L’invidia è un sentimento che nasconde una doppia natura: quella che eleva l’oggetto del desiderio e quella che, al contrario, mira alla sua distruzione. O, in questo caso, all’assassinio. È all’interno di queste coppie di opposti che si inserisce lo spettacolo Le serve, il capolavoro di Jean Genet messo in scena da Veronica Cruciani e che abbiamo visto al Teatro Arena del Sole di Bologna. Le due serve, che danno il titolo all’opera, sono interpretate da Matilde Vigna e Beatrice Vecchione, mentre il ruolo della Signora è affidato a Eva Robin’s. Abbiamo intervistato Eva e la regista Veronica Cruciani e la conversazione è andata oltre il loro stesso spettacolo: “Diciamo che la cabina armadio del mio personaggio potrebbe assomigliare a quella di Chiara Ferragni”, ci ha detto Eva, “la Signora che volevo mettere in scena è più un’idea, una proiezione, quasi non è reale”, ha proseguito la regista. Insomma, come uno di quei modelli inarrivabili che annebbiano la nostra vita sui social. Poi il teatro che fatica a restare popolare anche a cause di cattive riforme e la questione dei diritti civili: “La consapevolezza sui diritti deve andare insieme alla consapevolezza politica”. E i giovani come vivono l’amore il sesso? “Si stanno chiudendo”, ha detto Eva Robin’s, e la colpa è anche dei filtri creati dalle piattaforme social. Jean Genet ha parlato di amore, odio e di lotta di classe: tutti temi che ogni giorno trovano un nuovo motivo per essere problematizzati. Riattualizzare l’opera serve ad affrontarli senza compromessi.
Veronica Cruciani ed Eva Robin’s, la Signora dello spettacolo “Le serve”, è sia oggetto del desiderio e che dell’odio delle serve. Si può collegare anche a quello che vediamo nei social, cioè il fatto che ci siano questi personaggi invidiati e allo stesso tempo irraggiungibili?
Veronica: La nostra lettura delle serve contiene all'interno molti temi che ci riguardano da vicino, che è il motivo per cui io ho scelto questo testo. Sicuramente la signora con tutti i suoi oggetti del desiderio, quindi gioielli, pellicce, soldi, rappresenta un po' il capitalismo e quindi queste serve desiderano l'unico modello che conoscono che è il potere e questi oggetti del desiderio. Quindi desiderano essere qualcosa che non sono e che non saranno mai e questo desiderio così spostato verso l'esterno, che è un desiderio anche spesso indotto dalla società, è quello che poi le porterà alla tragedia.
Lei ha scelto due attrici giovani per rendere più evidente questa esperienza tragica?
Veronica: In generale il ruolo di Claire e Solange sono due ruoli molto complessi da affrontare perché ci sono tanti livelli e che spesso vengono interpretati da attrici con un'esperienza più lunga. Invece qui ho scelto volutamente due attrici giovani perché trovavo ancora più disperato e straziante l'idea che queste due giovani ragazze impieghino la loro quotidianità in quel modo: riescono a essere vitali solo nella fantasia, mentre nel momento in cui piombano nella realtà, lì c'è il deserto. E quindi trovavo ancora più tragico il fatto che fossero due giovani e non due persone adulte a vivere questo. Il fatto che Genet nel testo affidi il gesto rivoluzionario della rivolta delle serve a una dimensione della fantasia ci racconta come in un mondo come il nostro, dove non è più possibile uccidere le signore, dove non è più possibile uccidere i padroni, l'unica alternativa purtroppo è quella di augurarsi di trovare questa libertà dopo la morte.
Eva lei come si è sentita in questo ruolo di modello odiato e amato allo stesso tempo?
Eva: Non è che faccio delle grosse fatiche, mi sono messa nelle sue briglie, con delle indicazioni, noi attrici siamo strumenti. Io molto piacevolmente mi sono sentita nel ruolo.
