Il Salmone del Libro di Torino edizione 2024 inizia con un refuso - come l’Apocalisse di Karl Kraus - dacché Diana (la spia cecena che si spaccia per bulgara appassionata di letteratura russa – e difatti nessuno l’ha mai vista ballare la Kopanica, danza tradizionale in undici/ottavi in sequenza veloce-veloce-lento-veloce-veloce il cui nome deriva dal verbo “kopam”, scavare, per cui Kopanica significa “piccola danzante scavante” e, a riprova della sua falsa identità, bisogna aggiungere che nessuno ha mai vista Diana scavare e posso testimoniare, in tre giorni di soggiorno letterario a Torino, di non averla mai sorpresa acquattata in un angolo a fare buche) ha aggiunto una “m” al Salone nella intestazione della chat Whatsapp di lavoro. Ed è per questo che il seguente reportage reca come titolo di lavoro “Pennette al Salmone e Vodka del Libro di Torino” (vedi nota 1).
Facciamo un passo indietro.
Il megadirettore galattico di MOW mi manda al Salone del Libro di Torino
Ziacat ne aveva appena sfornati due. Wakanda non saprei quanti, perché lei partorisce distante da casa. Così come aveva fatto anche sua figlia Stivale. Messalina era evidentemente ed esageratamente sul punto di e se fosse stata una umana già le avrebbero indotto il parto con una di quelle punturine che sparano fuori i neonati come fossero nani da circo dentro un cannone sparanani.
Con il Barone Mariannina di Pirainito stavamo facendo i conti cercando di capire se avremmo semplicemente superato la trentina o se ci saremmo spinti oltre la quarantina. Il Barone, ossia il patriarca, non sembrava molto interessato, d’altronde sono il suo maggiordomo e mandare avanti la baracca spetta a me. Non avevo il coraggio di dirgli che se non gli avessi dato quelle crocchette per cani la prima volta poi lui non avrebbe portato la sua gentile Signora Wakanda, completa di tre cuccioli (Scarpetta, Stivale e Musetta) per accasarsi nel baglio fino a quel momento deserto ed eremitico dove cercavo di dimenticare la cosiddetta società delle Lettere scrivendo di alberi o di avventure di villani strafatti di crack che adesso ricoprivano le cariche di assessori alla cultura, imprenditori dell’eolico, potatori, elettropompisti, designer minimalisti e partigiani nella patria del Barocco. Intorno a me, per chilometri e chilometri, solo carrubi e ulivi e fiumi e torrenti, e agriturismi deliranti e piscine balinesi che sarebbero vasche strette e lunghe che sembrano il bidet di John Holmes. Quando Mastru Brunu (che si firma con lo pseudonimo di Bruno Giurato) e il megadirettore galattico di MOW che siede su una poltrona di pelle umana Dainese mentre nella vasca alle sue spalle nuotano ex piloti caduti in disgrazia, mi dicono che avrebbero deciso di mandarmi al Salone del Libro di Torino per scrivere qualche pezzo.
Mi si nota di più se me ne resto a contare i gatti o se vado a fare lo scrittore al Salone del Libro?
Così non vedo assembramenti di esseri umani superiori alle dieci unità e con licenze scolari superiori alla quinta elementare dal 2016, credo, quando mi ritrovo ex abrupto nel rimbombo dei capannoni del Lingotto accerchiato da libri di cui non mi frega nulla, in cui si fanno discussioni delle quali non mi frega nulla, e riempiti all’inverosimile di esseri umani di cui non mi frega nulla. Ma mi ero fatto la più classica delle domande: mi si nota di più se me ne resto in campagna a contare i gatti o se vado a fare lo scrittore al Salone del Libro dato che mi è anche appena uscito un libro “Il carrubo e l’unità di misura del diamante” per Aboca Edizioni? E dato che la risposta era ovvia e a me piace passare inosservato ho detto “sì, vado” per non sembrare l’unico scrittore serio che, con un libro appena pubblicato, se ne sta in campagna al posto di andare al SalTo24 dove vanno gli altri in cerca di visibilità.
