Le forme di amore col tempo si moltiplicano. A tratti la monogamia appare noiosa, troppo satura di problemi e pronta per essere soppiantata dal poliamore. Questo, almeno, è quello che si sarebbe tentati di pensare quando si pensa a Coppia aperta, quasi spalancata di Federica Di Giacomo, con protagonista Chiara Francini e tratto da un’opera teatrale di Franca Rame e Dario Fo del 1983, presentato alla Mostra del cinema di Venezia 2024. L’attrice, però, ci ha tenuto a chiarire che “il poliamore non è una soluzione”. Questo perché semplicemente non ha bisogno di esserlo: “Nessuna forma d'amore è una cura, ma un dono”. Certo è che per alcuni il poliamore funziona. Ed è stata proprio Francini a dircelo durante l’intervista, quando ha raccontato come, nel corso della preparazione del film, ha frequentato circoli poliamorosi e party “sex positive”. C’è poi l’esperienza di Carlo Consiglio, “il poliamoroso più vecchio d’Italia”, che vive con tre fidanzate. In questa forma d’amore, aggiunge, c’è il “superamento di ogni gelosia, un consenso straordinario”. Ecco la sua esperienza “da donna monogama”, nei panni di una protagonista calata in una coppia aperta, anzi, quasi spalancata.
Chiara Francini, com'è stato cimentarsi con un'opera che nasce per il teatro di Franca Rame e Dario Fo e portarla sul grande schermo?
È stato molto bello, una cosa che ho voluto fortemente. Io porto in scena questo testo da quattro anni e ha sempre toccato profondamente il pubblico. È la storia di una moglie a cui il marito chiede di spalancare la coppia per poter andare a fare i suoi comodi liberamente. Lei accetta perché pensa di non poter vivere senza un maschio o un marito vicino, ma in verità ne soffre incredibilmente. Nel momento in cui però comincia ad ascoltarsi, si innamora persino di un altro uomo, allora il marito impazzisce, capisce che la moglie non è semplicemente un oggetto immobile da tenere in salotto. E quindi mi sono chiesta: questo è un testo del 1983, che cosa è oggi, dopo 40 anni, la coppia aperta, quasi spalancata? E, un po' come una sorta di Dante e Virgilio, io e il mio compagno teatrale, Alessandro Federico, ci addentriamo in questo mondo del poliamore.
Ne avete parlato anche con chi l’esperienza del poliamore l’ha vissuta davvero, giusto?
Sì, siamo andati a parlare nei circoli poliamorosi, abbiamo conosciuto il più vecchio poliamoroso d'Italia, Carlo Consiglio, un uomo di 96 anni con tre fidanzate. Siamo andati nei party “sex positive”. Quello che abbiamo osservato con grande curiosità è il fatto che in realtà tutti noi ci sforziamo incredibilmente per acciuffarlo questo amore. È un film che ha un nucleo definito, che poi è quello dello spettacolo teatrale, ma anche che si amplia, perché riguarda tutti. Anche gli amorosi monogami cercano qualcosa che, per così dire, “basta che funzioni”.
Il poliamore secondo te è una soluzione ai problemi della monogamia?
Il poliamore non è una soluzione, è una possibilità d'amore che alcune persone ritengono sia appropriata per le proprie forme, per i propri colori. Quindi, in realtà, nessuna forma d'amore è una cura, ma sono tutte dei doni.
Ti va di raccontarci un po' di più il tuo personaggio? Che cosa anche condividi con la protagonista di questa storia e cosa invece hai faticato di più a portare in scena.
Condivido sicuramente la curiosità, questa grande voglia di esplorare la materia umana, di dialogare. In tutto il film dialogo con ragazzi molto giovani ma anche con persone anziane. È molto bello vedere come alla fine siamo tutti uguali: tutti gli esseri umani sono desiderosi di essere amati, di trovare la giusta formula, la giusta definizione, quella che tutti noi riteniamo essere la migliore. E quello mi sono trovata di fronte è questo affresco, meraviglioso, imperfetto e vivissimo che siamo.
Il concetto di gelosia che ruolo ha in tutto questo?
La gelosia è una componente costitutiva all'interno della monogamia. Al contrario, per quello che riguarda il poliamore, si mette al centro un totale consenso tra le parti, nell'ambito di quella che possiamo chiamare una “polecola”. Ovviamente nel film io porto quella che sono, ovvero una donna monogama, ma ci sono dei momenti in cui questi due cardini, il totale consenso e la mancanza di gelosia, vengono meno. Carlo Consiglio, questo anziano uomo poliamoroso, raccontava come nel poliamore lui e le fidanzate avessero totalmente superato la gelosia, come se ci fosse un consenso straordinario. Quando a un certo punto una delle tre fidanzate alza il dito e dice no, significa che il consenso non c’era del tutto.
E come è stato portare questo film a Venezia?
Bellissimo, anche perché questo è il primo film che produco con la mia casa di produzione, la Nemesis, una casa di produzione che è stata formata da quattro ragazzi che amano il teatro, amano il cinema, amano Franca Rame ed è un'emozione incredibile perché è un piccolo film che ha aperto le giornate degli autori in uno dei festival più prestigiosi del mondo. È anche il momento di godere di questo lavoro.