Il governo di Giorgia Meloni eredita, tra le altre cose, la gestione della vicenda di Autostrade per l'Italia (Aspi) con i suoi risultati risaputi e sconcertanti. Il partito della premier, Fratelli d'Italia, è quello che ha sempre denunciato la mala gestione dell'affare. Adesso, a mettere le mani sul dossier, saranno i nuovi ministri dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, e delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ovvero le due punte di lancia della Lega, il partito che, sia dal governo che dall'opposizione, ha sempre difeso gli interessi della famiglia Benetton. C’è quindi grande curiosità sulla linea che assumerà il nuovo governo soprattutto in termini di gestione e di sicurezza di un'infrastruttura fondamentale: Aspi gestisce più della metà della rete autostradale italiana. Il governo Conte 2, dopo il crollo del ponte Morandi, scelse di risolvere la questione autostradale "graziando" Atlantia, la holding controllata dai Benetton, sulla revoca della concessione di Aspi, considerata unanimemente la sanzione automatica dopo il grave inadempimento di far venire giù il viadotto sul fiume Polcevera provocando 43 morti. Impose ai Benetton la nazionalizzazione delle autostrade, attraverso la vendita alla Cassa depositi e prestiti (Cdp). l governo Draghi ha preso in mano la compravendita di Aspi e l'ha gestita per 15 mesi. Con un risultato che ha ribaltato le premesse di Conte. Quindi Conte parte per rinazionalizzare le autostrade e Draghi le riprivatizza. Mario Draghi, rispondendo a una domanda durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi, ha detto sulla questione Cdp-Aspi: “Non intervengo e non discuto perché c'è una trattativa in corso, fondata sull'offerta preparata dal governo precedente. Vediamo come va a finire". Che la trattativa in corso fosse fondata sull'offerta preparata dal governo precedente non era vero. Lo stesso Rivera spiegherà in seguito alla Corte dei Conti che il governo con l'acquisto di Aspi da parte di Cdp non c'entra niente: "Il Consorzio acquirente (Cdp-Blackstone-Macquarie, ndr) è un soggetto interamente privato e pertanto le valutazioni del Consorzio circa il valore di Aspi sono irrilevanti per l’Amministrazione che ad esse è, infatti, rimasta estranea”.
Alla vigilia dell'offerta vincolante di Cdp, scende in campo l'Istituto Bruno Leoni, che considerava la partita ancora apertissima: "La gestione del dossier sarà uno dei primi banchi di prova su cui potremo misurare se e quanto il governo Draghi si pone in discontinuità con l’esecutivo precedente". Pochi giorni dopo scesero in campo Franco Debenedetti, presidente del Bruno Leoni, e il direttore delle ricerche Carlo Stagnaro. I due pongono a Draghi una questione sensata: una vera nazionalizzazione. Questo è il nodo che spetterà a Salvini e Giorgetti sciogliere. Il governo Conte ha stabilito una cosa molto opinabile, cioè che revocare la concessione ai Benetton per grave inadempimento fosse molto rischioso. E che dunque era meglio andare verso una contorta transazione tra il concedente (il ministero delle Infrastrutture) e il concessionario (Aspi) per una soluzione negoziata del caso Morandi, accompagnata però dalla vendita di Aspi allo stato. Lo stato ha subito individuato in Cdp il compratore per suo conto, salvo poi sostenere che Cdp con lo stato non c'entra niente. Atlantia ha sempre detto e scritto che considerava questa decisione del governo un vero atto di prepotenza. Quando ha cercato di raccogliere altre offerte per vendere Aspi a prezzo maggiore lo stato è intervenuto per bloccare tutto. Alla fine, i Benetton hanno ceduto, limitandosi a controllare che il prezzo di vendita fosse soddisfacente, e che l'operazione per loro si chiudesse con un guadagno che, per piccolo che fosse, era sempre una sanzione accettabile per aver provocato il crollo del Morandi e 43 morti. Questa è la domanda a cui il nuovo governo dovrà trovare una risposta: visto che, minacciando la revoca della concessione, il governo Draghi poteva imporre qualsiasi cosa ad Atlantia, perché non ha davvero nazionalizzato Aspi comprandola come Tesoro e l'ha consegnata agli interessi privati di Blackstone e Macquarie che promettono di essere non meno avidi dei Benetton? L'unica possibile spiegazione è che la burocrazia.