Di questi tempi così sensibili e pervasivi conviene fare subito quella che si potrebbe chiamare una “doverosa premessa”, una sorta di esplicito disclaimer ufficiale. Quanto è in seguito riportato non è direttamente collegato con l’omicidio di Catherine (Caterina) “Katy” Skerl ma ha solo un valore aneddotico di un fatto di puro interesse giornalistico di cui finora non si è parlato. Scrivo di fatti curiosi, se vogliamo anche strani, che pur nel rinnovato interesse mediatico per la vicenda non entrano nel piano delle indagini. Detto questo cominciamo, come al solito, dai fatti con la premessa che dato il tempo trascorso non sono tutti concordanti tra loro. Katy Skerl, nata in Svezia nel 1967, fu trovata strangolata con un fil di ferro e la tracolla della sua borsa in una vigna alla periferia di Grottaferrata, vicino Roma, il 21 gennaio 1984. Aveva solo diciassette anni ed era iscritta alla Fgci, quindi attiva nell’impegno politico. Il proprietario, Aldo Urbinelli, avvertì le forze dell’ordine. Il giorno prima, sabato, era stata ad una festa pomeridiana a via Cartesio, nel quartiere di Talenti, a Roma Nord nello stesso quartiere dove abitava a via Isidoro Del Lungo, percorrendo una distanza di circa un chilometro, attraversando Parco Petroselli. Uscita da tale festa alle 18-18:30 aveva poi un appuntamento alle 19:45 alla fermata metro Lucio Sestio (quartiere Tuscolano) per dormire da una sua amica, Angela (che aveva invitato alla festa tramite una telefonata alle 15, ma lei non poteva venire). Il giorno dopo dovevano andare sulla neve, a Campo Felice, ma a quell’appuntamento non arrivò mai. Il percorso lo aveva fatto altre volte: prendeva il bus 37 da Talenti fino a Termini e poi da lì la metro A. Quasi certamente Katy è salita sull’auto del suo assassino. Qualche giornale dell’epoca riporta che la studentessa aveva l’abitudine di chiedere passaggi. Il suo fidanzato era Francesco Morini e la loro storia era iniziata solo tre settimane prima. Nella notte giunse una inquietante telefonata alla madre del Morini: una ragazza che invocava aiuto. La ragazza fu trovata il giorno dopo riversa a terra con la faccia nel fango. Era stata strozzata con un filo di ferro arrugginito e l’assassino non è stato mai trovato. La madre si chiamava Elisa Bartolomei, separata dal marito, e faceva la bibliotecaria al Comune di Roma, mentre il padre era Peter Skerl, un regista cinematografico sui generis. Aveva un fratello, Alexander. Dal 1984 sulla vicenda non ci fu più niente fin quando nel marzo 2013 il fotografo Marco Accetti mette l’omicidio in relazione con la scomparsa di Emanuela Orlandi di sette mesi prima e ad altre vicende internazionali. A questo punto lasciamo il caso Orlandi-Skerl e concentriamoci, come avevamo promesso nell’incipit, sulla figura del padre.
