Anni fa, quando era ancora in vita, il buon Vittorio Zucconi, giornalista storico di Repubblica, è incappato in una situazione piuttosto imbarazzante, fossi giovane direi cringe. Volendo perculare (sì, sono giovane e dico perculare) Beppe Grillo e più in generale il Movimento 5 Stelle, ai tempi ancora ancorato al sito di Beppe Grillo stesso, si è lasciato andare a una considerazione di scherno sottolineando come quello che si vendeva come il luogo di internet più giovane e rivoluzionario, pensa te, avesse per banner pubblicitari quelli relativi alla pasta per dentiere e ai Rolex, alla faccia della coerenza. Risate di fondo, prima che Grillo gli spiegasse, non certo con eleganza, come quei banner non fossero tarati sul sito stesso, ma sulle sue ricerche in rete. Era lui quello della pasta per dentiere e i Rolex, alla faccia della coerenza. Ok, prendiamo questo aneddoto e teniamolo da parte. È arrivata quella parte dell’anno in cui Spotify pubblica i Wrapped. Sarebbero gli ascolti personali di tutti i suoi miliardi di utenti (in realtà non sono neanche seicento milioni, non che seicento milioni siano pochi, ma è per smentire certe voci impazzite), brani più ascoltati, quanti minuti passati ad ascoltare musica, cosa piace e cosa, di conseguenza, non piace. E sarebbero, giocoforza, i numeri di chi su Spotify spopola, chi ha più ascolti al mondo e anche in Italia. Così veniamo a sapere che al mondo è Taylor Swift ad aver ottenuto il maggior numero di ascolti nel 2023. Qualcosa come oltre venticinque miliardi di streams. Fossimo dei contabili, o l’Agenzia delle Entrate Americana, ora staremmo qui a farle i conti in tasca, ma ci si occupa di musica, non di numeri, qui. A seguirla, anche qui zero sorprese, Bad Bunny, seguito a ruota da The Weeknd, Drake e Peso Pluma, non conosciutissimo da noi. Come dire, pop, su tutti, poi reggaeton e urban. Così anche la classifica dei singoli più ascoltati Flowers di Miley Cyrus, Kill Bill di SZA e As It Was di Harry Styles. E anche quella degli album, con Un Verano Sin Ti di Bad Bunny, seguito da Midnight di Taylor Swift e da S.O.S. di SZA. Ancora pop, urban e reggaeton, in ordine sparso. Siamo nel 2023, ci sta.
In Italia la faccenda è un filo diversa. A sbancare è ovviamente Sfera Ebbasta, che solo col suo X2DV sta facendo numeri folli, non bastassero i lavori precedenti, seguito da Geolier, e poi da Lazza, Shiva e Guè. Tutti rapper, quindi, il resto della Top 10 vede presenti i soli Pinguini Tattici Nucleari all’ottavo posto, se no ci sono Tedua, Marracash, Capoplaza e Thasup. Tutti rapper e soprattutto tutti uomini. La prima donna per ascolti in Italia è Anna, anche lei di quel genere, seguita dalla solita Taylor Swift e quindi da Madame, che negli anni precedenti aveva invece sempre guidato la flotta femminile. I brani più ascoltati in Italia sono Cenere di Lazza, seguito Gelosa di Finesse, che vede assieme Shiva, Sfera Ebbasta e Guè, e se vi state chiedendo chi sia Finesse sappiate di essere in buona compagnia, e Vetri neri di Ava con Anna e Capoplaza. Nessuna donna, se non ospite come Anna, nel resto della top 10. Gli album invece sono Il coraggio dei bambini di Geolier, Sirio di Lazza e La divina commedia di Tedua. Anche qui nessuna donna anche nel resto della top 10, che vede alternarsi altri rapper, quali Tedua, Shiva, Thasup, Guè e il producer Drillionaire, con i poppettari Pinguini Tattici Nucleari, Marco Mengoni e Tananai. L’artista italiano più ascoltato del mondo, checché ne vada dicendo in ogni dove lei stessa non è Laura Pausini, solamente sesta di questa classifica, ma i più scontati Maneskin.
