Dovevo fare un’intervista a Baby Gang, artista da più di due milioni di follower e da record su Spotify, ma che stimo e seguo da sempre, per la mia rubrica su MOW che si intitola “Dalla parte del cattivo” che nasce proprio per stimolare le persone ad avere un diverso punto di vista nei confronti di artisti come lui che raccontano la propria storia difficile di vita. Sono appena tornata da Padova, dove ho passato due giorni con Baby Touchè, un altro rapper finito nelle cronache per aver osato rispondere male a Paolo Del Debbio, il giornalista che conduce "Dritto e rovescio" su Rete 4, programma ormai quasi esclusivamente contro la cultura trap che sembra voler alimentare diffidenza e razzismo senza mai tentare di conoscere nel profondo molti artisti interessanti che, al di là dell’ambiente violento in cui sono cresciuti, provano a inseguire legittimi sogni di gloria. Sono molto felice del materiale che ho realizzato e vedrete presto il mio articolo accompagnato da uno short movie qui su MOW. Siccome vivo a duemila e penso sempre al prossimo step, avevo già iniziato a concentrarmi anche su Baby Gang. Tramite il suo avvocato, Niccolò Vecchioni - e d’accordo con il rapper con cui avevo parlato molto prima dell’arresto - ho fatto inviare una richiesta ufficiale per intervistarlo.
Avevo anche provato a scrivere a lui direttamente su Instagram, però il suo staff mi aveva risposto velocemente "non può usare il telefono, parla con l’avvocato". Quindi era nel suo intento rispettare le regole conseguenti alle restrizioni che gli venivano richieste. E io, ovviamente, sono andata avanti soltanto con il suo avvocato senza mai più scrivergli. In questi giorni, poi, è uscito il suo nuovo disco "L'angelo del male" il cui titolo dovrebbe invitare a riflettere sul sottile confine che esiste tra colpa e innocenza, accompagnato da promozioni nelle stories di Instagram e da post messi ogni tanto dal suo staff e mai da lui perché, appunto, non gli viene consentito dalla legge. Quando devo scrivere su qualche artista o incontrarlo inizio a guardare i suoi profili social quasi ogni giorno per capire fatti, novità e notizie su cui lavorare. Oggi leggo: "Hanno appena arrestato Baby Gang, questa volta l'accusa è di aver violato i domiciliari postando sui social...". Peccato che questa pagina sia gestita dal suo team e non da lui personalmente… Resto scioccata. Rinchiudere ancora una volta Baby Gang in cella, che stava adottando un comportamento corretto e non intendeva violare in nessun modo gli arresti domiciliari, ma invece scontare questa pena e far sì che l'incubo della perdita della libertà (che giustamente pagava e intanto si stava responsabilizzando) finisse il prima possibile, mi sembra un provvedimento fin troppo violento e severo. Al di là del gravissimo post, "atto criminale" che sembra non aver commesso lui, questa decisione profuma di persecuzione. Sa di guerra alla cultura trap, di censura verso ogni forma di ribellione sana e artistica e, guarda caso, arriva in piena promozione del disco che è gia tra i più ascoltati in assoluto su Spotify. Fermo restando che chi sbaglia paga di fronte alla legge e di fronte a Dio, non è perseguitando Baby Gang - e tutti quelli come lui - che renderete l'Italia un paese migliore e farete della vostra discutibile giustizia un esempio per tutti. Piuttosto, andrebbe analizzato nel profondo un problema sociale invece di continuare una vera e propria "guerra allo straniero". Perché, che vi piaccia o no, cultura e religione islamica sono realtà anche dell'Italia e si dovrebbero favorire con l'integrazione in un Paese civile che si rispetti. Fare la guerra a Baby Gang e rinchiuderlo in cella per un post fa capire che non aspettavate altro. Io non sono qui a scrivere per santificarlo o renderlo una vittima innocente, sicuramente ha fatto dei gravi errori, ma li stava già pagando sulla propria pelle. Ulteriori provvedimenti, che vanno ad alimentare la sua rabbia in un momento in cui promuoveva il disco, non cancellano di certo il suo indiscutibile talento e la sua rara capacità di scrivere pezzi che hanno marcato per sempre la scena musicale. Il messaggio che mi arriva è quello di un impedimento a sognare, a migliorare la propria condizione di vita e quella di chi ti ha messo al mondo, che nemmeno scontando una pena si è lasciati in pace e qualora ci fosse un pentimento o anche un semplice desiderio di restare calmi, non servirebbero a nulla. Tutto questo somiglia a un subdolo "lavaggio del cervello" sul già troppo ribadito concetto che gli stranieri sono tutti delinquenti e andrebbero eliminati dalla società anche quando possiedono una indiscutibile capacità di raccontare la verità dei propri tempi. Anche se accettano di espiare una colpa senza rompere le scatole a nessuno. Purtroppo, la cultura trap si riduce per l'opinione pubblica a un inno gratuito alla violenza e non a un racconto da parte di chi, per primo, in quella violenza ci è cresciuto. La violenza infatti non piace a nessuno, nemmeno a Baby Gang, ma quando cresci per strada devi imparare a "uccidere" o prima o poi qualcuno "ucciderà" te. E non parlo di omicidio vero e proprio, ma di una sopravvivenza psicologica violenta, che rischia di uccidere innanzi tutto qualunque ambizione e qualunque sogno che si rispetti.
