Selvaggia Lucarelli ha criticato la classifica di Forbes sui migliori ristoranti italiani, accusandola di una mancanza di chiarezza per la selezione, e raccogliendo alcune testimonianze di ristoratori che denunciavano il fatto di aver ricevuto richieste di denaro per figurare nella classifica. 2500 euro per comparire nella lista dei 100 ristoranti della prestigiosa rivista. La notizia ha destato indignazione e sconcerto, anche se alla fine lo si poteva sospettare, che ci sia un meccanismo generale dietro al mondo della critica gastronomica. Abbiamo intervistato il pioniere dei critici italiani, Edoardo Raspelli, che ha rincarato la dose: “La critica non esiste più”, ci ha spiegato, e il problema non riguarda solo la lista di Forbes. E ci sono di mezzo la crisi economica, gli influencer e perfino la Guida Michelin, la massima autorità in campo di ristorazione che, a quanto osserva Raspelli, non fa altro che riciclare le recensioni per decenni. Non essendoci più recensioni negative, davvero si mangerà bene dappertutto? O è soltanto una questione di favori?
Raspelli, ha letto l’articolo sulla classifica di Forbes?
Parlando di classifiche, iniziamo da quella delle vendite dei quotidiani. Sembra che ce ne sia solo uno in crescita, mentre tutti gli altri calano. Parlo del Fatto Quotidiano. Il Fatto Quotidiano funziona perché è fatto bene, con opinioni forti e indipendenti. Potrà non piacere a tutti, ma rappresenta un giornalismo libero che oggi è quasi scomparso. Prendi, per esempio, Selvaggia Lucarelli. Non sempre condivido le sue opinioni, ma sa fare giornalismo vero. La sua inchiesta su come funziona il sistema delle recensioni di ristoranti, pubblicata sul Fatto, è un pezzo di giornalismo amaro e coraggioso. Ciò che emerge è una perdita di etica nel giornalismo gastronomico. La crisi economica costringe a elogiare sistematicamente i ristoranti. Quello del critico, ormai, non è più un lavoro
Prima si pagava il conto e si scriveva un'opinione. Ora, le cose sono diverse, no?
Quando passai dalla cronaca nera a fare critica gastronomica nel 1975, il mio direttore, Cesare Lanza, mi disse: "Vai al ristorante, mangia, paga, scrivi, e racconta anche le cose negative." Così nacque la rubrica "Il Faccino Nero", dove esponevo i ristoranti peggiori. Fu un successo, con tutto ciò che ne conseguì: minacce, querele, una corona da morto sotto casa con la scritta “Al nostro caro Edoardo”. Francis Turatello era il capo della delinquenza lombarda, se non italiana, insieme a Renato Vallanzasca, e voleva uccidermi perché avevo lasciato una pessima recensione al suo ristorante. Ma il giornale raddoppiò le vendite e non si parlava d’altro che della mia rubrica. Sono stato il primo a farlo in Italia, insieme ai due francesi Henry Gault e Cristian Millau. Oggi però è tutto cambiato: chi fa critica gastronomica è spesso costretto a scrivere recensioni positive, anche solo per garantirsi visibilità.
E sono le stesse riviste a chiedere soldi ai ristoranti, come ha dimostrato la Lucarelli.
Sì. Trovo vergognoso che Forbes abbia pubblicato una classifica dei ristoranti senza specificare che molti nomi presenti abbiano pagato per esserci. La gente ha il diritto di sapere se sta leggendo contenuti sponsorizzati, soprattutto su un giornale di quel calibro.
Forbes è un caso unico o c’è dell’altro?
Personalmente, se dobbiamo parlare di scandali nel campo delle recensioni gastronomiche, ho scoperto che la guida Michelin ripete le stesse recensioni anche per anni, senza aggiornamenti. Per esempio, la recensione della Trattoria alla Pergola di Trevenzuolo è identica per ben 19 anni, solo con piccole modifiche: carrello di bolliti, carrello degli arrosti, la salsa pearà, questa salsa a base di pepe tipica della cucina veronese. Tutto è rimasto identico. Magari il primo anno non è sbagliata, ma è possibile che rimanga uguale a distanza di tutti questi anni? Il primo campanello d’allarme lo ebbi molti anni fa mentre stavo per pagare il conto all’Hotel Columbia di Alassio del grande sommelier Ermanno Bernardinello. Entra una signora, tira fuori un tesserino di riconoscimento e si presenta:”Sono un ispettore della Guida Michelin-dice-Posso visitare l’albergo?!”. Come si può recensire un albergo senza nemmeno averci dormito? Poi un’altra cosa: ho notato che Michelin ha pubblicato nomi e cognomi degli ispettori, ed erano soltanto 7. A fronte di migliaia di ristoranti e alberghi classificati, c’è davvero qualcosa che non torna.
La Michelin è inaffidabile?
