Ogni tanto mi vengono delle idee malsane, come quando nel 2005 decisi di trascorrere agosto leggendo un canto al giorno della Divina Commedia, o quando nel 2014 pensai bene di trasferirmi da Milano a Roma. Per rovinarmi questo decennio ho escogitato qualcosa di ancora peggiore: un mese e mezzo fa mi sono messa in testa di sperimentare sulla mia pella la vita del giurato del Premio Strega, il premio più importante della letteratura di casa nostra, l’unico che ancora abbia un impatto nelle classifiche di vendita. Nel Paese dei bizantinismi, dei regolamenti astrusi e dei poteri occulti, il Premio Strega svetta supremo: come molti sapranno per candidarsi bisogna prima essere “proposti” da un cosiddetto “Amico della domenica”, un’associazione che a pensarci fa venire in mente i famosi “Tagliapietre” di una indimenticabile puntata dei Simpsons. Ma chi sono dunque i 12 candidati della nuova edizione del 2024 e da chi sono stati proposti? Proprio nelle ultime ore, abbiamo avuto conferma dei nomi, scelti fra ben 82 proposti. Si tratta di:
1. Sonia Aggio, Nella stanza dell’imperatore (Fazi), proposto da Simona Cives.
2. Adrián N. Bravi, Adelaida (Nutrimenti), proposto da Romana Petri.
3. Paolo Di Paolo, Romanzo senza umani (Feltrinelli), proposto da Gianni Amelio.
4. Donatella Di Pietrantonio, L’età fragile (Einaudi), proposto da Vittorio Lingiardi.
5. Tommaso Giartosio, Autobiogrammatica (minimum fax), proposto da Emanuele Trevi.
6. Antonella Lattanzi, Cose che non si raccontano (Einaudi), proposto da Valeria Parrella.
7. Valentina Mira, Dalla stessa parte mi troverai (SEM), proposto da Franco Di Mare.
8. Melissa Panarello, Storia dei miei soldi (Bompiani), proposto da Nadia Terranova.
9. Daniele Rielli, Il fuoco invisibile. Storia umana di un disastro naturale (Rizzoli), proposto da Antonio Pascale.
10. Raffaella Romagnolo, Aggiustare l’universo (Mondadori), proposto da Lia Levi.
11. Chiara Valerio, Chi dice e chi tace (Sellerio), proposto da Matteo Motolese.
12. Dario Voltolini, Invernale (La nave di Teseo), proposto da Sandro Veronesi.
Tornando al meccanismo dello Strega, l’identità di questi “amici della domenica” rimane praticamente segreta, o almeno non esiste posto raggiungibile da essere umano in cui sia contenuto un elenco completo, né è dato sapere, ai non iniziati, cosa si debba fare per farne parte, quali siano i criteri di selezione all’ingresso (almeno, per i Tagliapietre, da un certo punto in poi si sapeva che erano “vietati agli Homer”). Sul sito ufficiale del premio, in un passaggio che pare scritto da Licio Gelli, si legge che “La fondazione Bellonci ne conserva i nomi in una sessantina di faldoni, ciascuno dedicato a una diversa edizione del Premio”. Mah. In ogni caso, ogni “amico” può “proporre” all’attenzione dei giurati un libro uscito negli ultimi 12 mesi: tra tutti i libri proposti, i giurati, dopo attenta valutazione, sceglieranno quelli che effettivamente saranno candidati al premio (su questa differenza decisiva, libri proposti e libri candidati, torneremo più avanti). Il problema è che se un tempo ci volevano almeno due “amici” per proporre un libro da qualche tempo ne basta solo uno; in più, sembra che questi “amici” da un lato si stiano moltiplicando più velocemente di una variante virulenta di Covid-19, dall’altro che col meccanismo della proposta ci stiano prendendo gusto, se è vero che da qualche anno il numero di libri “proposti” è schizzato più in alto del debito pubblico italiano. Lontanissimi i tempi, nel 2017, in cui i libri proposti dagli amici erano 27, nel 2021 erano già 74 e quest’anno si è stabilito il nuovo record: 82. Ora: 82 libri moltiplicato per 250 pagine (la durata media di un libro) fa un totale di 20.500 pagine. Siccome le proposte devono arrivare durante il mese di febbraio, e la rosa di semifinalisti viene annunciata oggi, 5 aprile, questo significa che ogni giurato deve leggersi tra le 480 e le 569 pagine al giorno (a seconda del giorno di febbraio in cui cominci a svolgere il proprio dovere). Calcolando un valore medio di 525 pagine quotidiane, ed eliminando da ogni giornata 8 ore per il riposo notturno e 2 ore per i pasti e i bisogni corporali, significa che per garantire la regolarità del premio, ogni giurato deve leggere - senza potersi prendere nemmeno un giorno ma neanche un paio d’ore di pausa – 40 pagine ogni ora: che è esattamente quello che ho provato a fare io, approfittando del tempo libero dal lavoro a cavallo tra i due semestri dell’anno accademico.
