410.000 followers. Suona quasi come “mezzo milione” di persone che li seguono, sul loro profilo @papaperscelta. Carlo e Christian sono due ragazzi all’apparenza molto carini, normali, di quelli che se li incontri per strada non te ne accorgi neanche. Eppure ad uno sguardo più attento non sfugge quella che - purtroppo - ad oggi in Italia è una rarità. Sono una coppia omogenitoriale, una bellissima coppia omogenitoriale. Sono due papà. La sentite anche voi la voce di Vannacci che urla che non sono normali? Io si, sento le grida, e magari anche la risposta che gli darebbe Lilli Gruber. Ma andiamo oltre a questo dettaglio sul nostro paese retrogrado e anacronistico. Ho contato i post sulla loro pagina Instagram: 1125, ad oggi. Ora sarò clemente e carino: più della metà, ad occhio 6/700 post, sono foto dei loro figli: due bambini stupendi, sani e sorridenti. Simpatici, amati e sfruttati. Purtroppo, è così, perché se è vero che richiedere un trattamento uguale alle coppie eterosessuali sia il minimo sindacale, è altrettanto vero che quando si esagera, si esagera.
Ho una visione molto semplice sui minori online, sopratutto se “usati” dai propri genitori o tutori: non ce devono stà. Ve l’ho scritto in romano perché forse così il messaggio arriva più diretto. Il tema dei minori online sta scuotendo il mondo dell’internet dal un bel po’ e alcuni paesi stanno correndo ai ripari, anche se con soluzioni bizzarre. C’è chi si è inventato di imporre ai genitori di versare ai figli un obolo sui guadagni percepiti dall'utilizzo della loro immagine, per esempio creando un fondo di risparmio. Bislacco ma valido, forse. Diciamo che dovrebbe stare un po’ al buon senso comune capire che se tuo figlio ha 5 anni dovrebbe fare tutto fuorché foraggiare i tuoi ADV. Ora, se prendo in considerazione questa storia è perché i “papà per scelta” li ho seguiti personalmente, per molto tempo. Sarà che sto invecchiando e l’idea di avere un figlio è dietro l’angolo, ma i loro contenuti erano carinissimi, dolci, di una sensibilità importante, insomma giusta per la categoria “Casalinghe di Voghera” nella quale mi rivedo totalmente. Vi dico tutto ciò perché questo è un trend che ho notato parecchie volte ultimamente.
Content creator genuini che, all’arrivo di un po’ di fama o alla scrittura del primo libro, invertono la rotta e finiscono per fare ADV anche della trattoria sotto casa. Che poi, perché scrivete tutti libri? Perché gli editori ve li pubblicano? Ma andiamo oltre. Quello che cerco di dire è che il successo da alla testa. Eh grazie, direte voi, ma quando questo meccanismo lo studi e lo tocchi con mano sei costretto a fare delle considerazione da boomer che non avevi mai fatto. Tipo: davvero i social sono il male di questo secolo? No, o forse sì. La domanda è: perché se riesci nell’impresa, già di per se difficile, di avere una famiglia che funziona poi devi per forza metterti i bastoni tra le ruote da solo? Diciamocelo, l'idea della famiglia da Mulino Bianco ci ha rovinati tutti, ma almeno non girare il coltello nella piaga sarebbe ottimale no? Sapendo poi com'è la visione collettiva sulle famiglie omogenitoriali, perché tirarsi addosso altro odio, critiche e porgere il fianco a chi non vede l’ora di additarci come dei deficienti con la passione per la moda?
Ecco, forse quello che mi fa incazz*re è proprio questo. Era cosi necessario diventare influencer per caso tramite due figli che già vivono nel terzo mondo dei diritti? La risposta è no, inutile che ci pensiate. Sarei stato duro allo stesso modo con tutte quelle coppie che online non vedono l’ora di mostrarci i fit-check dei figli o ci raccontano la loro vita foto per foto, sia chiaro. Ma se l’ignoranza mi fa tenerezza, la scelta di schiantarsi contro un muro, molto meno. Ad oggi non so come si faccia il genitore, ma una cosa è certa: so benissimo come non si fa.