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Repubblica e Domani, ma quanto siete seri? Fratelli d’Italia che vi percula per pubblicizzare Atreju fa più ridere di voi e dimostra il punto debole della sinistra

  • di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

7 agosto 2024

Repubblica e Domani, ma quanto siete seri? Fratelli d’Italia che vi percula per pubblicizzare Atreju fa più ridere di voi e dimostra il punto debole della sinistra
Fratelli d’Italia ha iniziato la campagna pubblicitaria per la festa di Atreju 2025, il ritrovo del centrodestra italiano meloniano. Come? Perculando Repubblica e Domani, che non l’hanno presa bene e parlano di “ossessione per i giornali non allineati” e di “ennesimo attacco”. Ma davvero una battuta diventa un caso politico? La verità è che la sinistra non sa ridere più…

di Ottavio Cappellani Ottavio Cappellani

Cerchiamo di essere molto seri, cioè satirici. Su Domani hanno attaccato un pippone a paginata intera contro un post satirico della pagina Instagram di Atreju che dice: “Fate attenzione: se prendete troppo sole potreste 1) iniziare a leggere La Repubblica e Domani 2) ridere alle battute di Luciana Littizzetto 3) rivedere i servizi di Piazza Pulita 4) avere allucinazioni a forma di asterisco”. Da satiro (come tutti sanno i miei mestieri sono teologo e satiro, quando sono insieme teologo e satiro mi vengono fuori i romanzi) avrei detto che la battuta è abbastanza inefficace, leggera, non riuscita, roba da fare ridere qualche zia zitella che potrebbe vederci audacia. E invece mi sono dovuto ricredere: a Domani sono andati fuori di melone e dunque la perculata è riuscita. Si sono sentiti toccati nella libertà di stampa e dalle patrie galere hanno fatto uscire clandestinamente questo ciclostile clandestino in cui lamentano cosa? La perculata alla Littizzetto, che quando percula lei la destra è molto più efficace di ‘sto post? Che La Repubblica e Domani sono giornali all’opposizione? Che Formigli ha ospitato il servizio di Fanpage “Gioventù meloniana” in cui – meraviglia delle meraviglie, scoop degli scoop – hanno scoperto che ci sono in mezzo postnazifasci? Dice: no, il problema è serio. Giorgia Meloni, pochi giorni fa, ha stronzeggiato (cit. Giorgia Meloni) con il report della Commissione europea, critico verso la libertà di stampa in Italia, mentre a poche ore di distanza Il Giornale, diretto dal coautore dello Meloni (al maschile, in senso di premier) ha pubblicato una lista di proscrizione contro alcuni giornalisti che hanno partecipato all’altro report sulla stampa italiana, denunciandone criticità, redatto dal Media Freedom Rapid Response (Ilario Lombardo de La Stampa, Matteo Pucciarelli de La Repubblica, Martina Castigliani de Il Fatto, Anna Bredice di Radio Popolare, Francesca De Benedetti Trocchia del Domani). La situazione della libertà di stampa italiana è davvero un casino. Tra situazione legislativa, processuale, inesistenza di editori puri, censure di vario genere, autocensure, slappate, rutti, scuregge, il giornalismo italiano è per il 99% un obbrobrio (come anche l’editoria libraia, cari miei, che vi credevate?).

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Ma il problema, quello vero, è che il giornalismo italiano non sa rispondere in maniera adeguata (uso il termine “adeguata” in senso spinoziano). O ancora peggio “non vuole” rispondere in maniera adeguata. Preferisce, da tutte le parti, alzare l’asticella del livore, quando basterebbe la perculata somma. E questo perché il livore polarizza, non “convince”, convince solo chi la pensa già alla stessa maniera contribuendo solo a fare crescere la rabbia, mentre dall’altra parte si innesca lo stesso meccanismo. Lo si sa. Da sempre. Ma i nostri giornalisti, al 99%, non riescono a capire quali sono gli strumenti della parola da utilizzare: il paradosso, la caricatura, l’argomento “e contrario”, lo splendido “sillogismo lungo” (che è una mia creazione e aspetto che me lo si riconosca e che venga inserito tra i trick della retorica) e tutto il cucuzzaro della satira: rendere ridicolo qualcuno è l’unica maniera di infilare nelle coscienze l’autocoscienza e nell’adulazione una qualche forma di critica e dignità. Perché, cari miei, alla povertà, alla sopravvivenza, al portare lo stipendio a casa, all’ambizione, alla paura della solitudine, insomma a tutti i sentimenti che caratterizzano questa nostra epoca disastrata e schiavista, si comanda, altroché se si comanda. Alla risata no. Essa sorge invincibile anche contro noi stessi e cancella l’ignobile, il verme tremulo che costruisce il consenso politico. Dove sono i Cuore e i Satyricon? Per quanto mi riguarda sono convinto che sia stata la seriosità della sinistra a fare vincere la destra. Ma davvero pensavate che la seriosità di un Saviano o di una Murgia potesse avere chance contro i balconi, le mossettine leziose della mandibola, l’indignazione impettita, il nitrito italico, il passo doppio del tanghèro (o meglio del tànghero) che sono atteggiamenti che appartengono all’ita(g)liano medio al quale hanno tolto tutto tranne il digrignare di denti? Persino Michele Serra si è seriositizzato. Dove sono gli Staino e i Sabelli Fioretti? Dov’è Serena Dandini? Corrado Guzzanti lo dobbiamo vedere solo a Lol? Ma anche dall’altra parte: la splendida redazione destrorsa (ma liberale, come liberali sono tutti i satiri) di LiberoVeleno, in questo momento reclusa nelle pur storiche pagine de Il Candido, perché non hanno più un giornale che li ospiti? Lo so, purtroppo i satiri sono individui liberi in una società schiavista. E molto spesso mordono le mani dei padroni. L’eliminazione della satira vera, come agente politico, ha fatto il suo dovere già da tempo. Il risultato? L’ironia politica viene delegata a Luciana Littizzetto e a Geppi Cucciari nella serata del Premio Strega e poi, quando sulla pagina Instagram di Atreju cercano, senza riuscirci, di fare gli spiritosi, alla redazione del Domani prendono a testate gli stipiti delle porte.

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