando "si è mangiato la pizza e si è lavato le mani", dato che non c'erano tracce di sangue. Vitelli ha anche spiegato che l'alibi informatico di Stasi non sarebbe falso come sosteneva l'accusa…

Foto: Ansa

di Benedetta Minoliti Benedetta Minoliti

"Sul dispenser del sapone in bagno vi era una impronta di Stasi e questo è indubbio, ma non vi era traccia di sangue né sul lavandino, né sul dispenser né sul sifone, non è irragionevole pensare che quell’impronta non era di Stasi assassino, ma di Stasi che si è mangiato la pizza la sera prima e si è lavato le mani”. A parlare è Stefano Vitelli, il giudice che nel processo di primo grado assolse Alberto Stasi dall’accusa di aver ucciso Chiara Poggi il 13 agosto 2007 a Garlasco. Lo ha fatto durante l’ultima puntata di Farwest, il programma condotto da Salvo Sottile su Rai Due, tornato a occuparsi del delitto che da anni divide l’opinione pubblica.

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Nel corso del blocco dedicato al caso, è stata mandata in onda un’intervista a Vitelli, che ha ricostruito il percorso logico e giuridico che portò alla sua sentenza di assoluzione. “Il materiale istruttorio presentava diverse lacune che provai ad integrare ed approfondire,” ha spiegato. Uno dei punti centrali dell’accusa era il presunto alibi falso fornito da Stasi, che aveva detto di trovarsi a casa a lavorare alla tesi di laurea, davanti al computer. Secondo la procura, nel pc non risultavano tracce del documento. Ma, ha precisato il giudice: “La pubblica accusa sosteneva che Alberto Stasi avesse mentito sul fatto che lui quella mattina era a casa sua a lavorare la tesi e portava il computer nella cui memoria non risultavano tracce di quella tesi. Ma il risultato della perizia risultò che quello che Alberto Stasi aveva detto non era una bugia, la prova dell’alibi informatico non rendeva impossibile e quindi provata l’innocenza”.

Vitelli ha poi affrontato la questione dell’impronta di Stasi trovata sul dispenser del sapone nel bagno della villetta, uno degli elementi che la pubblica accusa aveva sempre indicato come indizio di colpevolezza. “Sul dispenser del sapone in bagno vi era una impronta di Stasi e questo è indubbio,” ha detto. “Ma non vi era traccia di sangue né sul lavandino, né sul dispenser né sul sifone”. Di qui l’interpretazione che aveva portato all’assoluzione: “Non è irragionevole pensare che quell’impronta non era di Stasi assassino ma di Stasi che si è mangiato la pizza la sera prima e si è lavato le mani.”

Per quanto riguarda invece la sentenza definitiva della Cassazione, che ha ribaltato l’assoluzione condannando Alberto Stasi a 16 anni di carcere, Vitelli ha evitato commenti diretti: “Sulla Cassazione non rispondo. Posso semplicemente dire: rispettiamo il giudicato di Stasi come è giusto che sia, ma rispettiamo anche questa indagine”.

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