Spoiler: non ci sono riuscita. Già dopo un paio di giorni mi erano chiare due cose: che mantenendo quel ritmo avrei buttato alle ortiche la mia relazione coniugale, condannando mio figlio di due anni a una svariata serie di traumi infantili; e che anche a costo di sacrificare gli affetti più cari sull’altare dell’abnegazione al ruolo di giurato, ogni sforzo sarebbe risultato vano, perché leggere 40 pagine l’ora per 14 ore al giorno per 40 giorni consecutivi circa equivale a una tortura della Cia da cui è impossibile uscire vivi. Di quei giorni in cui effettivamente provavo a tenere il ritmo, ignorando raccomandate, lavastoviglie e alimenti scaduti in frigo, non conservo infatti alcuna memoria – come tutte le vittime di incidenti gravi - se non per alcuni appunti presi in diretta, che mi ricordano di essermi buttata a caso su Marguerite è stata qui, biografia romanzata della Yourcenar, proposto da Sua Aldezza Reale Aldo Cazzullo, per poi essere trascinata su una delle tre caravelle di Colombo, insieme a Nuno, il ragazzino orfano che Genovesi ha eletto come suo Pov per raccontare la scoperta delle Americhe in Oro Puro, per poi piombare a bomba nella devastazione del terremoto della Val di Noto del 1693, dove Costanza Di Quattro ha ambientato la sua ultima fatica. Un frullatore di parole, personaggi, situazioni che si mischiano nella mia testa con i jingle sparati a tutto volume di Cocomelon, incubo YouTube che ben conosce chi è genitore, ascoltati da mio figlio lasciato allo stato brado nel tentativo di conquistarsi la mia attenzione.
Decido di tenere duro, e dopo aver raddoppiato i turni della baby-sitter, mi immergo nel mistero: investigatrici donne, polizieschi surreali, misteri ecologico-ecologisti e da quest’anno anche l’immancabile genere true crime, nel minestrone dei libri proposti al Premio Strega c’è davvero di tutto. Tra cambi di pannolini acrobatici e bucato ficcato a forza nell’asciugatrice, attraverso i corpi senza vita dei Mangiafemmine, i seni recisi sul litorale del Fattaccio di Antonio Rezza, anche se le vere protagoniste dei titoli proposti allo Strega 2024 sono le madri mancate, in ossequio a un trend imposto dalla stretta attualità, a testimonianza di una letteratura nazionale che non sa guardare oltre la vacuità degli uffici stampa.
Con il Kindle nascosto sotto il cuscino, qualora mi svegliassi durante la notte per poter recuperare il ritardo accumulato, mi lascio travolgere dal potente flusso di coscienza di Antonella Lattanzi con Cose che non si raccontano, il suo libro più bello; dal male oscuro delle madri di Epigenetica – titolo eccezionale per un libro che li per li mi sembra non rispettare le attese iniziali e, ancora, dalla maternità ritrovata, o queer come si direbbe oggi, di Aggiustare l’universo. Prima di perdere completamente il lume della ragione, ho giusto il tempo per chiedermi che razza di adolescenza abbia avuto Luca Ricci, autore di Gotico Rosa: in uno dei racconti, il protagonista dodicenne, parlando con la nonna, chiede: “Dov'è esattamente che si formano le onde, nonna? Non esiste, che so, un gorgo supremo, un mulinello che vortica esattamente nel bel mezzo degli oceani, una centrale marina capeggiata da Poseidone in persona?”. E più tardi, pensando, dopo aver incontrato una ragazzina della sua età: “Credevo che i colpi di fulmine potessero scoccare solo in circostanze mirabolanti ed estremamente romantiche, ma forse avevo visto soltanto troppi film scadenti”. Non c’è che dire: un ragazzino che parla con la prosopopea di Cicerone non lo avevo ancora trovato, così come non avevo mai trovato una tale incongruità tra personaggio e registro linguistico utilizzato.
