Tanto tuonò che alla fine... piovve. Carlo Calenda ha passato il suo personale Rubicone: arruolare due ex Movimento Cinque Stelle nel suo partito. In Azione sono entrati la deputata Federica Onori e, soprattutto, l’eurodeputato Fabio Massimo Castaldo. Diciamo “soprattutto” non per sottolineare la minorità della Onori, 35 anni, deputata dal 2022, quanto piuttosto per segnalare quanto il passaggio di Castaldo ad Azione segni una netta rottura. L’eurodeputato romano, vicepresidente del Parlamento Europeo dal 2017 al 2022 con Antonio Tajani e David Sassoli, è stato su moltissimi temi un durissimo contestatore proprio del leader della sua nuova formazione.
Azione ha segnalato che Castaldo e Onori “scelgono il nostro progetto perché stanchi di una politica fatta di diktat e slogan, anche su temi complessi come la politica estera e soprattutto il sostegno all’Ucraina”. Proprio sull’appoggio a Kyiv Castaldo ha criticato la linea pacifista e non interventista di Giuseppe Conte in passato e Calenda ha sottolineato proprio nell’appoggio costante al Paese invaso dalla Federazione Russa un punto di caduta su cui si è consumato l’abbraccio con Castaldo e la Onori.
Castaldo dal 2022 a oggi è stato effettivamente una voce dura nei Cinque Stelle sul fronte del contrasto a Mosca. Nel settembre 2016 aveva, due anni dopo l’ingresso all’Eurocamera, chiesto la rimozione delle sanzioni alla Russia. Nell’ultimo biennio ha decisamente cambiato registro. E probabilmente Calenda avrà anche digerito l’accusa di essere “senza vergogna” per la sua opposizione al reddito di Cittadinanza lanciata da Castaldo nel 2019. Ma su altri temi soprattutto Castaldo, a lungo nel “cerchio magico” di Luigi Di Maio prima e Giuseppe Conte poi, ha potenzialmente distanze ampie da colmare con i temi-bandiera di Azione.
Due maggiorenti del partito di Calenda, come Giulia Pastorella e Fabrizio Benzoni, eletti a Milano e Brescia, hanno dato sui loro profili social spazio alla notizia dell’ingresso di Onori e Castaldo nel gruppo di Azione. Spicca il silenzio sul tema di un altro onorevole di Azione, Enrico Costa, tra i massimi esponenti del garantismo liberale italiano. Costa è stato ai tempi del governo Draghi tra i massimi sostenitori della riforma della Giustizia del ministro Marta Cartabia e, cosa più importante, dei critici della riforma Bonafede che l’aveva preceduta. Oggi le voci vicine al centro italiano lo danno tra i più scettici dell’arrivo di Castaldo in forza ad Azione. I ben informati lo danno “di umore nero” per l’arrivo di una figura ritenuta distante anni luce dalle sue posizioni garantiste che ha trasmesso, con forza, all’intero centro.
Nel febbraio 2020 Costa, allora in Forza Italia, presentò un emendamento per cancellare la riforma della prescrizione voluta da Bonafede, che la congelava per un’ampia serie di reati in caso di condanna in primo grado nei processi penali. La Lega e Italia Viva, allora nei campi opposti nel governo Conte II, votarono assieme e Castaldo tuonò contro questa convergenza sospinta dall’emendamento di Costa dal suo profilo Facebook.
Un altro scontro a distanza avvenne tra fine 2022 e inizio 2023. Quando poco dopo la nascita del Governo Meloni Azione e Italia Viva presentarono un ordine del giorno a prima firma di Costa per “predisporre, con una rivisitazione organica, il ripristino della disciplina della prescrizione sostanziale in tutti i gradi di giudizio, rimuovendo le criticità derivanti dalla legge 3/2019″, la cosiddetta “Spazzacorrotti” promossa dai Cinque Stelle nel governo Conte I via Bonafede, Castaldo tuonò. A inizio gennaio 2023 dichiarò infatti: “Renzi e Calenda si sono trasferiti direttamente nei banchi della maggioranza per dare l’ennesimo colpo alla giustizia italiana e smantellare la Spazzacorrotti. La verità è che non stanno riformando la giustizia, ma la stanno rendendo impossibile. Vergogna!”.
Su questi temi identitari viene certamente il dubbio di pensare che la conciliabilità tra lo storico percorso di Castaldo e certe posizioni di Azione, espresse soprattutto da Costa che è stato nei fatti la voce ufficiale del partito su temi-bandiera del centro come la Giustizia, sia difficile da conciliare. Del resto, anche Mariastella Gelmini, che pochi giorni fa ha fatto calorosi auguri per l’ingresso di Elena Bonetti e Ettore Rosato da Italia Viva ad Azione, è stata silente sull’ingresso di Castaldo. Un certo imbarazzo traspare. E in quest’ottica è ancor più curioso il fatto che Renzi non ne approfitti mettendo il dito nella piaga. Tentativi in extremis di salvare dal naufragio l’ipotesi della lista comune alle Europee? Potrebbe essere. Ma ci potrebbe essere anche la volontà di non alzare l’asticella della polemica per vedersi ribaltate queste accuse. I ben informati ricordano che Renzi imbarcò un’ex grillina già nel lontano 2019, quando Silvia Vono, allora senatrice, passò dal movimento di Beppe Grillo alla neonata Italia Viva renziana. Nelle porte girevoli della politica italiana tutto è possibile. Anche a costo di pagare un po’ in coerenza in un contesto in cui i politici spesso cambiano partiti come se fossero squadre di calcio. Non esistono più le bandiere di una volta nei grandi campionati di calcio. Figurarsi in ambiti dove il declino della fedeltà è stato più rapido come la politica…