Al Giffoni Film Festival Antonio Scurati interviene a proposito di M – Il figlio del secolo. Non il primo dei suoi libri, ma la serie di Joe Wright. Successo assoluto, ratificato dalla Storia stessa, innegabilmente un capolavoro, pregnante, totale e definitivo. E Scurati aggiunge: bello e potente. Non è chiaro allora perché la seconda stagione non si farà. E dire che di soldi non ne mancano. Nonostante qualche milioncino sganciato dal Ministero della Cultura (il cosiddetto tax credit), le società di produzione coinvolte, visto il presunto successo, avrebbero potuto portare a casa almeno un secondo capitolo della serie. Non è così. Per Scurati il motivo è semplice: “È vero, è abbastanza incredibile che una serie di questa bellezza, di questa potenza – basta vedere l'accoglienza critica all'estero e in paesi molto esigenti come il Regno Unito – che al netto di qualsiasi polemica politica e ideologica, gridano tutti al capolavoro, non abbia una seconda stagione. È abbastanza incredibile. Ma è molto probabile che non avrete notizie sulla seconda. Poi bisogna chiedersi perché”.

In effetti il vicepresidente esecutivo di Sky Studios Italia aveva garantito un futuro a questa enorme produzione: “È andata oltre qualsiasi aspettativa perché l'impressione è che sia uscita dalla scatola televisiva, è diventata un evento mediatico, di costume e culturale. [...] Si sentiva parlare ovunque di M, anche da chi non lo aveva visto. La seconda stagione? Ci stiamo lavorando. Io sono ottimista di natura. Non è possibile che non facciamo una seconda stagione di M”. E invece non se ne farà più nulla (forse). E la colpa potrebbe ricadere sull’esecutivo di Giorgia Meloni. Piove, governo ladro, e tutte le altre nefaste notizie per le tasche di Scurati, Marinelli&Co. La serie, in effetti, è stata un evento, in tutti sensi fuorché quello cinematografico. Un prodotto soporifero, dove il protagonista bucava la quarta parete così tanto spesso che qualche telespettatore ha tentato di ritirarlo dentro alla televisione a calci. I colori, lo stile, la fotografia e alcuni dicono l’audio, erano al di sotto delle aspettative, mentre, ne abbiamo avuto la dimostrazione plastica, la qualità della storia era quel che era.

L’effetto finale è quello dei corti di Super Quark e Ulisse che vengono mandati in onda per spezzare gli spiegoni, decisamente più emozionati, di Alberto Angela (e un tempo del padre). A queste scenette si aggiunge ora la sceneggiata di Scurati, che – capito una volta il trucco non se lo fa ripetere – punta tutta sull’accusa di fascismo contro il governo, che deve essere chiaramente fascista per aver censurato una così bella opera d’arte. La stessa censura in Rai contro Saviano, che criticò il governo, salvo poi fare effettivamente il suo programma nella tv pubblica, collezionando un flop portentoso, per certi versi uguale e contrario a quello di un presunto amico (stando alla stampa accanita, si veda Dagospia) del governo, Antonino Monteleone. Alla fine di questa serie resterà quel che resta del fascismo storico: un vago ricordo, spesso inquinato dall’ideologia, che nulla aggiunge e nulla toglie alla storia di quel fenomeno o alla nostra comprensione. O si tratta semplicemente di una strategia di comunicazione, un modo per attirare un po’ di polemica prima di annunciare, fra qualche mese, le riprese di M il ritorno?
