Sono giornate strane, queste, è primavera inoltrata, l’estate assai più vicina dell’inverno, ma piove che Dio (Giove?) la manda tutti i giorni, alla riscossa stupidi che i fiumi sono in piena, potete stare a galla. Per dire, nella piazza sotto casa mia, vicino a un classico parchetto con altalene e scivoli, classica per Milano, che si finge inclusiva e accogliente così, c’era un gruppetto di orientali, immagino giapponesi, così, per preconcetto, vestito da Sailon Moon. Un gruppetto composto da cinque ragazze, o sedicenti e sesenzienti tali, con un altro tipo orientale, ragazzo, che le fotografava. Ovviamente la cosa ha attirato l’attenzione dei presenti, famigliole di mediorientali che facevano giocare i bambini non ancora in età scolare, qualche anziano, alcuni dei randa, milanesismo per dire perditempo, che si sono già spostati all’aperto, incuranti del meteo. Tra questi uno con una assai eccentrica giacca multicolore, vagamente alla Elvis, che si è messo a farsi fotografare col set di Sailor Moon, serissime. Parto da questa immagine, così, a caz*o, e ci parto perché sono uno scrittore, e se sei uno scrittore, converrete, non è che tutto quello che scrivi deve essere comprensibile immediatamente, magari questa immagine sta qui perché, alla fine, si capirà che era una metafora di qualcosa, un gancio per un finale a effetto. Parto quindi da qui per raccontarvi la mia giornata particolare, particolarissima, sputata come il nocciolo di una pesca, pesca che al momento al Penny sotto casa sta tipo a nove euro al chilo, benedetto cambiamento climatico, a questi giorni strani, per non dire di merda (parlo del meteo, dell’economia, della politica interna e internazionale, dello stato di salute del pianeta, delle guerre, ci siamo capiti).
Stasera, questo obiettivo finale, ma è lo stasera di ieri, in realtà, non dell’oggi in cui sto scrivendo, né dell’oggi in cui andrete a leggere, coincidente col mio oggi in cui sto scrivendo solo se il mio pezzo verrà pubblicato in giornata, la giornata in cui sto scrivendo e avrò consegnato il pezzo, altrimenti sarà un altro oggi, e pace in Terra agli uomini di buona volontà, stasera, quindi, è il 23 maggio, così tagliamo la testa al toro che ci becca sulla schiena, Ivan Graziani santo subito, andrò a Carroponte a vedere e sentire i CCCP. L'occasione è il diciottesimo compleanno del Mi Ami che per l'occasione è lontano dall'Idroscal: auguri!! Senza che io stia qui a ripetere tutta la pappardella, ché uno dei vantaggi del web è che le parole scritte restano, nel tempo, senza ingiallire, non le parole ma le pagine, cosa significhi per me andare a vedere e sentire i CCCP, appuntamento perso trentasei anni fa, quando per amore della mia ragazza Marina, oggi mia moglie e madre dei nostri quattro figli, persi il loro ultimo concerto papabile, quello al Gratis di Senigallia, era il 1988, ecco, senza che io ora stia qui a ripetere tutta la pappardella, pappardella che stavo comunque ricominciando a ripetere, noi scrittori siamo fatti così, ci piace giocare con le parole, siamo sostanzialmente delle specie di bambinoni mai cresciuti, pagati per giocare, un po’, immagino, come quelli che devono testare i giochi per le industrie del giocattolo, o delle pornostar, ecco, senza che io stia qui a ripetere tutta la pappardella, qui trovate la rava e la fava, orribile milanesismo che mi serve solo per specificare come, rispetto ai fatti narrati, eravamo nel 1988, io, quella Marina lì, ora mia moglie e madre dei nostri quattro