Sopra la Pausini anche Ludovico Einaudi, oltre i campioni Meduza e Gabry Ponte. Antonio Vivaldi, lì al quinto posto, fa una tenerezza che verrebbe voglia di fare una seduta spiritica per potergli dire: “Ti voglio bene, Anto’”. Nell’insieme non saprei dire se sia poi così bello essere italiani, per citare uno che fosse ancora vivo su Spotify non esisterebbe di certo, Giorgio Gaber. Quel che invece so per certo che a fronte dei numeri generali, quelli che Spotify ha reso pubblici affinché gli stessi artisti potessero farne giusto vanto sui social, in qualche modo flexando i proprio colleghi, pensate voi come si debba sentire chiunque di fronte ai venticinque miliardi di streams di Taylor Swift, ci sono i Wrapped personali, cioè gli ascolti di ogni utente della piattaforma svedese che la piattaforma svedese stessa puntualmente notifica ai propri clienti, consentendo poi loro di condividere il tutto sempre tramite social.
Ecco, quindi, un elenco spesso imbarazzante, i nomi di chi ha fatto più stream lo abbiamo già fatto, e a differenza di quel che succede in genere alle elezioni, nelle quali nessuno dichiara di aver votato chi ha vinto, qui non ci possono essere brogli o dichiarazioni di voto fittizie, Spotify canta. Certo, ci sono le bolle social, per cui nessuno dei miei contatti sembra aver ascoltato nessuno dei titoli che ho su citato, fatta eccezione per Marracash, che del rap è comunque a ragione considerato quello colto, serio, manco fosse un filosofo, ma per il resto ho visto un sacco di dischi che in realtà di numeri su Spotify ne fanno pochini, esibiti con lo stesso orgoglio con cui i reduci di guerra esibiscono medaglie e cicatrici. Da che esistono i social, va comunque notato, ci sono alcune pratiche che un tempo avremmo gelosamente tenute per noi che ci ritroviamo a condividere con gli altri con la stessa disinvoltura con cui ci si ritrova a esibire tette cadenti e palle pendule mentre si è alle Terme di Merano, dove notoriamente è proibito indossare i costumi da bagno. Così ecco che anche chi si è ritrovato, per ragione che esulano la razionalità o il senso del pudore, ad ascoltare musica decisamente di mer*a, invece di starsene nascosto sotto un cappuccio come il bambino malefico in Phenomena, il pericolo di guardarsi allo specchio, lì dietro l’angolo, stiamo a dichiararlo urbi et orbi, senza neanche la speranza che nessuno se ne accorga. Siamo, siete, perché, e qui torniamo al punto di partenza, io non uso Spotify. Non uso Spotify e più che altro non uso piattaforme di streaming per ascoltare musica. Mi fa cagare l’idea dello streaming, per la qualità bassa dell’ascolto, spesso fatto con lo smartphone, e di conseguenza della produzione, fatte pensando che poi si ascolti le canzoni con lo smartphone, e anche per l’idea che gli artisti siano i meno pagati di tutta la filiera. Quindi non ascoltando musica con Spotify non sono in possesso del mio Wrapped, e se voglio sapere che musica ho ascoltato di più e che musica in generale mi piace devo ricorrere alla memoria e più che altro alla consapevolezza di quelli che sono i miei gusti. Miei gusti che, per essere chiari, non coincidono decisamente coi gusti degli ascolti italiani, e in molti casi neanche con quelli mondiali, forse con le eccezioni di SZA, Miley Cyrus e di The Weeknd.
Trovo anche esilarante che ci sia sempre più un allarme rosso rispetto alla propria privacy, tutti a condividere quei post dementi nei quali neghiamo a Facebook il diritto di usare le foto che firmando il contratto con loro gli abbiamo sostanzialmente regalato, tutti a chiedere il diritto a un oblio digitale, salvo poi lasciare che prima un algoritmo decida cosa ascoltiamo e poi che chi quell’algoritmo usa ci sputtani allegramente facendo sapere a tutti i nostri gusti discutibili, noi lì orgogliosi a dire a tutti: “Mi piace mangiare mer*a, che ci sarà poi di male, lo fa anche quel famoso cantante”. Uso la prima persona plurale, ripeto, perché vi compatisco, non perché io sia parte del discorso. Ripeto, non uso Spotify, se volete sapere cosa ascolto sbirciate sul cruscotto della mia auto, e provate a vedere che cd sono lì sopra. So che nel dirlo sembro un boomer, come Vittorio Zucconi che perculava il se stesso che aveva cercato su Google la pasta per la dentiera e i Rolex convinto fossero sponsor del sito di Grillo, ma tant’è, meglio boomer che uno che ascolta con orgoglio musica demmer*a.