Io sono andato a Cremona a un grande evento, e per curiosità sono andato a vedermi la guida Michelin. Cremona è la patria del torrone, ci sono degli ottimi ristoranti legati proprio al territorio. Cremona è una delle capitali italiane del latte. La Lombardia produce il 40% del latte italiano, e la maggior parte arriva dalla provincia di Cremona. La Michelin, a Cremona, segnala un unico ristorante, giapponese. Con tutto il rispetto, magari è meraviglioso, ma una città come Cremona la lanci solo con un ristorante giapponese? Siamo nella gastropalta.
Tornando a Forbes: 2.500 euro per comparire in una classifica. C'è un ritorno?
Questo non lo so quantificare, ma Forbes ha una grande autorevolezza a cui Selvaggia Lucarelli ha dato un gran pestone, evidentemente meritato. E' veramente una cosa vergognosa. È un comportamento inaccettabile da una guida che pretende di essere autorevole. Lo scandalo di chi paga, pagare, è al di là dell'entità della cifra. Un giornale prestigioso dovrebbe specificare che non è una scelta fatta da critici, ma in gran parte soggetta a pagamento.
Anche altre classifiche seguono questa logica, chiedendo soldi ai ristoranti per apparire?
C'era una guida, una decina di anni fa, che mi chiese di recensire un ristorante al giorno per quindici giorni. Li potevo scegliere io, ma loro avrebbero dovuto pagare per comparire, mentre quelli che si rifiutavano sarebbero stati esclusi. Era tutta pubblicità, e io mi rifiutai. A me capita di andare in ristoranti che magari ho recensito anni fa, sempre dopo aver pagato, e che mi offrano la cena. Lascio la mancia al cameriere e finita lì, ma se avviene il contrario è sbagliato. La critica deve essere libera, altrimenti non ha senso. Lo stesso quando partecipo agli eventi, e pretendo che mi paghino solo enti che non devo poi giudicare: il produttore di vino, il consorzio del prosciutto e così via. Ma la critica gastronomica è finita.
La critica gastronomica è finita
Ora ci sono influencer che pubblicano video ben fatti, probabilmente sponsorizzati, senza un reale giudizio. Sono tutti sul tenore di "Vi faccio vedere il migliore ristorante di Torino, di Milano e così dicendo", ma non si parla davvero di gastronoma.
E gli spettacoli in Tv?
La cucina è ovunque, ma lo spettacolo non è la realtà del gusto. Ho condotto Mela Verde per vent'anni e so quanto sia difficile raccontare il cibo con autenticità. Ora la Tv è piena di talenti come Cracco, Barbieri, Borghese, che sono bravissimi chef ma si tratta di spettacolo, non di critica reale.
Cosa pensa degli chef televisivi?
Sono tutti bravi, non dico di no. Ma come fanno a gestire i loro ristoranti, con tutte queste apparizioni? Non sempre li trovi nei loro locali, ed è un peccato. Un grande chef è anche quello che sa creare una squadra capace di mantenere alta la qualità anche in sua assenza.
Parlando di Alessandro Borghese, a “Quattro Ristoranti” sono gli stessi ristoratori a fare critica: un corto circuito?
Non ho mai visto il programma. Dopo aver finito Mela Verde ho la nostalgia della televisione, e se posso evito.
Ha mai mangiato da Borghese?
Sono stato a mangiare nel suo ristorante da cliente normale, pagante. Non è a buon mercato, ma lo si sa. Lui era lì che lavorava, ovviamente non è che uno gli chiede un risotto e lui si mette ai fornelli a cucinarlo ma controlla che tutto vada bene. Sono chef di alto livello, con team numerosi: in cucina avranno almeno quindici persone, è normale.
A proposito di soldi, c’è anche il tema delle recensioni online. Critica democratica o meccanismo fallato?
Ora sui social pubblico io le mie recensioni, non avendo più la mia rubrica su La Stampa, Il Gusto e i tredici quotidiani collegati. È un lavoro che facevo da una vita, e mi dispiace averlo perso, ma pazienza. Adesso, quando vado al ristorante, mi faccio un video: prima pago il conto, poi filmo e metto le foto dei piatti alla fine. Nulla di patinato come quelle foto degli influencer, che mi piacerebbe sapere se pagano o ricevono anche soldi oltre al cibo gratis. È un dubbio che mi viene, perché uno con le recensioni non vive solo di passione. Magari non è così, e non vorrei fare maldicenza, ma un po’ il sospetto ce l’ho.
Insomma, sembra che la critica seria sia sparita.
Ormai io e Massimo Visintin del Corriere della Sera siamo gli unici a scrivere davvero dei ristoranti, anche in modo critico. Lui è mascherato, nessuno lo conosce. L’ho incontrato una volta per cinque minuti e nemmeno mi ricordo che faccia abbia. Io, invece, ho avuto la fortuna e la “sfiga” di andare in televisione, quindi mi riconoscono, anche se comunque non mi aspettano. Ma per il resto, sembra che tutto il mondo della ristorazione ormai sia perfetto: tutto stupendo, tutto meraviglioso. Accade lo stesso con il vino, non si legge mai una critica. Hai mai letto che “questo vino sa di tappo”?