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Sarah Scazzi, il delitto di Avetrana ancora tra verità e bugie? Ilenia Petracalvina, il suo libro Piemme, e quei casi che si complicano dopo 48 ore, da Garlasco a Cogne fino a Perugia…

  • di Emiliano Raffo Emiliano Raffo

  • Foto: Ansa

21 giugno 2025

Sarah Scazzi, il delitto di Avetrana ancora tra verità e bugie? Ilenia Petracalvina, il suo libro Piemme, e quei casi che si complicano dopo 48 ore, da Garlasco a Cogne fino a Perugia…
Esce in questi giorni per Piemme “Sarah”, il libro con cui Ilenia Petracalvina, all’epoca dei fatti inviata de “L’Italia sul Due”, ci ricorda perché il delitto di Avetrana è stato, a suo modo, storico. Il ruolo dei media, il matriarcato, l’orrore reiterato della menzogna. “Le telecamere, nel momento in cui Sabrina Misseri viene accusata dal padre Michele, da amiche diventano nemiche”, osserva Petracalvina. “Dentro l’omicidio di un famigliare c'è la storia della famiglia stessa”, aggiunge. E su Garlasco…

Foto: Ansa

di Emiliano Raffo Emiliano Raffo

“Per quarantadue giorni al buio e al freddo. Immersa in acqua gelida, con le braccia e le gambe aperte, completamente nuda. Seppellita dentro un pozzo profondo tre metri e largo quarantacinque centimetri, in un terreno di campagna non lontano da casa sua. Per un mese e dieci giorni è rimasta lì da sola, in posizione fetale, a testa in giù, con il viso che sfiora l’acqua residua depositata nel fondo di quella maledetta tomba”. Questo è uno dei tanti passaggi – inclusi in “Sarah. Il delitto di Avetrana tra verità e bugie”, libro che esce in questi giorni per Piemme – attraverso cui Ilenia Petracalvina, giornalista e saggista, ci riconduce là, in quel paesino di 7mila anime della provincia di Taranto dove 15 anni fa si consumò uno dei più orrendi delitti della nostra recente Storia. Ilenia c’era, ad Avetrana. Lavorava come inviata de “L’Italia sul Due” di Milo Infante. E ha seguito passo per passo, bugia dopo bugia, fino al drammatico disvelamento, quella vicenda che ha tenuto col fiato sospeso mezza Italia e che ancora oggi costituisce una sorta di precedente: il delitto di Sarah Scazzi per mano di Sabrina Misseri e Cosima Serrano, rispettivamente cugina e zia, è stato il primo delitto italiano scoperto in diretta tv. L'abbiamo intervistata. 

Ilenia Petracalvina, l'autrice di "Sarah" (Piemme)
Ilenia Petracalvina, l'autrice di "Sarah" (Piemme)

Che aria hai respirato ad Avetrana?

Pesante, soprattutto a contatto con la famiglia di Cosima e Sabrina. Si capiva chiaramente che lì ci fosse qualcosa. Qualcosa che non si riesce a esprimere attraverso il linguaggio, le parole. Si tratta di sensazioni, qualcosa che ti arriva e ti entra dentro. Anche a casa di Sarah si percepiva fin dall’inizio – quando ancora si ipotizzava che la ragazzina si fosse solo allontanata da casa e quindi fosse ancora viva – un’aria tutt’altro che serena.

La casa di Sarah per settimane è stata un set televisivo. Quanto la continua e stabile presenza dei media ha influenzato l'indagine? Non tanto rispetto al processo vero e proprio, intendo, bensì ai comportamenti e alle azioni dei protagonisti degli eventi.

Stiamo parlando di una vicenda che è iniziata con l’aiuto mediatico di “Chi l'ha visto?”. Cerchiamo Sarah, aiutiamo la famiglia: servizio pubblico. Il problema è stato il dopo, il fatto che l'inchiesta si sia sviluppata davanti alle telecamere, giorno dopo giorno, con tutte le varie ipotesi, suggestioni, interpretazioni. Sabrina con i suoi pensieri, le sue congetture, cercava di indirizzare e condizionare gli eventi. Poi c'era Cosima, una figura un po' in ombra, che stava lì a guardare, scrutare, senza fare mai un passo falso. La presenza mediatica nutriva quelle giornate lugubri. E Il ritrovamento di Sarah, avvenuto in diretta tv il 6 ottobre 2010, fu un momento unico, anticipatore. Per quanto 15 anni fa non ci fossero i social, la narrazione mediatica fu dirompente. Sarah e Cosima provarono a sfruttarla a proprio vantaggio. Depistando. Mascherando la verità. Cercando di esserci sempre.

Pensiamo a Sabrina, alla sua disinvoltura durante quei 42 giorni davanti alle telecamere. Era recitazione (l’idea che ai media si dovesse offrire quello, ossia una calma forzata) o un atteggiamento innato?

C’è stata furbizia, il costante tentativo di depistare, mistificare. C’era anche un’abitudine a mentire. Come l’ingenuità di giocare con qualcosa che poi si è ritorto contro. Sabrina si è concessa ai media, senza soste, per 42 giorni. Dicendo la sua versione dei fatti, raccontando la propria storia. Quando poi è emersa la verità e Sarah è stata ritrovata, si è barricata in casa poiché non era più in grado di gestire, o provare ad addomesticare, quei media che da Avetrana non se ne erano mai andati. E così le telecamere, nel momento in cui Sabrina viene accusata dal padre Michele, da amiche diventano nemiche.

Partendo dalla tua descrizione di queste famiglie, specificamente quella di Cosima e Sabrina – “In casa Misseri è la donna che prende le decisioni e si occupa di tutto: la gestione economica, l’educazione dei figli, stare dietro alla casa e alle faccende domestiche…”, pagina 30 –, possiamo dire che quello di Avetrana è stato un delitto del matriarcato?

