Quest’anno si sono sprecati eventi dedicati al mondo musicale (e non solo) tutto al femminile, e ancora continuo a vedere iniziative, video e reel sui social che inneggiano a questa famigerata solidarietà in rosa: body positivity, politically correct e il rifiuto della mercificazione dell'estetica. Tutte padrone del proprio corpo e libere, tutte contro i cliché, ma standoci dentro. Tutte che dicono che è importante ascoltare le loro canzoni e non basarsi sull’esteriorità, ma siamo sicuri? Voglio prendere spunto da un recentissimo evento e parlare di Erykah Badu. La regina del neo-soul ha fatto il suo ingresso trionfale al Billboard Women in Music come una delle artiste più iconiche e imprevedibili del panorama musicale. Con il suo stile unico, che mescola R&B, jazz, hip-hop e spiritualità, ha conquistato il cuore di milioni di fan e della critica, diventando una figura di riferimento per intere generazioni. Ma cosa ha fatto di speciale? Durante l'evento ha ricevuto il riconoscimento alla carriera per il suo impatto sulla musica e sulla cultura. Non solo una cantante, ma una vera e propria musa dell’empowerment femminile, un mix di talento, eccentricità e saggezza. Il suo discorso? Ha mescolato riflessioni, risate e, ovviamente, un pizzico di quella magia che solo lei sa creare. In poche parole: è tornata per ricordarci che il suo potere non è solo musicale, ma profondamente trasformativo.

E come lo ha fatto? Indossava una tuta color nude, creata in collaborazione con la designer Myah Hasbany, caratterizzata da proporzioni esagerate che enfatizzavano fianchi, seno e glutei. Questo “Full Figure Form” ha suscitato dibattiti sui social, con molti che l’hanno interpretato come una critica ironica alle tendenze moderne, come gli interventi per aumentare il fondoschiena. Durante la cerimonia, Badu ha ricevuto l’Icon Award, riconoscimento del suo impatto culturale e musicale, e ha eseguito una performance energica di Annie Don’t Wear No Panties. Il suo gesto e l’outfit hanno stimolato riflessioni sull’industria della bellezza e sull’accettazione del corpo. Ma a quale fine, se poi tutti sappiamo che l’immagine è fondamentale? Tutte queste domande e questo evento servono a riflettere su alcuni punti. I social e la società hanno sempre influenzato gli standard estetici (e questo da che mondo è mondo), ma in particolare quelli delle donne. La cultura del femminismo sbandierato e del “girl power” ha portato a estremismi: chi accetta il proprio corpo anche al limite della salute fisica, e chi invece fa di tutto per renderlo perfetto e conforme all’estetica dominante, pur di essere “esempio” nell’essere se stessi e nel “percorso” per diventarlo. Ma io non sono sicura che tutte abbiano davvero fatto un percorso per dimostrare che si può cambiare. Credo piuttosto che abbiano dovuto adeguarsi ai tempi per rimanere nella discografia (e non solo in questo mercato), illudendoci che tutto sia possibile. Ma non è così.

Qui penso a un'altra artista diventata famosa proprio per il suo sovrappeso estremo: Lizzo, una delle prime a inneggiare al corpo libero e alla body positivity. Nel 2025 ha deciso di riscrivere le regole del gioco. Dopo aver conquistato il mondo con Truth Hurts, ha intrapreso un viaggio personale che l’ha portata a perdere peso in modo significativo. La cantante di Good as Hell ha condiviso con i fan il suo traguardo: “Non vedevo questo numero dal 2014!”, riferendosi al suo peso attuale. Ha smentito le voci su presunti utilizzi di Ozempic, attribuendo i risultati a dieta e pilates. Nel frattempo ha abbandonato la body positivity per abbracciare la body neutrality, accettando le sfumature quotidiane del proprio corpo. Questi sono due casi estremi, ma emblematici. Potremmo parlare anche di Adele, facendo un salto indietro, o di Selena Gomez e Meghan Trainor. E senza andare oltreoceano, anche in Italia abbiamo esempi di riscrittura del proprio percorso e di accettazione reale. Una su tutte, che non è solo fumo e niente arrosto: Noemi. Ma anche Emma Marrone, Big Mama, e come non citare Arisa. Tutte donne e artiste che, in un modo o nell’altro, portano avanti se stesse e la propria fisicità, spontaneità, incoerenza o anche solo evoluzione. Anche l’occhio vuole la sua parte, nessuno lo nega: ci sono cose più “accattivanti” di altre. Ma il vero obiettivo dovrebbe essere puntare sulla qualità e su ciò che alcune artiste hanno davvero da dire. Non tutte devono per forza avere un messaggio, certo, ma allora non ci si può giustificare dietro certe dinamiche inneggiando al femminismo e al rispetto della donna. Qui mi riferisco nello specifico a Rose Villain, che ultimamente ha sovradimensionato la questione. Non c’è nulla di male nel voler apparire o modificare il proprio aspetto, che sia chirurgicamente o con dei software diditali. L’importante è stare bene con se stesse e non doversi giustificare o diventare portatrici di verità assolute. La vera accettazione sarebbe non parlarne nemmeno, prendere tutto e tutte per quello che è. Quante volte si sarà rifatta Madonna? Qualcuno mette in discussione quello che è o che fa? Non mi pare. Le copertine patinate, i set fotografici, gli outfit sopra le righe, i videoclip ammiccanti, va bene tutto. Ma impariamo, noi donne, anche a non prenderci troppo sul serio quando non serve. Se davvero vogliamo accettarci, impariamo prima di tutto a farlo tra donne. Perché, diciamolo, siamo le più spietate e giudicanti tra di noi. Altro che catcalling e scemenze varie. Il sostegno nella musica è cambiato anche a causa dell’estetica, e ne sono fermamente convinta. Ridimensioniamo tutto. Non facciamo rivoltare il femminismo stesso contro di noi. Non siamo ipocrite, non facciamoci ricordare per aver perso ciò che era stato conquistato. Non vittimizziamoci se non è necessario, non fingiamo di essere chi non siamo. Non cantiamo qualcosa solo per fare una hit estiva se non condividiamo il testo. Troviamo qualcosa da dire che non sia banale, come la banalità che sto scrivendo io ora nel dirlo – e che dovrebbe essere scontata. Cambiamo l’apparenza delle cose. Perché a me sembra di vedere solo fake.
