La guerra. C’è sempre la guerra. Quella fatta di carri armati e droni, di trincee e missili, di sanzioni e propaganda. E poi c’è quella dei banchieri, combattuta tra spread, equity e operazioni strategiche. Due piani diversi, certo. Ma non così separati come si potrebbe pensare. Perché tra una scalata su Banco Bpm e un possibile colpo in Germania con Commerzbank, Andrea Orcel, probabilmente il banchiere più battagliero d’Europa, ha una partita ancora aperta a Est. Unicredit è una delle poche grandi banche occidentali rimasta in Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, un'eredità pesante che il numero uno dell’istituto di Piazza Gae Aulenti non vuole liquidare a prezzi di saldo.
La questione è semplice, almeno nella sua brutale chiarezza: Unicredit ha in Russia un’attività che genera il 5% dei ricavi totali del gruppo, contribuendo nel 2024 con 1,3 miliardi di euro al fatturato e con 577 milioni agli utili netti (Milano Finanza). Eppure, vendere è un’impresa quasi impossibile. Per uscire dal Paese serve l’ok di Putin, e non si tratta di un dettaglio di poco conto. Altri grandi gruppi bancari europei come Société Générale e Ing hanno scelto di andarsene comunque, accettando svalutazioni pesantissime. Unicredit invece è rimasta, tentando per tre anni di negoziare una via d’uscita accettabile.
Ma secondo Orcel, una finestra potrebbe aprirsi solo a una condizione: la fine della guerra. Perché, ha spiegato al Financial Times, se il conflitto dovesse concludersi, “la nostra capacità di vendere la banca in Russia a condizioni più interessanti è destinata a migliorare, perché la situazione si normalizzerà per entrambe le parti” (lo riporta sempre Milano Finanza). È una visione pragmatica. O cinica. Dipende dai punti di vista.
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Intanto, qualcosa si muove sul fronte diplomatico. Il recente summit in Arabia Saudita tra Usa e Russia per discutere la fine della guerra (senza Ucraina né Ue al tavolo) ha riacceso scenari di pace che i mercati ancora non stanno scontando nei prezzi, sostiene il numero uno di Unicredit. Secondo Orcel, l’errore dell’Europa è proprio questo: ignorare quanto potente potrebbe essere il rimbalzo economico in caso di cessate il fuoco. “I livelli di investimento e rimbalzo saranno davvero significativi. I mercati lo hanno ignorato per ora, ma lo vedremo”.
Nel frattempo, la banca ha tagliato il più possibile i legami con Mosca. Ha ridotto prestiti e depositi, si è allineata alle richieste della Banca Centrale Europea e prevede che i profitti russi diventeranno “marginali entro il 2027”. Ma c’è un limite oltre il quale non è disposto ad andare. “A meno che non sia costretto, non venderò la Russia per un euro o a un valore che non sia un prezzo equo” ha ribadito Orcel.
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E mentre i governi europei litigano su chi deve difendere cosa, tra un dibattito sulle spese militari e le crescenti pressioni da parte di Washington, il banchiere italiano sembra avere una visione più chiara: “Se vogliamo difendere i nostri ideali e la nostra democrazia, dobbiamo diventare un blocco economico forte” ha detto, aggiungendo di essere “ottimista sul futuro dell’Europa”.
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