Veronica: Abbiamo fatto un bel lavoro con Eva: siamo partite dallo studio di queste donne, queste femme fatale, la rappresentazione di un femminile molto costruita attraverso dei gesti che lei ovviamente rende contemporanei. Poi Eva interpreta sia il Signore che la Signora: il potere non è legato al genere, il potere è un modo di pensare e di agire nella realtà.
È anche un personaggio ironico.
Eva: È divertentissimo. Perché poi molti mettono in scena la Signora come un personaggio cattivo mentre invece secondo me non è così.
Veronica: Lei è adorabile e le cose cattive le dice un po' con quel modo involontario che hanno le ricche miliardarie quando dicono alle cameriere che sono fortunate a essere in una umile condizione, così non avete preoccupazioni come le ho io.Per me la Signora è più un'idea, una proiezione delle serve, cioè non è quasi reale. Per questo ho voluto che lei entrasse in scena venendo trasportata su un “case”. La scenografia è composta da questi case che contengono in genere le luci teatrali. Si entra e si esce di continuo dalla finzione.
Questo genere femminile un po’ esagerato lo rivedete nei modelli come Chiara Ferragni?
Eva: Sono figure fondamentali visto che tutti i giovani usano i social. È come un lavaggio del cervello, un messaggio subliminale che ti arriva nella testa, ti lavora finché alcune volte cadi anche nella criminalità pur di avere questi oggetti di potere. Che dire, io non ho neanche il computer. Però diciamo che la cabina armadio della Signora è molto simile a quella di Chiara Ferragni.
Veronica: Tra l’altro adesso è difficile parlare della Ferragni, è un momento un po' buio.
Questo momento è anche sintomatico della rabbia delle serve che sta venendo fuori, no?
Eva: Anche perché è quello che succede quando tocchi veramente le vette, ed è quello che mi spaventa. L’ho visto nei grandi esempi come Amy Winehouse o Whitney Houston, per citare dei massimi livelli, in questo caso la Ferragni, quando sei lassù in una maniera o nell'altra cercano sempre di buttarti giù. O ti autodistruggi o è proprio la società che a un certo punto ti fa inciampare e tu crolli. È meglio stare con un profilo un pochino più basso, così la caduta è meno violenta.
Veronica: La rabbia delle serve è giustificata, però la cosa importante che Genet racconta nel testo è che loro desiderano essere la padrona, loro non costruiscono un modello alternativo: la odiano e la amano e desiderano essere la padrona. Non riescono a ucciderla.
Dopo una Ferragni ne arriva sempre un'altra.
Veronica: Più che altro è fondamentale il desiderio di essere quella cosa lì. Io ho conosciuto delle donne più maschiliste degli uomini perché introiettano così tanto il patriarcato che neanche si rendono conto di averlo introiettato e quindi parlano e si comportano come uomini. Questo per dirti quanto quell’elemento di potere non è legato poi tanto al genere.
Il focus di questi spettacoli è il lavoro: se ne parla poco in politica, invece.
Eva: Perché gli dèi ci uccidono per spasso. Quelli al potere. Che gli frega loro, quelli al potere? È come quando pensi che Dio stia facendo altro mentre succede una catastrofe. Ai potenti non frega niente che i minori siano lì, che si affannano, muoiono, si inciampano, si uccidono fra di loro, tanto che gli frega.
Veronica: Non è sicuramente una questione che in questo momento viene affrontata in una maniera efficace o, secondo me, intelligente. Ci accorgiamo tutti che è una questione che viene affrontata male, semplificando e dicendo che ai giovani non gli va di fare niente. Voglio vedere se ti va di lavorare per 500 euro al mese 12 ore al giorno.
I diritti civili, però, sono un tema molto discusso.
Veronica: Sì, io sono molto felice di sentire i giovani attivi da questi punto di vista, anche in relazione al cambiamento climatico. Mi piacerebbe che questa consapevolezza sui diritti civili andasse insieme alla consapevolezza politica, perché invece sono due cose che spesso vengono divise. Bisogna anche capire che i diritti civili sono importanti, il clima è importante, però vanno di pari passo alla condizione politica, alla consapevolezza politica. Se tu pensi alla crisi climatica e poi non ti occupi del fatto che per costruire i motorini elettrici magari vengono sfruttate delle persone è un problema.
