Non compare nei top ten delle street artist italiane famose, ma i suoi colori hanno raggiunto luoghi remoti in cui imperversano guerre e conflitti. Trisha Palma è il suo nome originale, arriva dalla periferia nord di Napoli e ha dipinto in Italia, in Spagna, in Palestina. I volti di Trisha hanno i segni della lotta per i diritti umani, sono donne e uomini che fanno la piccola storia, sono gli indigeni dell’Amazzonia a cui è tanto legata. MOW la incontra a Scampia, nel suo quartiere, e con lei ripercorre la strada che ha fatto fino a oggi. Ce lo racconta in questa intervista…
«Non amo darmi un’etichetta precisa, perché è stata la scenografia teatrale a guidarmi fino a oggi. Il teatro è un’arte a 360 gradi perché comprende la pittura, la scultura… insomma, dalla parte progettuale a quella più pratica. Le scenografie sono opere concettuali, dipingere un fondale per il teatro è come dipingere un muro di grandi dimensioni, e io mi sento a mio agio davanti a un muro perché posso esprimermi appieno», Trisha Palma, 29 anni, è una muralista di Scampia. Le tele urbane di Trisha hanno colorato i muri del suo quartiere, di Napoli e di altre città del mondo, oltre che di aree remote e di conflitto. «Credo di aver dipinto per la prima volta su un muro a venti anni anche se ancora non conoscevo le tecniche e le pitture adatte per far mantenere i colori nel tempo. Quella volta, che mi pare fosse il 2015, ho dipinto una donna che aveva una testa da cui sbucavano dei rami con i fiori. Da sempre, prima ancora di dipingere su di un muro, ho sentito la connessione con la natura e il selvaggio, cioè con quel preservare ciò che la natura ci ha dato e con cui siamo un’unica entità». I volti dipinti dalla muralista di Scampia raccontano l’oppressione, l’indignazione e la lotta per i propri diritti, sono volti di donne e uomini comuni, o che hanno fatto la storia, visi di bambine e bambini. Sono i volti degli indigeni dell’Amazzonia con cui Trisha si ricongiunge in quell’amore per la natura e per i diritti umani. Julian Assange, Frida Kahlo, Michela Murgia, Matilde Serao, Fabrizio De André, Giulia Tramontano, Maradona sono solo alcuni dei murales dell’artista. Tutti gli altri ritraggono gli occhi e gli sguardi dei senza voce del mondo. «La mia espressione artistica viene dal fatto che sento la necessità di esternare le mie emozioni. Sono una persona molto empatica e mi resta addosso tutto ciò che accade nel mondo. Mi attraversa dentro e lo racconto con la pittura perché è l’unico modo in cui riesco a comunicare», conclude Trisha.