Sì, c’è questa presenza forte, dominante, di Cosima. Non è un caso che noi giornalisti, per quasi un mese, non abbiamo saputo che in quella casa ci fosse anche Michele, e che Michele fosse padre di Sabrina e marito di Cosima. C’era una gestione – fu detto – matriarcale, tant'è che Cosima venne definita “un fortino inespugnabile”, lei era la custode dei segreti di famiglia. Quando poi l’iter processuale ha ricostruito tutto, è emerso questo elemento di forte matriarcato che vedeva Michele completamente succube. Cosima gestiva la famiglia, il denaro, Michele dormiva su una brandina in cucina. Solo oggi, forse, Michele sta provando a condizionare la realtà, gli eventi. Dicendo “sono io il colpevole, l’unico assassino”. Ma non è più credibile. Per gli inquirenti non è minimamemte attendibile.

Avetrana è anche il delitto dell’arretratezza?

Forse, ma non si tratta di arretratezza culturale. Stiamo parlando di un problema più umano che intellettuale. Siamo di fronte a una mancanza di cultura umana, che io ho definito “la cultura del bene”, anche se poi il bene non c’è mai nelle storie in cui trionfa la morte. È un’arretratezza di sentimenti. Questo è un delitto di famiglia, dove il danno è molteplice: c’è una vittima, Sarah, la cui uccisione si accompagna a una serie di gesti e azioni che avevano un solo turpe scopo: nascondere il delitto, allontanare la verità.

Sarah. Il delitto di Avetrana tra verità e bugie di Ilenia Petracalvina
Sarah. Il delitto di Avetrana tra verità e bugie di Ilenia Petracalvina

La povertà del movente lascia esterrefatti.

Sabrina era gelosa di Ivano, non sopportava che questo ragazzo dedicasse attenzioni alla cuginetta di sette anni più giovane. Quando poi in paese si è saputo che Ivano aveva rifiutato Sabrina, qualcosa si è rotto. Lei si è sentita umiliata, ferita. Però al di là di questo intreccio, credo che quando un delitto si consuma in famiglia le ragioni vadano individuate nel passato di quella famiglia. La mia convinzione è che non si arrivi a uccidere per caso. Gli incidenti sono incidenti e quindi accadono per caso. Ma quando tu arrivi a uccidere qualcuno, specie in ambito famigliare, al centro vanno messi i rapporti tra i membri della famiglia o delle famiglie, un elemento che forse non viene mai indagato a sufficienza. Dentro l’omicidio di un famigliare c'è la storia della famiglia stessa. Si parla tanto di Garlasco, ma secondo me in quell’indagine non è stata fatta una ricostruzione minuziosa dei rapporti che intercorrevano fra tutte le persone coinvolte (famigliari compresi) vicine a Chiara. Il delitto in famiglia è il risultato di un processo, talvolta molto lungo, che vede nell’assassino colui che “risolve”, una volta per tutte, la vicenda.

Sabrina come erede di antichi e troppo a lungo celati malesseri?

Noi siamo tutto quello che ci attraversa in anni di storia personale e famigliare. La storia della nostra vita è anche la storia delle nostre famiglie. Sicuramente Sabrina provava gelosia nei confronti di Sarah, per via di Ivano, ma Sarah era anche carina, estroversa, si faceva volere bene. Sabrina soffriva di questo perché il carattere di Sarah faceva emergere le sue insicurezze, le sue fragilità. E questa cosa, secondo me, ha una radice antica, psicofamigliare.

Eventi come Garlasco ribadiscono in modo eloquente, nonostante l’avanzare delle tecnologie e della scienza, ciò che tu affermi nel testo: se un delitto non si risolve nelle prime 48 ore, tutto si complica.

Oggi abbiamo tecnologie sempre più raffinate e una componente scientifica in costante evoluzione. Gli smartphone, le localizzazioni, le telecamere a circuito chiuso in giro per le strade, ci rendono individui sempre più mappabili, quindi è più difficile mentire, sfuggire. Dopodiché ancora oggi se un delitto non lo risolvi subito, tutto rischia di sfuggire di mano. Questo è il filo che lega tutti i processi indiziari più celebri della nostra cronaca, da Cogne a Meredith Kercher. Perugia, Garlasco, Avetrana: tutti delitti finiti con processi indiziari dove è spesso possibile rimettere tutto in discussione.

Pensi mai a cosa ne sia, oggi, di Sabrina e Cosima?.

Mi vengono in mente le parole di Concetta, la madre di Sarah. Dice che se loro avessero confessato si sarebbero liberate. Mentre invece si sono sempre professate innocenti. Oltre ogni evidenza. Il carcere, secondo me, è una condizione umana a cui nessuno aspira. Penso sia difficile per loro. Però credo che a un certo punto la verità vada detta. Dal loro punto di vista potrebbero anche affermare di averla gà detta, però nulla della loro verità coincide con quella processuale, con quella che le inchioda e condanna. Cosima, oggi settantenne, la immagino stanca. Spero invece che Sabrina abbia fatto pace con la propria vita. Pare si sia laureata al Dams. Spero in un percorso, in qualche modo, riabilitativo.

E zio Michele?

Non è attendibile. Con un incidente probatorio indicò la figlia come assassina, e quella è diventata la prova processuale che ha determinato l'andamento dell’intero processo. Anche lui esce sconfitto. Perché da Avetrana sono usciti tutti sconfitti. In primis Sarah, ovviamente, che si è vista stroncare la vita a soli 15 anni. Poi tutti gli altri.

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