Mi sono confuso tra la folla di quelli che vogliono apparire: l’unica maniera efficace di scomparire. E in ogni caso Moreno, buttando nella vasca degli ex piloti barrette proteiche al gusto di Chiara Ferragni, mi aveva detto: “Vai e fai quello che ti pare”. Così ho iniziato il Salmone del Libro guardando all’aeroporto di Torino una vetrinetta dove c’erano gli animali esotici (o pezzi di essi) imbalsamati e sequestrati da un qualche organo di polizia di frontiera, tra i quali spiccava un piede di elefante trasformato in portaombrelli e un alligatorino in piedi, con una canna da pesca, che aveva appena preso, credo, proprio un salmone (prego Mastru Brunu di mandare in onda la foto).
L’apocalisse inizierà con un refuso
Due ore più tardi ero alla biglietteria del Salmone del Libro a pagare il biglietto (anche se la sera avevo già racimolato due pass come ospite, uno da inviato e uno da espositore, più uno stramaledetto invito alla festa per i trent’anni di una casa editrice della quale parlo altrove). Ed è stato lì che ho avuto il primo impulso di tornarmene a casa. Non perché non avessi voglia di entrare o di starmene a Torino un paio di giorni a fare quello che volevo, ma perché lì, leggendo un foglio stampato affisso al vetro dietro il quale stava la bigliettaia, ho avuto la netta sensazione di avere, come si dice, il reportage in tasca e che tutto il resto sarebbe stata soltanto una variazione sul tema e che dunque la mia presenza fisica all’interno del Lingotto era superflua come, del resto, qualunque presenza fisica. Sul foglio era stampata la seguente scritta (prego Mastru Brunu di mandare in onda la foto): INTERO 22 EURO, VALIDO PER TUTTI I GIRONI PER 1 INGRESSO. Capite bene che il pezzo e tutti i derivati erano in quel momento già scritti, non solo per il magnifico refuso (rendiamo lode a Karl Kraus, per averlo scritto, che l’apocalisse inizierà con un refuso) ma soprattutto perché, a un Salmone del Libro, anche se di Torino, ti aspetteresti quantomeno frasi di senso compiuto, mentre quella appena letta aveva un senso soltanto nel refuso e sarete d’accordo con me che questa è una cosa bellissima.
Tutto quello che ne è seguito è stata la logica conseguenza di questo magnifico ingresso.
Se metti i baffi a Chiara Valerio è uguale a Donald Sutherland
Non voglio fare sentire la presenza, così vado in giro evitando accuratamente tutti gli eventi più attesi (posso seguirli, volendo, in diretta sul mio smartphone, e comunque non mi punge neanche vaghezza di volerlo) e mi concentro sugli avventori.
Noto immediatamente che, rispetto agli altri anni, c’è una categoria che si è sovrappopolata: la categoria del ‘politico’ (come diceva il mio caro Karl Schmitt). Non riesco a comprendere se il ‘politico’ sia una categoria a se stante che quest’anno ha deciso di partecipare in massa al Salone, se sono gli stessi avventori degli altri anni che si sono tramutati in avventori ‘politici’ a causa di una qualche forma di contagio pandemico o se si tratta infine di sostituzione aliena in stile baccelloni replicanti venuti dallo spazio come nel romanzo di Jack Finney “L’invasione degli ultracorpi”, più volte portato, come si dice, sul grande schermo, anche se la mia versione preferita è quella del 1978, di Philip Kaufman, uscito in Italia col titolo di “Terrore dallo spazio profondo” con quel grido finale insieme borghese e moralista e rivoluzionario (la presa del potere da parte degli alieni) e secondo me anche un po’ femminista e sicuramente transgender (transizione dal genere umano a quello alieno) e se metti i baffi a Chiara Valerio è uguale a Donald Sutherland che addita indignato l’umano da sterminare (vedi nota 2).
