Mentre il pianeta continua a scaldarsi e le emissioni di gas serra si mantengono elevate, la geoingegneria solare emerge come una potenziale soluzione al global warming. Ma cos’è davvero? E può davvero rappresentare una via d’uscita o nasconde rischi insostenibili?
Un pianeta sempre più caldo
Il problema è chiaro: non si stanno riducendo le emissioni come previsto dagli accordi di Parigi. Paesi come Cina e Stati Uniti, principali responsabili delle emissioni globali, stanno anzi incrementando le loro attività industriali fossili. L’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali sembra ormai irraggiungibile. Vari esperti avvertono che superare questa soglia potrebbe innescare eventi catastrofici come lo scioglimento del permafrost artico o la morte della foresta amazzonica.
Geoingegneria solare: una speranza tecnologica
Entra in scena la geoingegneria solare, una tecnica che punta a ridurre la quantità di radiazione solare che raggiunge la Terra e di cui ha parlato anche Federico Fubini sul Corriere. Come? Due le opzioni principali: collocare grandi specchi in orbita o, più realisticamente, disperdere aerosol a base di biossido di zolfo nell’atmosfera, creando uno scudo riflettente. Questa idea si basa su fenomeni naturali, come l’eruzione del vulcano Pinatubo nel 1991, che raffreddò il pianeta di circa mezzo grado grazie al rilascio di 20 milioni di tonnellate di biossido di zolfo nell’aria.
La geoingegneria solare, però, non è solo una suggestione accademica. Negli Stati Uniti, il governo ha già finanziato ricerche per esplorare questa tecnologia. Startup come Make Sunsets propongono crediti di compensazione del carbonio basati su queste tecniche, e scienziati di primo piano, tra cui James Hansen, spingono per una regolamentazione internazionale.
Solar geoengineering: soluzione o rischio di altro tipo?
Uno dei punti di forza della geoingegneria solare è la reversibilità: gli aerosol si dovrebbero dissolvere in poche settimane, offrendo la possibilità di interrompere la tecnica se i risultati si rivelassero controproducenti. Tuttavia, i rischi non sono trascurabili. Tra gli effetti collaterali ipotizzati ci sono squilibri climatici regionali, alterazioni nei regimi delle piogge (come i monsoni in Asia) e impatti imprevedibili su fauna e salute umana.
Il timore principale, però, è di natura geopolitica: un Paese in emergenza climatica potrebbe decidere di agire unilateralmente, scatenando tensioni internazionali. Immaginiamo, ad esempio, l’India che tenta di mitigare la siccità spargendo aerosol nell’atmosfera, con effetti devastanti sui vicini del Sud-Est asiatico.
La comunità scientifica chiede regole condivise e una governance globale per la geoingegneria solare, ma nel mondo dei vari Putin e Xi Jinping (con l'aggiunta dell'approccio quasi autarchico di Trump) il coordinamento internazionale sembra una chimera. E mentre le emissioni continuano a crescere, la tentazione di ricorrere a soluzioni tecnologiche potrebbe diventare irresistibile.
Riusciremo a controllare questa tecnologia prima che sia troppo tardi? La geoingegneria solare sarà un’arma salvifica o un rischioso esperimento potenzialmente fuori controllo? O nessuna delle due cose?