Follow the money, dice il detto. Segui i soldi e scoprirai la verità. Dietro l’acquisto del 70% del Giornale di Berlusconi da parte della famiglia Angelucci, editori di Libero e del Tempo, non c’è solo l’evidente tentativo di radunare tutti i quotidiani cartacei di destra, specie venisse aggiunta la più gagliarda Verità di Maurizio Belpietro, sotto proprietario unico, sorta di Fox News all’italiana (anche se l’americana Fox, destrissima, è anzitutto televisiva, e dunque con ben altro peso rispetto alla carta stampata, ridotta ormai a una nicchia per addetti ai lavori). Perché, nascosta dal velo dell’operazione politico-mediatica, ci sono gli interessi nella sanità di Angelucci senior e junior: Antonio, padre-padrone e parlamentare leghista, e Giampaolo, uno dei tre figli e soprattutto amministratore, seppur senza quote, del gruppo cui fanno capo le cliniche private del San Raffaele. Ma ancora, sullo sfondo degli affari ospedalieri si intravedono le cifre a svariati zeri in arrivo grazie al Pnrr, il piano italiano per la messa a terra del Next Generation EU, che in soldoni – è il caso di dirlo – equivale alla bazzecola di 20 miliardi di euro in via di assegnazione per “ridisegnare la sanità del futuro”. Ossia per case di comunità e assistenza domiciliare, ma anche per ammodernare gli edifici e le apparecchiature: Tac, acceleratori, ecotomografi cardiologici e ginecologici, angiografi e sistemi di radiologia digitale per i pronto soccorso. Una matrioska di valenze, e di future plusvalenze, che a partire dalla trattativa per comprare la testata fondata da Indro Montanelli giunge a scarto fino al core business di casa Angelucci e di qui, implicitamente, alla pioggia di denaro europeo, cioè in parte anche nostro, preso a debito per la felicità di noi tutti.
Ecco, ma quand’è che noi comuni mortali cittadini vedremo gli effetti sul Servizio Sanitario Nazionale del magic touch di questo salvifico Pnrr? “È programmato per il 2026, ma ci stiamo già lavorando”, ha dichiarato all’Adnkronos il ministro della Salute, Orazio Schillaci, il 2 marzo scorso. Nel frattempo, a lavorare dietro, ma a questo punto anche davanti alle quinte, sono gli imprenditori della sanità privata, che hanno già l’acquolina in bocca e gli occhi a forma di euro. Dice: ma i fondi europei saranno investiti nel pubblico. Intanto, punto primo, le “case di comunità” da finanziare per rilanciare la medicina territoriale potranno essere private. Poi, punto secondo, secondo la ricerca “Pubblico e privato nella sanità italiana” condotta dall’Università di Milano, il pubblico su base nazionale fornisce a “gestione diretta” il 63% dei servizi richiesti dai pazienti (69 miliardi), mentre “acquista” dal settore privato “accreditato” il restante 37% (41miliardi), ovvero è cliente del privato accreditato per prestazioni equivalenti al doppio del Pnrr. Infine, punto terzo, senza lo sblocco del numero chiuso universitario per i futuri dottori e senza assunzioni su larga scala di nuovi medici, le strutture fisiche e le infrastrutture tecnologiche potranno pure essere all’ultimo grido, ma continuando a mancare i camici bianchi non si abbatteranno i tempi biblici delle liste d’attesa e a guadagnarci, com’è ora, resterà il privato. E a guadagnarci più di tutti è il privato di quelle Regioni, come noto enti responsabili del comparto sanitario, dove le aziende tenute a massimizzare il profitto regnano e dominano. Lombardia in testa.
Come è stato scritto su queste colonne online, gli Angelucci hanno fiutato l’affare nella Regione più ricca e, riguardo gli ospedali, più privatizzata d’Italia, e riunendo nel loro scettro il milanese Giornale dopo l’altrettanto milano-centrico Libero, punterebbero ad avere uno strumento di pressione anzitutto locale, fiancheggiando il partito di Giorgia Meloni che alle regionali, toccando il 25%, ha superato di quasi il 10% la Lega. La famiglia titolare dell’holding San Raffaele, insomma, si lancia sul mercato proponendosi come interlocutore privilegiato, con l’arma dei media, del nuovo azionista forte del centrodestra, Fratelli d’Italia, dove hanno posizioni tutte da conquistare dato che finora sono stati più vicini al Carroccio e a Forza Italia. Questo perché mentre in Lazio, dove ha i suoi lettori il Tempo, gli Angelucci sono già forti e radicati e possono contare sui rapporti più che ottimi con il neo-governatore di destra, Francesco Rocca, che guarda caso è l’ex presidente della Fondazione San Raffaele e che per la loro gioia, notizia freschissima, dopo un incontro con la Meloni ha tenuto per sé la delega alla sanità, nelle pianure lombarde devono scalare la concorrenza nelle corsie dei Rotelli (Gruppo San Donato) e, a distanza, dei Rocca (Gruppo Humanitas), nonché dell’ex gruppo Veronesi e della Kos, riconducibile ai De Benedetti.
Conquista la Lombardia e avrai l’Italia, dice un altro detto. Non esattissimo, perché il potere politico passa ancora da Roma. E a Roma oggi siede a Palazzo Chigi una Meloni che, pur sensibile per realismo e convinzioni alle esigenze del potere finanziario, non è tipo da farsi manovrare a bacchetta dai capitani di avventura quand’anche politicamente schierati dalla sua parte. I costi e i disagi delle cure per gli italiani che, per farsi un banale esame, devono rivolgersi ai privati per non dover aspettare mesi e mesi, sono una preoccupazione che oggettivamente cozza con l’interesse, legittimo ma pericoloso, degli imprenditori sanitari. Alla Lega questo interessava meno, perché il suo bacino di elettori, concentrato al Nord, era mediamente di fascia medio-alta, e quando fosse stata medio-bassa, comunque culturalmente ostile al pubblico (specie in Veneto, dove per altro la privatizzazione della salute è strisciante, non sfacciata come in Lombardia). Fratelli d’Italia, invece, ha un elettorato più trasversale socialmente e, ancor più, geograficamente, ramificato com’è al Sud. Agli Angelucci, però, questo importa relativamente: cliniche in Puglia a parte, il loro sguardo di Sauron è interamente diretto a puntellare la loro forza in Lazio e, di gran lunga di più, a invadere la prateria lombarda. L’era post-berlusconiana nell’editoria, per loro, probabilmente rappresenta solo l’occasione per l’arrembaggio al Pirellone e poco altro. Un poco altro che significa, nei fatti, vedere i propri direttori ospiti in batteria nei talk e ritagliarsi un posto al sole nelle terrazze romane che contano, dove la destra conservatrice oggi al potere spadroneggia.