Chi si occupa di diritti civili non si occupa della questione sociale?
Veronica: Questa è una mia sensazione. Stiamo attenti alla parità di genere, che è giusto, perché c'è una disparità, io lo dico anche personalmente, ma è come se a volte gli mancasse un po' il pezzo politico che è legato a quella questione.
Eva lei ha detto in un’intervista al Corriere della sera di essere stata con un politico: c’è ancora riluttanza nel dire che una persona di potere sta con una donna transessuale?
Eva: Sì, poi oggi vengono sput*anati più facilmente, ma all'epoca era diverso. Parliamo di 30 anni fa e, per fortuna, Dio si è ringraziato e sono tutti lassù.
Quindi si può parlare male di loro?
Eva: No, io ho sempre il rispetto delle persone che mi hanno posto la mano con il pane.
Quell’uomo era di destra o di sinistra?
Eva: No, non dico niente, non sono come quelli ingrate che hanno parlato male di Berlusconi. Ruby e tutto quel filone lì.
Pensa che non avrebbero dovuto parlare?
Eva: Beh, insomma, credo che nel prezzo ci fosse anche implicito il silenzio, no?
Tornando al teatro: i teatri, specie quelli sovvenzionati, sono ancora luoghi chiusi per élite culturali?
Veronica: C'è un bel pubblico che vuole andare a teatro, però sul sistema teatrale italiano avrei molto da dire. Di sicuro vive una profonda crisi in questo momento, perché è stata fatta una riforma che non aiuta le compagnie indipendenti. Se tu fai una riforma e crei un sistema dove a un certo punto queste compagnie non riescono più a girare diventa difficile. Io credo in un teatro popolare d'arte, cioè un teatro comprensibile a tutti ma di qualità.
L’arte ormai è condannata a essere intrattenimento?
Veronica: Uno spettacolo può essere capito a livelli diversi: dalla signora che non è abituata ad andare a teatro, al critico e al giornalista. Il pubblico ha voglia di contenuti, voglia di stare seduto insieme ad altre persone a vedere un corpo vivo di un attore in scena. È un'idea di comunità che è antica e moderna al tempo stesso. Il teatro non morirà mai finché ci saranno storie da raccontare. Però conta anche chi le racconta le storie. Pensiamo a Paola Cortellesi e la questione femminile.
Eva: La diversità inizia con la donna. Le donne registe sono pochissime sia nel cinema che nel teatro.
Veronica: Da donna è più faticoso riuscire a fare questo lavoro, questo mestiere. La donna deve sempre dimostrare di essere l'eccellenza. Sono contenta che la Cortellesi abbia fatto un film, perché una donna porta uno sguardo diverso da quello maschile. Se noi a scuola insegniamo solo intellettuali uomini a un certo punto cresco con l'idea che sono solo gli uomini che hanno fatto la storia.
Eva, lei ha fatto tanta televisione, c'è qualcuno che vede come sua erede?
Eva: Ci sono Vladimir Luxuria, Drusilla Foer, Platinette che però non sono più giovanissime. Nomi nuovi francamente non me ne vengono.
Il sesso è un altro tema discusso: ci sono molte forme di accesso alla pornografia, cosa ne pensa? I giovani sono più aperti in questo senso?
Eva: I giovani non si stanno aprendo, intanto perché stanno chiusi in casa e usano uno schermo per non avere il contatto diretto. È come il pipshow che vai, metti la monetina, si apre una cosa, vedi e ti aiuti. Quella è una forma evasiva. Poi a casa magari hanno la compagna di cui si fidano che è completamente all'oscuro di questa cosa. Anche perché dopo un po' tutte le compagne diventano delle sorte di madri verso cui si prova un rispetto enorme. Accedere a quelle cose però è una mancanza assoluta di rispetto per cui frequenti le sex worker solo quando hai bisogno.