figli, e gli stessi quattro figli, assenti al momento dei fatti, si viva a Milano, sotto il diluvio universale. Quindi stasera, 23 maggio, sarà a Carroponte, che poi sarebbe un’area un tempo parte dell’industria Breda, metalmeccaina, ora convertita a luogo di intrattenimento e di svago, leggi alla voce concerti, la Breda lì a due metri, lo scheletro che capannone a fare da tetto, con lo stesso effetto su chi ci sta sotto, in caso di pioggia, che può fare l’abito esibito da Gigi Hadid sulle tette di Gigi Hadid, o meglio, le tette di Gigi Hadid in questa metafora sarebbero la pioggia, diciamo a chi zooma per vedere bene i capezzoli delle tette di Gigi Hadid, per poi fare altro. Un luogo indegno dello scopo che qualcuno gli ha voluto assegnare, perché, questo lo posso dire non per preveggenza, sto parlando di un “stasera” che è in realtà già avvenuto ieri sera, ricordiamolo, ci metteremo, io e mia moglie Marina, con me giusto per espiare la colpa di quanto scritto ormai qualche mese fa, leggibile al link qui sopra, ci metteremo, io e mia moglie Marina, una mezzora per arrivare fin qui da Milano, e noi abitiamo in una parte contigua a Sesto San Giovanni, perché la Breda è a Sesto San Giovanni, lo sanno anche i sassi, e un’oretta quasi per trovare parcheggio, benché noi si viva a Milano da ventisette anni, l’anno prossimo saranno ventotto, come gli anni prima vissuti in Ancona, la nostra città natale, uno scrittore sarà pur padrone di costellare i propri scritti di riferimenti autobiografici ad minchiam, per dirla col professor Scoglio?, benché noi si viva a Milano da ventisette anni certe conformazioni topografiche ci sfuggono, così abbiamo seguiti belanti Google Maps, che ci ha fatto arrivare qui da Viale Monza, poi in coda come pecore, appunto, di quelle che si mangiano nei colli reggiani dove i CCCP, al secolo Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella e Fatur sono nati, cresciuti e vissuti, ancora ci vivono, abbiamo seguito Google Maps, mentre fossimo andati diretti al Centro Sarca, che è poi un centro commerciale a due metri da Carroponte, solo posto dalla parte opposta da quella da noi percorsa, passando quindi per via Fulvio Testi, avremmo agilmente trovato parcheggio lì, senza dover lasciare, come abbiamo fatto, la macchina parcheggiata male in curva, in un luogo dove, in un mondo regolato da leggi ferree, ora io sarei in galera, senza neanche il conforto di avere la Meloni che mi viene a trovare a beneficio di camera.
Mi sono perso, e ci mancherebbe pure altro, ho fatto quasi l’una di notte, come anche la notte precedente, solo che ieri, lo “stasera” di cui vi sto parlando, l’ho fatto a Carroponte, vedendo più che ascoltando i CCCP, a chiudere il cerchio della vita cantato anni dopo quel concerto saltato per amore al Gratis di Senigallia da Ivana Spagna, che mentre io non andavo al concerto dei CCCP al Gratis di Senigallia cantava in inglese canzoni dance, i capelli gonfi di lacca, il buco nell’ozono era anche colpa sua, e le giacche da generale dell’esercito napoleonico con le spalline rinforzate (oggi canta con I Legni, un duo noto per andare in giro con due sacchetti di carta come quelli del pane, due buchi per gli occhi, ficcati in testa, vedi tu come va il mondo), ieri, lo “stasera” di cui vi sto parlando, l’ho fatto a Carroponte, vedendo più che ascoltando i CCCP, l’altro ieri, lo ieri dello “stasera” di cui vi sto parlando, in compagnia di Luca Jurman, per altro qui vicino, dove il qui sta per