Chi ha ucciso Pierina Paganelli? Questo è un interrogativo che da oltre dieci mesi attanaglia le menti di chi indaga. E non solo. Dopo la custodia cautelare di Louis Dassilva, al momento l’unico indagato per l’omicidio dell’ex infermiera in pensione, continuano senza sosta le attività investigative. Lo scorso giovedì, al civico 31 di via del Ciclamino, è tornata la polizia scientifica unitamente alla squadra mobile per ripetere l’esperimento giudiziale che ha assicurato Dassilva alla casa circondariale. Tuttavia, come anticipato da Tatiana Bellizzi, giornalista di Estate in Diretta, chi indaga starebbe cercando nelle ultime ore di rispondere ad un preciso ed ulteriore quesito: Louis è stato parte attiva nell’omicidio di Pierina? È lui l’autore materiale del delitto o ha avuto in quest’ultimo un ruolo diverso perché coinvolto nell’occultamento dell’arma e dei vestiti? Gli interrogativi, secondo quanto ricostruito scrupolosamente da Tatiana Bellizzi, scaturirebbero proprio da quel frame delle 22:17 che immortalerebbe il killer di Pierina con qualcosa sull’avanbraccio sinistro. Probabilmente una maglietta bianca o una tuta monouso usati durante la dinamica omicidiaria. La domanda in effetti è semplice e logica. Perché chi ha ucciso Pierina avrebbe dovuto disfarsi dell’arma e non di quegli indumenti scegliendo invece di portarli con sé in direzione del civico 31? Un errore dell’assassino? In effetti, al centro del rompicapo c’è sempre la scena del crimine, che normalmente contiene le prove e gli indizi migliori di cui gli inquirenti possono disporre. Quella di via del Ciclamino sembra però non quadrare fino in fondo, come evidenziano le indiscrezioni trapelate dalla trasmissione di Rai1 sull’effettivo ruolo, ammesso che ci sia stato, di Louis Dassilva. Il cui nome, si ribadisce, è al momento l’unico che compare sul registro degli indagati. Perché ripetere un esperimento giudiziale come quello relativo alla camminata dell’unico indagato se già posto a fondamento dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere? In attesa dell’esito della comparazione del dna – che per inciso è presente e comparabile – l’investigazione tradizionale sembra prendere una sterzata. L’impressione, infatti, nonostante Ferragosto sia alle porte, è che gli uomini di Paci non abbiano alcuna intenzione di fermare l’attività investigativa. Come conferma lo stesso esperimento compiuto alla vigilia della settimana che per eccellenza segna le ferie estive. Accantonato per un attimo il dato scientifico, da cui non si potrà certo prescindere, c’è più di un personaggio in cerca d’autore in questa terribile storia. La risposta, però, sta tutta nel “perché”.
Che motivo avrebbe avuto Dassilva di uccidere Pierina? Valeria gli è sempre rimasta accanto. Gli è rimasta accanto non solo perché gli crede. E che sia in buona fede pare abbastanza chiaro all’avviso di chi scrive. Nel ricostruire le ore in cui la povera Paganelli veniva uccisa, Valeria Bartolucci ha sempre dato risposte coerenti e mai si è contraddetta. Ma le è rimasta accanto perché il legame che la unisce al marito è fortissimo. Forte al punto di essere stata d’accordo nel fargli avere un altro figlio per assecondare il suo desiderio di padre. Dunque, perché mai il senegalese poteva voler la morte di Pierina? Ventinove coltellate sono odio. Sono rancore prolungato nel tempo. Sono estrema rabbia. Sono volontà distruttiva. Siamo davvero sicuri che Dassilva provasse questi risentimenti nei confronti di Pierina? E davvero la povera settantottenne rappresentava un ostacolo insormontabile per la sua vita matrimoniale? Interrogativi a cui la squadra mobile sta cercando di dare una risposta. Rasoio di Occam. La risposta più semplice è quella da favorire. Probabilmente la storia del giallo di Rimini è ancora da scrivere. Le indagini faranno il resto.