Esausta, denutrita e solitaria, dopo due settimane sono costretta a gettare la spugna. Riprendo in mano la mia vita salvando il salvabile – un attimo prima che mio marito vada dritto dalla Bernardini De Pace - e procedo al piccolo cabotaggio, portando a casa il traguardo di una ventina abbondante di libri letti in un mese o poco più. Un record per quanto mi riguarda, nemmeno un quarto del lavoro richiesto a uno dei giurati del Premio Strega. La domanda, a questo punto, sorge legittima: come diavolo fanno gli undici membri del comitato direttivo ad essersi letti tutti e 82 i libri in 6 settimane scarse? Come ha fatto Paolo Giordano a leggere tutto e allo stesso tempo a continuare a dedicarsi con cura certosina alla propria iconica barbigia? E la Maraini, come ha potuto sciropparsi 20 mila pagine in scioltezza continuando a intervenire su giornali e in convegni a proposito di qualunque questione legata a qualunque forma di vita di sesso femminile presente sul pianeta? I casi sono due: o la fondazione Bellonci fornisce ai giurati delle pozioni magiche, una sorta di testosterone letterario tale da trasformarli in mutanti capaci di fermare il tempo o di secernere nutrimento dall’inchiostro; o più semplicemente, per dirla con Paolo Villaggio, il regolamento del premio Strega è una cagata pazzesca.
Che razza di senso ha un premio dove lo svolgimento regolare dello stesso è umanamente impossibile? Certo, direte voi: che razza di senso ha un premio dove, ogni anno, si sa già, più o meno, chi vince? E che razza di senso ha un premio dove l’anno scorso, il ministro della Cultura, durante la premiazione in diretta Tv, ammette candidamente di non avere la più pallida idea di cosa parlino i libri in gara, libri che lui stesso avrebbe dovuto aver letto e votato? Eppure, il Premio Strega, come scritto in apertura, gode di ottima salute. Anzi, per paradosso, ha quasi più prestigio adesso di quanto ne aveva in passato, quando a contenderselo erano gente come Moravia, Gadda, Calvino. E la ragione perché questo accade non è casuale ma ha a che fare, purtroppo, con la natura attuale del nostro Paese.
Il Premio Strega, con il suo regolamento “impossibile”, con l’“amichettismo” insito nel suo Dna (per citare Fulvio Abbate, che proprio per denunciare l’assurdità di tutto questo si è auto-candidato al premio in quanto amico della domenica) conviene infatti a tutti. Conviene, anzitutto, agli amici della domenica, che nel Paese del capitalismo basato sullo scambio di favori si fanno un favore a vicenda, io propongo te e tu in cambio mi fai un’intervistina sul tuo giornalino, e l’anno prossimo facciamo lo stesso a ruoli capovolti. Conviene agli scrittori, perché il problema vero è che in Italia i libri non si vendono – la stragrande maggioranza dei libri proposti non arriva a mille copie, buona parte non supera le 300 – e grazie alla proposta dell’Amico possono ciurlare nel manico: Wikipedia strabocca di supposte grandi scrittrici e supposti grandi scrittori nostrani che dichiarano, nelle bio scritte in terza persona da loro stessi, di essere stati “candidati al Premio Strega”, anche se in realtà sono stati solo proposti (il regolamento ufficiale nega una simile malizia, ma tanto chi vuoi che controlli).
E infine conviene agli editori, perché tolti i grandi gruppi la maggior parte di loro fatica ad arrivare a fine anno, e la proposta al premione permette loro di illudersi d’avere un posto, anche se nel loggione, anche se miserevole, al teatro della commedia dell’arte della cultura italiana. Per questo è inutile criticare il Premio Strega: perché il Premio Strega - Mediobanca sgangherata della Cultura nazionale - è l’Italia di oggi, l’Italia in declino, laddove per Italia si intende quell’impalcatura di favori e contro favori, di amici, amichetti e soprattutto amici degli amici che si mettono d’accordo, si vengono incontro, si gestiscono la “Cosa Loro”, al riparo dalla rotture di scatole esterne, siano esse i critici, il talento, il mercato, e qualunque altra seccatura minacci di mettere i bastoni tra le ruote. Non resta allora che augurare lunga vita al Premio Strega, ai giurati, al vincitore annunciato di quest’anno. Amici della domenica: baciamo le mani!