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Abbiamo ascoltato il nuovo album di Rocco Hunt, ma com’è? Un disco per tutti i Ragazzi di giù, ma anche per chi si trova nel limbo dei 30 anni. E sulle collaborazioni con Irama, Clementino e Gigi D’Alessio…

  • di Debora Pagano Debora Pagano

26 aprile 2025

Abbiamo ascoltato il nuovo album di Rocco Hunt, ma com’è? Un disco per tutti i Ragazzi di giù, ma anche per chi si trova nel limbo dei 30 anni. E sulle collaborazioni con Irama, Clementino e Gigi D’Alessio…
“Quei palazzi sanno quello che eri ieri, ho fottuto io l’industria, no non mi ha fottuto lei”. La recensione del nuovo album di Rocco Hunt, che da buon Poeta Urbano si destreggia tra fede e napoletano facendoci credere di poter ascoltare con leggerezza delle crude verità: “l’ambizione è la croce che porta ogni Ragazzo di giù”...

di Debora Pagano Debora Pagano

L'ultimo album di Rocco Hunt, "Ragazzo di giù", uscito Venerdì 25 Aprile 2025 è davvero un ritorno importante discograficamente e non solo, oltre a contenere il successo (poco compreso forse) Saremese di “Mille volte ancora” e la cover con Clementino di “Yes I know my way” sembra quasi un concept album, non tanto per continuità sonora ma quanto per i testi e l'impostazione di tutto il disco ascoltato dall'inizio alla fine. Il sound è bello e coerente, forse più sofisticato rispetto allo standard di Rocco Hunt, anzi, più complesso, quantomeno tecnicamente poiché a livello commerciale è d'impatto ad un primo ascolto anche per il meno esperto. La difficoltà indubbiamente è il napoletano e il contesto che descrive, per quanto all'ascolto c'è un brano per tutti i generi a livello di testi invece no, non è per tutti e non è per chi non ha mai visto almeno una volta i “quartieri” di Napoli dai finestrini di una macchina. In questo caso il napoletano è il filtro per descrivere qualcosa che non potrebbe essere definita ugualmente, bisogna anche dire che Rocco canta anche e non male e nonostante tutto anche l'uso dell'autotune è davvero marginale e fa comprendere che è una cifra stilistica e non una correzione necessaria per chi non saprebbe comunque cantare. L'intero album è malinconico e fa un percorso estremamente consapevole verso se stesso e verso il contesto stesso del settore musicale nel quale Rocco Hunt si destreggia con grande abilità. Mi ha stupito ascoltare il duetto con Irama in “Cchiù bene' e me” perché non lo avrei mai pensato, mood giusto ed è interessante che quantomeno Irama ci abbia provato a cantare in napoletano, così come Baby Gang e Massimo Pericolo, mentre i duetti con Clementino e Gigi D'alessio sembrano più scontati, e infatti sono quelli che calzano a pennello e che riascolteresti in loop. Anche la durata dei brani è molto calcolata rispetto al contenuto, perfettamente bilanciato il graffiato della voce con la profondità dei testi contrapposti a ritmi incalzanti e apparentemente leggeri. Di leggero qui non c'è niente, ve lo dico, nemmeno da lontano. I brani più “leggeri” sono quelli in italiano per questioni logiche immagino, ma non fatevi ingannare...

