Svuotare le vecchie case serve per liberare la mente e riscoprire cose dimenticate dal tempo. Marianna Morandi e suo fratello Marco hanno svuotato i cassetti in cui la loro tata ha raccolto 50 anni di vita. Benvenuti a casa Morandi è uno spettacolo teatrale che parla di questo, ma anche del rapporto con il padre Gianni e la madre Laura, delle grandi aspettative e dei traumi infantili su cui oggi si può scherzare. Storie di una famiglia di artisti, insomma. Marianna ci ha lasciato un’intervista per dirci qualcosa di più.
Siete soddisfatti da questo nuovo debutto?
L'anno scorso abbiamo fatto un tour che è stato molto fortunato, ha avuto un bel successo, nonostante sia partito come una scommessa. Abbiamo una squadra nuova pronta per ripartire. Il pubblico si diverte sempre molto e per questo siamo contenti.
Avete spesso parlato di quanto fossero esigenti i vostri genitori. Voi lo siete stati nella preparazione dello spettacolo?
Siamo abituati a un’asticella alta, cerchiamo di fare sempre il massimo. Ci abbiamo messo tanto di noi stessi e direi che a livello autoriale tutto funziona, ma sono state fatte tante versioni prima di arrivare a quella che ci convinceva completamente. L'abbiamo scritto io e Marco insieme a Elisabetta Tulli e Pino Quartullo, che poi ne ha curato la regia. È un esperimento credo unico, nel senso che siamo due fratelli che scrivono una storia su loro stessi e la interpretano sul palco, come fosse un reality show trasportato a teatro. È sempre il pubblico che dà la risposta e fino adesso è stata positiva.
Come avete scelto cosa raccontare?
Cercando quegli aspetti emblematici che rappresentassero anche i nostri genitori e il loro modo di approcciarsi all'educazione e a questo lavoro: con rispetto per il pubblico e grande preparazione. Noi da ragazzini, piccolissimi, Marco aveva quattro anni e io forse nove, abbiamo organizzato uno spettacolino a Natale facendo pagare un biglietto ai nostri parenti: 100 lire a testa. Solo che lo spettacolo è venuto malissimo e ci hanno fatto restituire i soldi. È stato un bel insegnamento.
Com’è stato ritrovarsi con tuo fratello dopo tanti anni fuori dalle scene?
È stata una sua idea, io ho detto di sì non tanto perché nei miei progetti ci fosse ritornare a fare l'attrice, ma proprio perché mi sembrava un fatto imperdibile quello di poter fare una cosa insieme a mio fratello. Si percepisce, secondo me, la sincerità del nostro racconto e del nostro rapporto. Questo progetto ci ha permesso di riavvicinarci e di stare insieme.
Qual è stata la cosa che avete ricordato con più piacere?
Difficile rispondere. Noi tiriamo fuori molte cose dai cassetti della nostra tata, dai vestiti alle lettere, dai diari ai libri di scuola. Abbiamo provato tante emozioni diverse. In scena abbiamo portato due magliette, una con scritto Marianna l’altra con il nome di Marco, che sono proprio le nostre originali, sono piccolissime, fa una tenerezza incredibile. Possiamo davvero immaginare quanto ci abbia voluto bene.
E i vostri genitori come hanno reagito?
È bello per un genitore vedere due figli che si vogliono bene e lavorano insieme. A teatro si sono molto divertiti, anche commossi. Direi che stavolta la prova è superata: non hanno richiesto i soldi indietro. Poi con loro abbiamo condiviso la parte di scrittura, perché tutta la famiglia partecipa in qualche modo allo spettacolo. Con la visione di due adulti riviviamo questi fatti, talvolta traumatici. Oggi riusciamo a riderci su. Tutti quanti sono stati coinvolti, anche i figli miei e di Marco e nostro fratello Pietro. Mia mamma dopo la prima lettura ha detto che ci avrebbe denunciato: evidentemente abbiamo colto la sua natura un po’ naif e, diciamo così, libertina (ride, ndr).
Avete scoperto qualcosa che non vi aspettavate sulle relazioni con le vostre famiglie?
Essere diventati genitori ci ha reso più capaci di comprendere e perdonare. Di nuovo: è bello riderci, oggi. Ritengo che la nostra sia una famiglia fortunata, in cui ognuno ha trovato la propria strada.
Come hai capito che questo era il momento giusto di tornare sul palco?
È semplice: non l’ho capito. Personalmente non sarei più ritornata in scena, ma quando Marco mi ha detto che potevamo farlo insieme ho deciso di buttarmi. Diversamente non ci avrei neanche pensato. Mi sono sentita a casa, un po' perché sono con lui, un po' perché tutto sommato era nelle mie corde. Questo mestiere l'avevo soltanto chiuso nel cassetto, ma era ancora lì.
Svuotare questa casa vi è servito, quindi, anche al di là dello spettacolo.
Per noi è stata quasi una seduta di psicoterapia. Ne siamo usciti molto leggeri.