Baby Gang invece non ci è cascato, come altri ha continuato a inseguire i suoi obbiettivi e a fare musica insegnando a tanti ragazzi di strada come lui che, se hai un talento, un credo, un obbiettivo e qualcosa di forte da trasmettere agli altri, puoi farcela a qualunque costo, pur venendo dal niente. Emergere da certe realta difficili, isolate e discriminate in Italia è una impresa vera e propria, parliamo del Paese delle raccomandazioni dei partiti politici tanto in voga con l'amichettismo e del "io faccio un favore a te e tu lo fai a me". Parliamo di un Paese dove chiunque senza arte né parte può diventrare famoso e guadagnare soldi facili. Dove nelle università vengono invitati a parlare con gli studenti gli influencer e dove il ministro della Cultura non sa in quale città si trova Times Square. Di certo Baby Gang non aveva raccomandazioni né possedeva la banalità di cui avete tanto bisogno, che aiuta a lobotomizzare la gente per diventare una star rassicurante e politically correct o ancora peggio un idiota che non ha un caz*o da raccontare come piace tanto adesso (al contrario la sua penna fa più male di un'arma). Eppure ce l'ha fatta lo stesso. Ce l'ha fatta da solo, credendoci, lottando e combattendo la sua guerra. Questo tipo di lotta andrebbe incoraggiata e dovrebbe essere d'esempio per tanti ragazzi che respirano solo l'aria dell'asfalto e vorrebbero una vita migliore come la vogliono tanti ragazzi italiani, perché migliorare la propria esistenza è un diritto di tutti, se non addirittura un dovere. Il sogno è un diritto sacrosanto che non si può togliere a nessuno. Nemmeno a un condannato a morte. La censura e la feroce guerra alla cultura trap in atto in questo momento nel nostro Paese, non fa altro che incoraggiare razzismo e diffidenza verso qualunque forma di diversità. I "ragazzi di vita" raccontati da Pier Paolo Pasolini non erano così diversi da Baby Gang e hanno ispirato una intera cinematografia. Senza quei giovani di borgata il Neorealismo non sarebbe uno dei generi più apprezzati della letteratura e del cinema. La differenza sta nel fatto che quasi tutti i trapper, perlomeno i più interessanti, sono di origini nordafricane, sono arabi e mussulmani insomma. Per far credere che queste differenze religiose e culturali sono accettate e apprezzate, ogni tanto qualcuno più "paraculo" e con meno rabbia viene reso famoso dal magnifico "sistema" dello spettacolo. Ma poi, se prova a fare affermazioni intelligenti - non da mussulmano ma da uomo contro la guerra - viene censurato dalla Tv nazionalpopolare, un po' come gli americani che hanno eletto Obama per mostrare al mondo che non erano razzisti con i neri, ma si sono anche sbrigati a farlo fuori il prima possibile. La gente dovrebbe convincersi che in questa Italia chiusa e provinciale è necessaria l'integrazione, ma purtroppo siamo ancora molto lontani dall'integrare e molto bravi invece a condannare. Cosi perseguitiamo Baby Gang, che ha già avuto un passato difficile tra case famiglia e mancanze continue. Invece di arrestare lui per un post iniziamo a perseguitare senza tregua chi, approfittando del potere ruba alla povera gente ignara e rassegnata. Perseguitiamo la mancanza di cultura, le condizioni vergognose delle periferie, il carcere punitivo e sovraffollato che non è in grado di migliorare né di riabilitare quasi nessuno. Perseguitiamo la diffidenza, l'ignoranza, il continuo messaggio di sottomissione alla società capitalista. E lasciamo dire a Baby Gang che quando nasci in quei contesti di strada "certe mancanze le senti fino alle ossa". Lasciamo a Baby Gang la possibilità di scontare gli arresti domiciliari senza incattivirlo ancora di più, senza trasformarlo in una bestia feroce che non ha più niente da perdere. Diamogli almeno la possibilità di pagare in pace per i propri errori. Riabilitazione non significa continue punizioni e umiliazioni. Riabilitare vuol dire offrire la speranza, se non la certezza, di poter diventare migliori, di avere un valore umano oltre che artistico in questa società. Anche se abbiamo infranto la legge. Una seconda possibilità reale, non da silenziare. Basta cercare la strega da mettere al rogo, basta scagliare la prima pietra, basta discriminare per una faccia, basta condannare di continuo e alimentare il male. Che ognuno si faccia un esame di coscienza in questa meravigliosa e altamente educativa Italia "di destra", in questo paese delle "mezze verita". Imparate a incoraggiare il percorso di un artista valido che sia italiano o straniero. Una volta Baby Gang mi ha hatto arrivare un messaggio attraverso il suo avvocato: "La mia vita è come un film, non mi fanno smettere". Forse è il caso che Baby Gang sia davvero e una volta per tutte messo nelle condizioni di smettere. Chi sono i diavoli in questa ulteriore inutile punizione non è difficile capirlo. Il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, a questo punto, diventa molto discutibile. Lasciate cadere a terra le vostre pietre. E una volta per tutte: giù le mani da Baby Gang e da tutti quelli come lui.