Una storia scomoda…
Come blasta Aldo Grasso sul Corriere della Sera, stavolta le tv, il suo settore dunque, per come viene raccontano il delitto di Garlasco: “Sul caso Garlasco le televisioni stanno dando il peggio di sé, trasformando senza alcuna remora la vita e la morte in feuilleton. Avvocati di parte che passano da una trasmissione all’altra, dal mattino alla sera, come se non avessero altro da fare. Consulenti che giocano a essere scienziati. Criminologhe e criminologi che sentenziano come fossero giudici. Fanatici in cerca di visibilità, alla Fabrizio Corona. È il carnevale dell’opinionismo che banchetta sulle spoglie della vittima sacrificale. Un giorno ce ne vergogneremo. O forse no. Ci sarà altro da seguire”. Non proprio una linea morbida, dunque. “Non si sottrae a questa festa macabra nemmeno il servizio pubblico, nemmeno Chi l’ha visto? (Rai3) che invece di cercare gli scappati di casa insegue i colpevoli, come se la morbosità della cronaca nera fosse il suo nuovo mandato”.

Proprio su Chi l’ha visto? si concentra Grasso: “Da tempo, Federica Sciarelli ha assunto questo compito di «guida morale» come se ripristinare l’ordine sociale fosse l’ultima missione di quello che un tempo veniva definita «tv verità»: la trasmissione non è un talk show, ma una sezione di un distretto di indagini, la sceneggiatura è suggerita dalla cronaca. Per non parlare di Alberto Matano, fresco laureato in Garlascologia”. Per Grasso, come ha scritto Matteo Marchesini sul Foglio, “oggi le trasmissioni di cronaca nera svolgono una funzione di sfogo, di droga, di rivalsa verso la vita, sono vissute come una catarsi aberrante e senza fine come se noi tutti fossimo complici anziché spettatori”. E “così, abbandonato lo scrupolo della decenza,” conclude Grasso, “più si acuisce l’attenzione al caso più aumenta la nostra indifferenza verso la vittima e una sorta di veleno astratto diventa il nostro vero punto di vista”.
