Un’altra drammatica tragedia familiare sconvolge il nostro Paese, questa volta a Paderno Dugnano, alle porte di Milano. In una villetta apparentemente tranquilla, conosciuta per la rispettabilità dei suoi abitanti, si è consumato un orrore inimmaginabile: Fabio Chiarioni, cinquantuno anni, la moglie Daniela Albano, quarantanove anni, e il loro figlio Lorenzo, di appena dodici anni, sono stati trovati morti con ferite da arma da taglio. L’assassino ha inveito in maniera più cruenta proprio nei confronti di Lorenzo, il piccolo di casa. L’unico sopravvissuto è il figlio maggiore, diciassette anni, che ha chiamato i carabinieri dicendo: “Ho ucciso mio padre, venite”. Per poi confessare di essere lui l’artefice del tragico destino dei suoi famigliari. Un figlio sterminatore. Un triplice assassino classe 2007.
Il giovane ha confessato di aver assassinato il padre, la madre e il fratellino di dodici anni, ma la sua narrazione, complessa e in evoluzione, richiede un’analisi approfondita per comprendere appieno le motivazioni e le dinamiche in gioco. L’essenza di una tragedia familiare di questo tipo risiede nel tentativo di comprendere cosa possa spingere un adolescente a compiere un atto così estremo di violenza. Che cosa alberga nella mente di questo baby killer? Gli adolescenti sono spesso caratterizzati da un’intensa vulnerabilità emotiva. La loro capacità di gestire stress, conflitti e pressioni esterne può essere limitata. Se un ambiente apparentemente tranquillo può nascondere tensioni profonde e non risolte, queste possono sfociare in atti violenti quando il giovane non riesce a gestirle.
Il passo successivo, che potrebbe aggiungere dettagli ancor più agghiaccianti, sarà capire se ha agito sul momento o se la decisione di uccidere era maturata da tempo. In soldoni, c’è stato un fattore improvvisamente scatenante o il triplice omicidio è conseguenza di una pianificazione più riflessiva e premeditata di un ragazzo non ancora maggiorenne? Per rispondere a queste domande, sarà fondamentale anche un’analisi scientifica dettagliata della scena del crimine. La Bloodstain Pattern Analysis (BPA), è uno strumento essenziale in questo contesto. Le tracce di sangue possono infatti aiutare fornire una narrazione precisa degli eventi: la disposizione delle macchie, la loro forma e la loro distribuzione offrono letture e indizi determinanti. Se le macchie mostrano segni di movimento rapido e violento, questo può indicare un’aggressione improvvisa e caotica. Invece, una disposizione più ordinata potrebbe suggerire un attacco premeditato o sistematico. La presenza o l’assenza di “void”, ovvero aree senza sangue, possono descrivere il movimento del presunto aggressore. Mentre la coagulazione delle macchie di sangue può rivelare la sequenza temporale e le posizioni relative delle vittime e dell’assassino.
Le autopsie saranno altrettanto decisive. La natura delle ferite e l’orario approssimativo delle morti saranno indicatori fondamentali per comprendere se la versione del ragazzo è coerente con i fatti o se ci sono discrepanze significative che potrebbero suggerire altre dinamiche. Sulla stessa lunghezza d’onda dovranno essere valutati i risultati provenienti dall’autopsia. Secondo le prime indiscrezioni, la furia del diciassettenne si sarebbe riversata sul fratellino più piccolo. Non un dettaglio da poco se confermato perché potrebbe aiutare a decodificare con maggior chiarezza il movente.
È dunque ancora una volta evidente come la scena del crimine e le prove scientifiche non solo ci aiutino a ricostruire la dinamica degli eventi, ma gettino anche luce su questioni più profonde e complesse: come può una famiglia apparentemente rispettabile e benestante precipitare in una violenza così estrema? Come evidenziato, anche se l’analisi scientifica è cruciale, non si può prescindere dalla comprensione delle dinamiche familiari e dei fattori psicologici che possono aver contribuito al triplice omicidio. Per rendere un po' meno buio il quadro di una tragedia familiare che, per quanto possa sembrare incredibile, è ancora una volta reale.