Ne ho già parlato, ma il giorno del mio ingresso a Torino, prima di scriverne, la mia prima impressione fu: e certo, è facile parlare di politica! La politica è quella cosa della quale tutti sono in grado di parlare, anzi, sono addirittura in diritto di poterne parlare. Tutti si lamentano della industrializzazione del libro, in mano alla grande distribuzione capitalista come quella della Feltrinelli (il google, il facebook, il twitter/x dei libri), ma nessuno si accorge dell’operazione di marketing sulla letteratura stessa: nel momento in cui si parla di letteratura ‘politica’ la si rende accessibile a tutti, è un immenso processo di identificazione per il quale tutti (persino i ‘politici’ voglio dire) possono sentirsi in qualche maniera ‘letterati’ quando invece, da sempre, la Letteratura ha guardato questi organismi infestanti con distanza e sprezzatura (vedi nota 3). Per il resto basti la definizione del mio amato Gottfried Benn (odiato sia dai nazisti che dagli alleati): “I greci hanno inventato lo zoon politikon. Questo geniale popolo di merda”.
Con tutta questa ‘politica’, la letteratura è diventata una macina d’odio
Passo davanti allo stand di Fahrenheit, la trasmissione libraia su Radio Rai 3 ed è stupendo e Loredana Lipperini è bellissima con la sua gonna in stile “sirena a Manhattan” e gli spettatori sono meravigliosi e tutti elegantissimi e colti e profondi e insomma belli, belli, belli (ho il libro appena pubblicato, non rompete i coglioni) e mentre sono sopraffatto da cotanto stupor lipperinis faccio due passi e mi trovo davanti allo stand del Ministero della Difesa ma non ci sono dentro i tascabili della Mondadori-SAS, romanzi di azione e guerra che all’epoca della guerra fredda erano scritte dai servizi segreti ed erano una forma come un’altra di propaganda ‘politica’. Mastru Brunu è convinto (così come è convinto di chiamarsi Bruno Giurato) che sia un grande spot al mega riarmo e in realtà la Letteratura un tempo era sicuramente pacifista, “peace and love” come si dice, o “piss and love” (che per me sarebbe anche meglio), pacifista anche troppo al dire il vero, ma adesso, invece, con tutta questa ‘politica’, la letteratura è diventata una macina d’odio e digrignare di denti e dagli a quello e dagli all’altro e lanciamo pietre e lanciamo missili e mentre mi dirigo nel bosco, fuori, all’ingresso del Salmone, ci sono i manifestanti pro-palestina che si scontrano con gli agenti di polizia in tenuta anti-sommossa e io ci scriverei anche qualcosa se non l’avesse fatto Pier Paolo Pasolini anni fa a proposito degli scontri a Villa Giulia.
Faccio una veloce pipì. Come in tutti i bagni del Salmone c’è una fila lunghissima di donne, mentre la fila per gli uomini è inesistente. Dico ad alta voce: “Sono i vantaggi del Patriarcato, fare pipì velocemente. Provate a cambiare questo stato di fatto! E quindi salto la fila di donne inferocite mentre inneggio saltellando: “Pa-triar-ca-to, Pa-triar-ca-to…” e sbrigata la questione penso a Selvaggia Lucarelli: Daniela, la mia migliore amica che – bontà sua – mi sta badando ai cani e ai gatti in campagna è fan di Selvaggia e vuole il suo nuovo libro sul caso pandoro firmato. Così mi metto in fila dimentico che ho la spilla di MOW che mi campeggia sulla maglietta e mi hanno detto che tra Selvaggia e Moreno c’è aria di maretta (fate pace, orsù, sfottiamoci tutti amabilmente, suvvia, siamo tutti bravi ragazzi).
Risolta la questione, compro le Sibille Lenormand (attenzione, mi hanno spiegato che le Sibille sono diverse dai tarocchi) sempre per Daniela: è un’esplosione di tarocchi e sibille e oracoli qui al Salmone, insieme ai fumetti e al “romance” (l’evoluzione del “fottoromanzo”) sono la vera novità in espansione della stampa libraia; tarocchi, fumetti e romance, su questi tre pilastri, come d’altronde da sempre (divinazione, pittura rupestre e amore) si fonda la narrativa di consumo (che è una cosa diversa dalla Letteratura).
