Sono passati quasi vent'anni dalla strage di Erba e Gianluigi Nuzzi, su Specchio, ricostruisce ciò che è avvenuto a quindici chilometri da Como e gli ultimi sviluppi. La Cassazione ha "definitivamente bocciato la richiesta di revisione del processo, chiudendo la vicenda e confermando la tesi del procuratore generale di Brescia, Guido Rispoli, che aveva discusso e fatto bocciare la richiesta di appello". Ed è proprio secondo il procuratore generale di Brescia, intervistato da Nuzzi, che "nulla e niente aveva scalfito la sentenza di condanna all'ergastolo, è finita come ero convinto che dovesse finire, cioè con la conferma della sentenza della Corte d'appello di Brescia sulla richiesta di revisione". Ma su cosa poggiava esattamente la richiesta di revisione? Secondo quanto raccontato da Rispoli, si sviluppava su una "pista alternativa, quella di una vendetta del crimine organizzato per vicende legate allo spaccio di droga riconducibili a Azouz Marzouk, che palesemente non poteva reggere". Il motivo? La scena del crimine, come ha spiegato il procuratore generale, evidenziava una "modalità esecutiva del tutto disorganizzata", con le armi e i coltelli che Olindo indicava come "coltellino" "del tutto inadeguate". "Si pensi solo alle decine di coltellate che presentava il corpo della povera signora Cherubini" ha spiegato Rispoli, "pacificamente inferte con un coltello dalla lama corta, da una mano sinistra, dal basso verso l'alto e con una capacità penetrativa modestissima...".

Secondo il procuratore generale di Brescia, come è emerso dall'intervista di Nuzzi su Specchio, sarebbe impossibile seguire la pista del crimine organizzato e, nonostante il teste Frigerio, gli elementi di "prova convergenti" sono così tanti che è impossibile riportarli tutti. "Non per niente nella mia requisitoria ho parlato di un diluvio di prove. Ma al di là di questo il processo di revisione sulla strage di Erba ha evidenziato un'altra grave problematica". E proprio su questo aspetto, chiudendo l'intervista, Guido Rispoli ha spiegato: "tante trasmissioni televisive, talora neppure giornalistiche ma di intrattenimento, hanno raccontato i fatti in maniera deliberatamente unidirezionale, senza mai dare spazio agli elementi di prova di segno contrario. Si è così pesantemente indirizzata e condizionata l'opinione pubblica. Ora domando: è ammissibile una cosa del genere, è degna di un paese civile? Il sacrosanto principio di rango costituzionale del giusto processo nel contradditorio delle parti non dovrebbe trovare un qualche riflesso anche rispetto all'informazione che racconta i processi penali?"