Carroponte, quindi Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, e il vicino è Cinisello Balsamo, dove Jurman ha appunto la sua scuola. So che potrebbe sembrare una ennesima divagazione, che poi parlare di divagazione dentro una divagazione fa quasi sorridere, sarebbe come dire che mentre avete deciso di perdervi psicogeograficamente in una città che non conoscete bene, siete a Parigi, negli anni Cinquanta, con la mappa di Londra, prendete una strada invece che un’altra, sempre divagazioni sono, ma stavolta no, non divago, perché da Jurman ci sono andato per parlare di musica, ospite del suo format su Twitch, online da qualche parte potete trovare il video della chiacchierata, chiacchierata di quasi tre ore, e mi sono trovato, toh, anche a parlare di MOW, quindi del qui e ora, perché con tempismo quasi chirurgico (lo so che non è dei chirurghi il tempismo perfetto, ma sono stanco, non dormo da giorni) MOW ha pubblicato un pezzo in cui sostanzialmente attaccava piuttosto duramente Jurman, per motivi che non condivido, perché il negare che ci siano giornali di potere mi sembra vada lievemente contro la poetica di questo sito, sparatevi un qualsiasi reel del nostro direttore Moreno Pisto per credere, e perché allestire similitudini tra l’oggi, l’oggi di Amici, questo il tema del pezzo di MOW su Luca Jurman, a firma Maria Francesca Troisi, e lo ieri, lo ieri Amici, quando Jurman era il professore di canto e a vincere erano Marco Carta e Valerio Scanu, artisti, sia messo agli atti, che mi fanno entrambi sufficientemente cagare, e specifico che non ho mai visto una puntata di Amici per intero in vita mia, è sbagliato, perché allora non c’erano i giornalisti in puntata a fare gli Amici a quattro zampe, non come giuria, e perché la discografia è arrivata proprio a seguito del successo di quei cantanti, successo che trovo incomprensibile, come l’assecondare quel successo da parte della discografia, comunque vedetevi il video, se volete saperne di più. Tornando all’oggi, l’oggi inteso come il 23 maggio, è partito con la consapevolezza che la serata sarebbe stata la chiusura di un cerchio, io e Marina a Carroponte a vedere e sentire i CCCP, riunitisi dopo trentasei anni, già esibitisi a Berlino, Scanzi riempito di contumelie, e esorditi nel tour a Bologna il 21 maggio, le contestazioni per essersi piegati al mercato ancora mi fanno sussultare dalle risate. Prima, però, e qui torniamo alla stranezza di questi giorni, è previsto che io e Luccioola, che poi sarebbe nostra figlia Lucia, si registri le prime due puntate di Bestiario Pop, il videocast che a breve troverete qui su MOW. Due gli ospiti previsti, due le puntate, i Finley e Olly. Ora, figuriamoci se spoilero qualcosa di cui sono cotitolare con mia figlia, ho spoilerato che abbiamo registrato le due puntate ieri, che poi è l’oggi che sto raccontando, solo perché sui social di MOW, e quindi sui miei, sono già girati reel e foto, io nella vita faccio altro che decidere quando spoilerare le cose che faccio, mettiamo momentaneamente da parte Olly. I Finley. Incontrare quella che è stata, e tutt’ora è, direi, la più importante band di pop-punk in Italia, assai prima di La Sad e Naska, per intendersi, lo stesso giorno in cui andrò finalmente a vedere e sentire i CCCP, che ho già incontrato a ottobre a Reggio Emilia, certo, avrete pur letto quel caz*o di pezzo, ma che non ho mai visto e sentito dal vivo, mi sembra davvero tanta roba. Sotto diversi profili, che ovviamente, spolier, ora vado a sciorinare.