Un arancino coi piedi. Fritto nell'olio di ricino?
Quindi, finalmente, zoppico verso il “Bosco degli Scrittori”, lo stand di Aboca senz’altro il più bello del Salone da qualche anno a questa parte. Sfrutto i miei privilegi di autore pubblicato da Aboca e mi siedo sulle panchine di legno del giardinetto privato per telefonare a Mastru Brunu e Moreno. Con Mastru ci mettiamo a pensare a un fondo in cui parlo di questa esagerazione della ‘politica’. Moreno, mentre pesca con un retino un ex pilota di MotoGp morto dalla vasca degli ex piloti, mi dice che gli piacerebbe un po’ di polemica. Così, con Mastru Brunu iniziamo a parlare del Salmone dell’anti-libro e io vorrei dire che sembra un Salmone al contrario (d’altronde i Salmoni nuotano al contrario rispetto alla corrente), un Salmone senza libri, e che secondo me Annalena Benini dovrebbe andarsene in giro per i padiglioni al contrario. “Come Mussolini? Mi sembra esagerato”, nota Mastru Brunu”; “No – dico – io intendevo in verticale sul naso, anche tu sempre con la politica in testa?”; “E di Sangiuliano che diciamo?”; ci penso, dico: “A me sembra un arancino coi piedi”; “Fritto nell’olio di ricino?”; “No io pensavo a quegli arancini dei traghetti per la Sicilia, fritti nell’olio motore, che c’entra l’olio di rici.. ah sì…”, sempre la ‘politica’. Esco dal salottino privato, scambio due chiacchiere con Antonio Riccardi (l’anno prossimo facciamo venti anni che, nonostante i cambi di case editrici, è il mio editore) e con Valerio Giuntini (l’uomo più elegante del Salmone). Quindi mi dirigo all’uscita. Passo davanti a una ragazza che sta sfogliando il mio libro sul carrubo. Vorrei dirle: “E’ un trattato di fisica teorica camuffato da libro su un albero. Come diceva Manlio Sgalambro: “Ho scoperto due o tre cose su Dio che gli altri ancora non sanno”. Invece dico: “Lo compri, è bello”.
Quindi vengo all’aria aperta, respiro e penso alla mia sdraio, ai miei cani, ai miei gatti, ai miei alberi. Leggendo il manoscritto de “Il carrubo e l’unità di misura del diamante”, Antonio Riccardi mi aveva scritto: “E’ un trip, ma bello”. Io ho come la sensazione che la psichedelia sia quella che mi sto lasciando alle spalle. E che starsene in campagna, a pensare a Dio, alla Creazione dell’Universo, all’inizio del Movimento e quindi del Tempo, allo Spazio e al Niente, a come Dio potrebbe evitare (cosa che, immagino, ha già fatto) l’Eterno Ritorno dell’Uguale, alla Distruzione Finale, sia ciò che, semplicemente, deve fare un uomo. Nella convinzione ormai decantata che esista un unico paradiso possibile: quello in cui moriamo tutti insieme. Animali compresi.
NOTA 1: Pennette nel senso proprio di diminuitivo di penne, strumenti da lavoro per la scrittura recentemente pressati fino alla distruzione dal nuovo Ipad Pro.
NOTA 2: Perché non abbiano mai tradotto “The Invasion of the Body Snatcher” letteralmente, ossia “L’invasione dei Ladri di Corpi” resta un mistero. Gli Ultracorpi che dovrebbero essere? E in realtà “ladri di corpi” mi sembra una definizione azzeccata del percorso attuale del pensiero letterario che finge di parlare al pensiero mentre sono i corpi la sua segreta mira.
NOTA 3: Su Instagram, nella pagina di MOW, sto litigando nei commenti a un mio pezzo con una tizia che sostiene che si confonde tra romanzo sociale e romanzo politico. Ritiene che John Steinbeck o Charles Dickens siano animali ‘politici’ perché hanno scritto romanzi “sociali”. Ma il romanzo “sociale” è l’esatto contrario del romanzo ‘politico’. Vaglielo a spiegare.