Nel vasto e intricato mondo della musica, non è raro che qualcuno, prima o poi, noti delle somiglianze tra un brano e un altro. Succede, punto. Ma quando a farlo è un’influencer di Instagram che si definisce "cantante e insegnante di canto", come Annalu_music, la faccenda assume i toni del processo pubblico. Annalu, che ha centinaia di migliaia di visualizzazioni e un seguito sempre più nutrito, ha deciso di mettere sotto la sua lente Cesare Cremonini e il suo ultimo album, Alaska Baby. E qui la domanda sorge spontanea: un artista con oltre vent’anni di carriera alle spalle ha davvero bisogno di "ispirarsi" (per non dire copiare) ad altri? Va detto che nei suoi video Annalu_music non parla mai esplicitamente di plagio. Non usa parole come “copiato” o “rubato”, e si limita a evidenziare somiglianze tra le canzoni appena uscite e altri brani più o meno famosi. Tuttavia, l’effetto creato sui suoi follower è spesso ben diverso. Basta dare un’occhiata ai commenti sotto i suoi post: molti utenti colgono queste somiglianze come prove schiaccianti di una mancanza di originalità, alzando subito il tono della polemica. Questo lascia il dubbio che, anche senza accusare direttamente Cremonini, l’influencer abbia trovato un modo per solleticare il gusto dei social per le controversie e le critiche facili.
Save Your Tears o Ora che non ho più te?
La prima "accusa" di Annalu riguarda il singolo Ora che non ho più te, che secondo lei somiglierebbe a Save Your Tears di The Weeknd, uscito nel 2020. Certo, la base potrebbe ricordarla, ma parlare di plagio? Anche no. La struttura della canzone di Cremonini segue tutt’altro andamento. Più che altro, questa è la classica osservazione che fa sorridere gli esperti e abboccare i follower meno attenti, quelli che commentano solo per poter dire: "Hai ragione!". E poi, diciamocelo: quante canzoni pop seguono gli stessi schemi melodici? Non è una novità. Dalle hit di successo alla musica d’autore, certe sequenze di accordi sono così universali che potremmo ritrovarle dappertutto, dal bar sotto casa ai palchi dei Grammy. Forse il punto non è quanto una canzone somigli a un’altra, ma come riesce a reinterpretarla e darle una nuova anima.
Il caso San Luca
Passiamo a San Luca, un altro brano dell'album, uscito il 6 dicembre. Annalu ha individuato una somiglianza con Ricordati di me di Antonello Venditti. Quale sarebbe la "prova schiacciante"? Quel “Capita anche a te” che Cremonini pronuncia con una tonalità simile a quella di Venditti. Certo, suona simile, ma è sufficiente per gridare al plagio? Anche no. Qui sembra più una coincidenza che un reato musicale. E poi, diciamolo: Antonello Venditti è un gigante della musica italiana, ma anche lui è stato accusato in passato di essersi ispirato a qualcun altro. È il circolo vizioso della creatività: chi è davvero immune dall’influenza dei grandi che lo hanno preceduto? Nessuno.
E poi c’è Acrobati
Il momento forse più surreale del “processo” arriva con Acrobati, che Annalu paragona a Tattoo di Loreen, vincitrice dell’Eurovision 2023. Ora, parliamoci chiaro: chiunque abbia ascoltato Tattoo e poi Acrobati non può che alzare gli occhi al cielo davanti a questa teoria. La somiglianza è così debole che ci vuole davvero fantasia per coglierla. E no, non è quella fantasia artistica che amiamo. Forse il vero problema non è la musica, ma il bisogno spasmodico di trovare qualcosa da criticare. È quasi come se esistesse una corsa a chi trova per primo la "pecca", la presunta mancanza di originalità, il punto debole su cui costruire una narrazione polemica. Ma la musica non è fatta per essere smontata come un mobile dell’Ikea: è fatta per emozionare, per raccontare storie, per farci sentire meno soli.
Ma non è finita qui
L’influencer rincara la dose paragonando Dark Room a I Wanna Be Yours degli Arctic Monkeys. A questo punto viene da chiedersi: Annalu vuole davvero dimostrare qualcosa o è solo un modo per far parlare di sé? Sotto i suoi video, la polemica infuria: c’è chi la accusa di esagerare e chi, al contrario, prende di mira gli artisti, accusandoli di non avere più idee. E qui arriva il punto: è davvero così scandaloso se un artista prende ispirazione da qualcosa che già esiste? O meglio: possiamo davvero credere che ci siano ancora melodie completamente originali, mai sentite prima? Forse è arrivato il momento di accettare che la musica è un linguaggio universale, e come ogni linguaggio ha un vocabolario limitato.
Il vero problema della polemica
Alla fine della fiera, è davvero necessario questo accanimento? Cremonini ha sfornato un album che sta dominando le classifiche, primo tra i più venduti in Italia e apprezzato anche dalla critica. Certo, qualche nota familiare potrebbe esserci – ma questo è inevitabile in un panorama musicale che ha prodotto milioni di canzoni negli anni. E poi, c’è da dire una cosa: Alaska Baby non è solo un album. È il diario di viaggio di un artista che ha deciso di prendersi una pausa per immergersi nella vastità degli Stati Uniti, un viaggio che lo ha portato a riflettere sulla sua vita, sulla musica e su tutto ciò che sta in mezzo. Ogni traccia dell’album porta con sé un frammento di queste esperienze: la malinconia di una stanza di motel, la libertà di una strada infinita, la voglia di ritrovare sé stessi lontano da casa. Forse sarebbe il caso di chiedersi: stiamo davvero parlando di plagi o di semplici ispirazioni? Perché, a furia di cercare somiglianze forzate, il rischio è di perdere di vista l’essenza stessa della musica: emozionare, raccontare e – sì – ispirarsi, a volte, a ciò che ci ha segnato. Come fa Cremonini, da vent’anni. E senza bisogno di copiare nessuno. Perché forse il vero plagio, alla fine, è ridurre la musica a una questione di copyright, dimenticandosi che ogni canzone è anche, e soprattutto, un pezzo di vita di chi la crea. E questo, nemmeno la critica più attenta potrà mai negarlo.