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Il picco maggiore di profondità è in “Demone Santo” e “Aria nova” quest'ultimo è il brano di apertura che ci fa capire esattamente tutti gli argomenti di cui andrà a parlare Rocco Hunt, un'intro esaustiva e chiara rispetto a quanto l'ascoltatore deve aspettarsi, così come la varietà coerente del tutto. “Non sai mai perché la gente ti guarda, se sono fan o sono guardie” è una frase che dice tutto in pochissime parole. Parlare di “Ambizioni” del tipico ragazzo del sud ad oggi sembrerebbe un cliché, e invece lo fa così bene che sembra di ascoltare queste tematiche per la prima volta, probabilmente proprio perché sono sincere e davvero vissute, dice “ho fottuto io l'industria non mi ha fottuto lei” e penso sia verissimo, ha aggirato perfettamente l'ostacolo per chi ha davvero voglia di saltarlo e non accontentarsi dell'apparenza. Trovo anche molto complesso esprimere concetti così complicati senza ripetere troppe volte le parole e le frasi standard per il dialetto in questione, senza dubbio ci sono molti autori dietro e si sente, ma è tutto incastrato così bene e in modo così trasparente da non far notare nulla di sbagliato, non c'è nulla fuori posto dai ritmi più elettronici all' auto-tune al pianoforte più classico e riverberato e le chitarre con tanto di noise e amplificatore analogico. Bisogna anche specificare che i testi non sono solo belli ed originali in sé, ma contengono moltissime citazioni proprio di brani portanti del cantautorato italiano, nulla di nuovo direte per il rap? No, o almeno per quello di un tempo, ma ad oggi era diventata una rarità e sono in pochi a tenere alta l'asticella della vecchia scuola da battle e da citazioni colte buttate nel mucchio senza che si possa notare. La pioggia, la famiglia e la notte sono temi ricorrenti, oltre ai quartieri e alle dinamiche che riguardano Napoli stessa, del carcere, delle morti dei giovani, e di sentito dire, così come lo è la religione e in particolare la fede e la contraddizione stessa del crimine e del solito cliché del criminale che porta il crocifisso, ma non solo. L'accettazione e il riscatto sono il tema vero. Penso proprio che una persona non di fede non avrebbe potuto dire delle cose così crude come in questo caso, non è scontato ma nemmeno facile, descrivere le contraddizioni della religione in questi ambienti è estremamente complesso e scomodo da ogni punto di vista. Tutto l'album per me ha un filo conduttore spirituale che accende davvero gli animi e la mente su immagini scontate come un “crocifisso” e la parola stessa “Dio” che lui pronuncia continuamente, e non solo in “Spero che Dio non me la porti via”, e lui si riferisce un po' alla follia incosciente e specialmente alla poesia stessa, da buon poeta urbano come sappiamo, e una delle domande più belle che pone è “chissà dov'è che va un sogno quando muore?”. Subito dopo c'è il brano “Primm'de 30” e vengono i brividi per chi ad oggi come me ha poco meno o giusto trent'anni. La canzone descrive situazioni che chiunque oggi è in quel target può riscontrare e in modo anche molto inquietante, e mixa perfettamente lo standard di ciò che in effetti “non è fatto per noi” trentenni, ma nemmeno per gli artisti stessi. Poi il parlato su “'A notte” è tremendo, quando dice “quando mi chiedi a cosa sto pensando è normale che ti risposto a niente” dopo aver descritto tutte le preoccupazioni e quanto la notte stessa porti il pensiero su varie situazioni della vita e anche del fatto che dopo una certa età (forse proprio in riferimento ai 30 di prima) la notte sia solo dei giovani per essere vissuta da un certo punto di vista. Questo nuovo album di Rocco Hunt è molto specifico e credo sia non solo per tutti i “ragazzi di giù” ma anche per tutti gli artisti e per tutta la generazione che oggi è nel libo dai 30 ai 40 anni circa. Io essendo in tutti e tre i punti del target l'ho apprezzato in modo anche inaspettato ( non lo nego ) e l'ho trovato estremamente intelligente e riflessivo, non credo lo sarà per tutti, ma per chi vuole solo ascoltare una cosa gradevole anche và bene. Come un concetto espresso da Rocco stesso e anche da me è utile poter ascoltare solo per il gusto di farlo e poter scavare e riflettere se si ha la voglia di affrontare la profondità del buco nero che ognuno di noi può avere dentro.

Qui faccio un pagellino dei brani con i miei voti complessivi rispetto all'ascolto e alla sensazione generale in ordine di ascolto da tracklist:

  1. Aria nova - 9/10
  2. Ragazzo di giù - 10/10
  3. Mille volte ancora - 8/10
  4. Bonafortuna - 10/10
  5. Sulo ( tonight ) - 6/10
  6. Cchiù bene' e me feat Irama - 4/10
  7. Demone Santo - 10/10
  8. Cosa ti amo a fare? - 6/10
  9. Giura feat. Gigi D'alessio - 7/10
  10. Domani Chissà - 5/10
  11. Fratmo feat. Baby Gang, Massimo Pericolo - 9/10
  12. Spero che Dio non me la porti via - 10/10
  13. Primm de' 30 - 9/10
  14. 'A Notte – 7/10
  15. Yes I know My way – 8/10
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