Potrebbe esserci un colpo di scena nel caso del delitto di Garlasco, a poco meno di diciott'anni dall’omicidio di Chiara Poggi. Secondo un’indiscrezione il nuovo indagato Andrea Sempio starebbe valutando un cambio nel proprio team legale. Una notizia che ha riacceso i riflettori su uno dei cold case più controversi della cronaca italiana, alimentando ipotesi su un possibile cambio di rotta nella strategia difensiva dell'amico del fratello di Chiara.
Ma a spegnere il tam tam mediatico ci ha pensato subito l’avvocato Massimo Lovati, che ha liquidato seccamente la voce con una dichiarazione senza mezzi termini: “Sono tutte balle. Non so chi le mette in giro, ma non c’è nessuna sostituzione in vista”.
Il legale non solo ha respinto con fermezza ogni ipotesi di un eventuale passo indietro, ma ha ribadito con fierezza la tenuta del rapporto con Sempio. Un’intesa, confermata anche sulle pagine di Repubblica, che non lascia spazio a dubbi: Andrea ha ancora piena fiducia nel proprio team e non ha intenzione di voltare le spalle a chi lo difende.
E mentre le smentite si rincorrono, il fascicolo giudiziario si arricchisce di un elemento che rischia di riaprire vecchie ferite e nuovi scenari: una traccia di dna maschile sconosciuta, ritrovata nella bocca della vittima durante le nuove analisi stabilite dall'incidente probatorio.
Quel profilo genetico, ribattezzato “Ignoto 3”, non appartiene né ad Alberto Stasi, il fidanzato di Chiara già condannato in via definitiva, né ad Andrea Sempio. E allora la domanda è inevitabile: chi è l’uomo senza nome che quella mattina avrebbe lasciato una traccia sul corpo di Chiara?

Un dettaglio che potrebbe rimettere tutto in discussione. Tuttavia, per Lovati, non si tratta di una novità capace di stravolgere l’impianto difensivo, ma di una conferma: “Conforta la tesi dell’assoluta estraneità del mio assistito da tutta questa vicenda”, ha dichiarato al Corriere della Sera. Nessuna correlazione tra Sempio e la scena del crimine al momento, secondo il legale, che rilancia invece l’ipotesi di gravi falle nell’inchiesta iniziale.
Lovati non si limita a commentare il nuovo sviluppo scientifico: ne contesta anche le implicazioni metodologiche. A suo dire, quel ritrovamento “sposta soltanto l’equilibrio della possibilità di inquinamento delle prove che ci fu durante la prima indagine”. Un’accusa che punta il dito contro le modalità con cui furono raccolti e analizzati i reperti nella fase iniziale, quando il caso era ancora nelle mani della Procura di Vigevano prima e di Pavia poi.
E proprio alla Procura di Pavia sono rivolti i toni più duri dell’avvocato. Secondo Lovati, gli inquirenti sarebbero impegnati in una caccia al colpevole a tutti i costi, al punto da inseguire piste inconsistenti o fantasiose: alla ricerca di complici “che però non ci sono”. La metafora scelta è letteraria, ma il messaggio è chiarissimo: “Vogliono fare come Pirandello. Sei personaggi in cerca d’autore”, ha dichiarato ancora a Repubblica. Come a dire che si sta cercando di costruire un cast senza un vero copione, rincorrendo figure e ruoli che nella realtà non esistono.
Lovati insiste: “Quello di Garlasco fu un omicidio volontario commesso da una sola persona”. Una convinzione che ribadisce con forza da anni, e che ora trova una sponda scientifica nella traccia dell’Ignoto 3. “Non canto vittoria ma ci avviciniamo”, conclude. Una frase che lascia intendere come il legale sia sempre più convinto che il puzzle, dopo anni di processi e archiviazioni, possa ancora trovare un’immagine diversa da quella consegnata dalle sentenze.