Peter Skerl era nato nel 1940 a Belgrado (Serbia) ed è scomparso nel 2020 a Los Angeles (anche se non tutte le fonti sono concordi), dove si era trasferito e dirigeva una scuola di recitazione. Sembra avesse preso la cittadinanza americana. Il padre di Peter, quindi il nonno di Katy, Marijan Skerl, era nato a Trieste ma era di origine slovena e lavorava alla azienda farmaceutica Sandoz, mentre la madre era Eleonora Petku nata nella Repubblica Moldava, nella capitale Chişinău. Suo padre, dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, fu arrestato a Belgrado per motivi politici dai comunisti di Tito e Peter con la madre emigrò in Italia mentre il padre restò in carcere per dieci anni. Peter inizia la sua carriera artistica recitando nel 1959 in teatro “I derelitti”, una commedia di Pirandello. Negli anni ’60 lavora in Svezia in campo teatrale ma comincia ad interessarsi anche di cinema cercando di fare due film che però per vari motivi non vedranno mai la luce. Skerl sostiene di essere stato assistente di Ingmar Bergman in due film: L’ora del lupo e La vergogna; tuttavia il suo nome non compare nei crediti. In seguito lascia la Svezia e si ritrasferisce in Italia. Scrive nel 1972 la sceneggiatura accreditata insieme a Gian Antonio Martucci di un film molto particolare, Ragazza tutta nuda assassinata nel parco (titolo originale: Prater-Schock) per la regia di Alfonso Brescia, prodotto dalla Dauro Films. Nel 1976 giunge alla regia del suo primo e unico film, Bestialità (lo si trova accreditato, per motivi burocratici, con il nome di Virgilio Mattei, il cognato addetto al montaggio). Si tratta di un film porno-erotico che vede la partecipazione anche di attori famosi come Enrico Maria Salerno (che interpreta un pescatore, Ugo) e Ilona Staller (agli esordi) e che in seguito divenne un cult. Il film ha un finale tragico in cui c’è l’uccisione della protagonista, che viene ritrovata nuda sulla spiaggia. In seguito ci furono tentativi di proseguire il filone erotoanimalesco con Zoorastia e Mostruosità, ma non se ne fece niente (solo riprese di dieci giorni per il primo e copione per il secondo). Ma veniamo al primo film, Ragazza tutta nuda assassinata nel parco. Il titolo non può non far trasalire per il collegamento con quello che sarebbe successo anni dopo con l’omicidio della figlia avvenuto nella vigna, se vogliamo un “parco”. Ma vediamone la trama. Premessa. Scene in bianco e nero di un bombardamento a Berlino nel 1945 e poi un salto temporale. Madrid 1972: il ricchissimo imprenditore Wanterburger viene trovato morto e derubato su un vagone della giostra dell’orrore di un Luna Park. Nessuno riesce a spiegarsi cosa abbia spinto l’uomo a pagare regolarmente il biglietto per l’attrazione. Forse qualcuno lo ha attirato lì? Le prime indagini portano già una risposta: l’uomo aveva stipulato un’assicurazione sulla vita da un milione di dollari. Chris Buyer (Robert Hoffmann), assicuratore in carriera presso le filiali coinvolte, viene chiamato ad indagare sul caso e attira subito le attenzioni delle giovani figlie di Wanterburger: Catherine (Pilar Velazquez) e Barbara (Patrizia Adiutori) e della loro madre, la vedova Magda (Irina Demick). Ma gli omicidi continuano fino al finale in cui risultano tutti uccisi.
Il cast è di tutto rispetto con Adolfo Celi nei panni dell’ispettore Huber e Philippe Leroy in quello di Martin un altro investigatore della compagnia di assicurazioni. Un film ben fatto che ancora oggi colpisce per l’elegante confezione, la qualità degli attori e il ritmo della trama che solo alla fine diviene un po’ troppo inutilmente complicata ma di ferrea concatenazione logica. Ma che tipo era Peter Skerl? Sicuramente un uomo enigmatico e magmatico, molto particolare, che sembrava promettere, dal punto di vista strettamente artistico, molto più di quanto riuscisse a mantenere. Sceneggia un film che sa di premonizione e che, in una visione indubbiamente complottista, potrebbe far pensare a qualcuno che poi ha messo effettivamente in atto la sua sceneggiatura riadattandola, mentre è lecito avanzare dubbi sulla sua collaborazione con il grande regista svedese. La “ragazza tutta nuda” uccisa nel parco, nella finzione scenica, è la figlia Barbara (bionda come Katy) dell’imprenditore (nel film anche la sorella viene uccisa). Nella realtà la povera Katy non fu trovata nuda e non furono riscontrati nemmeno segni di violenza sessuale. Invece nel film l’omicida chiama di notte al telefono e qui c’è un riscontro con le telefonate notturne alla famiglia del fidanzato. Inoltre, particolare veramente inquietante, una delle due sorelle nel film si chiama proprio Catherine, esattamente come la figlia. È strano che un padre metta il nome della figlia ad un personaggio che viene ucciso. Senza contare la giovane ragazza anche essa brutalmente assassinata in Bestialità. Resta il mistero di come certi titoli di film o di romanzi poi in qualche modo si realizzino, in parte, anche nel mondo reale, in questo caso la vigna/parco. Come in un film dell’orrore, come in Ragazza tutta nuda assassinata in un parco.