Nei giorni scorsi, diciamo tra il 20 e il 22, ho letto un sacco di post di miei coetanei, prevalentemente, che su Facebook, e dove se no?, ci spiegavano, a me e al resto del mondo, i post di Facebook solitamente hanno quella attitudine lì, i marziani di Mars Attack che parlano all’umanità intera per dire loro che stanno per invaderci, dicevo, ho letto un sacco di post di miei coetanei su Facebook che ci spiegavano come noi si abbia perso. Il noi in questione è generazionale, noi che c’eravamo ai tempi dei CCCP, ci siamo ancora ma intendo quelli delle origini, gli anni Ottanta, appunto, e il si è perso è relativo al fatto che l’ideologia punk, sempre che ci sia mai stata per come noi la si intendeva allora, e soprattutto anticapitalistica, ideologia e sogno utopico finito dritto dritto nel cesso. Ho letto di molti che hanno specificato come il concerto fosse roba da vomito, tutto freddo, plastificato, una storia d’amore altissima, quasi petrarchesca, ridotta a una doppia penetrazione fatta dall’AI con le facce di Zamboni e Ferretti al posto di quelle dei protagonisti, noi nella parte dei doppiamente penetrati. Una sorta di “era meglio ammazzarli da piccoli”, dove la svolta frejusiana e ratzingheriana di Giovanni Lindo ha ovviamente un peso specifico altissimo, durante il concerto sarà quello dei quattro meno applaudito, durante la presentazione fatta dalla soubrette Annarella, o forse addirittura di “era meglio morire da piccoli”, la triste realtà di essersi svegliati tutti borghesi, la maglietta dei CCCP nascosta dentro la borsa per non passare né per nostalgici né per gente che in fondo al feticismo della merce ci ha proprio preso gusto a cristallizzare il tutto. Nessuno, credo, a ragione, ha mai applicato simili ragionamenti ai Finley. Perché tutti, a parte compagni di classe, di catechismo, parenti e vicini di casa, li conosceva prima della “cura Cecchetto”, che con Pierpa Peroni li ha sparati sul mercato come una boy band buona per fare lo spot del Kinder Pinguì, regalando loro un successo clamoroso, unica band coi Subsonica a aver vinto un MTV Italian Act a livello europeo, ma anche un destino di contumelie, il genere praticato, quello che altrove aveva Green Day, Blink o Offspring come titolari, indossato da loro innervosiva tanto quanto sentire oggi i CCCP a chi pensa che loro ci abbiano in qualche modo tradito, invece di essere noi, o meglio voi, perché io non la penso affatto così, a aver tradito noi stessi, per il solo fatto di non averci mai capito un cazzo. Nel disco dei Finley, Pogo Mixtape Vol 1, ci sono quattordici brani, alcuni ripresi dal passato, pochi in complessivo, tutti con ospiti. Tra questi, tra una Rose Villain, che ormai va via come il pane, e J-Ax, alcuni che sorprendono non poco, almeno me che sono cresciuto con quella poetica lì, ieri, l’oggi dello “stasera” etc etc, avevo una maglietta dei Misfits di Glen Danzig, per intendersi, al concerto dei CCCP una di Re Nudo, che non è che uno piscia dal culo come le galline. I nomi che sorprendono sono, a mio avviso, quello dei Punkreas, certo, quello di Divi dei Ministri, quello dei Fast Animals and Slow Kids, che però hanno da poco collaborato con Ligabue, quindi sorprendono un po’ meno. Se un tempo qualcuno mi avesse chiesto, non l’ha fatto nessuno, di pensare a una mappa della musica che col punk ha a che fare, sempre che un ragionamento del genere abbia senso applicato a un genere, mi ripeto, musicale che nell’abbattere canoni e steccati e potere costituito aveva fondato le sue sgangherate radici, avrei messo i Finley da una parte, a destra, dove ovviamente identifico il mercato, e i Punkreas a sinistra, coi Derozer, i Negazione altre belle compagnie. I CCCP, per la cronaca, come Enrico Ruggeri, e qui farò incazzare molti, lo so, ma me ne sbatto abbastanza il caz*o, sono stato punk prima di voi, li avrei messi fuori da quella mappa, proprio perché ho grande rispetto di chi è stato e tuttora è punk per davvero, cioè fottendosene delle idee di chi si crede punk, e oggi si sente tradito, o di chi si crede punk, e oggi forse realizza di essersi tradito. Oggi Finley e Punkreas, che hanno in comune anche l’origine geografica, Legnano e dintorni, cantano insieme in Pogo Mixtape vol.1, un brano, I miei amici, nel quale a vicenda si omaggiano, alla faccia di ideologie e tradimenti. Ora, lo so, qualcuno leggerà queste mie parole, tutte, come una lunga e difficilmente comprensibile provocazione (difficilmente comprensibile per questioni di sintassi, immagino, di logica, e soprattutto di contenuti), un po’ come i CCCP che, a Bologna, non hanno eseguito Io sto bene, facendo incazzare ulteriormente parte del pubblico presente (la più parte ai concerti si diverte, non caga il cazzo, sia messo agli atti), e in parte è vero. Ma nei fatti credo che sia la sola lettura possibile di questa vicenda, il ritorno dei Finley e il ritorno dei CCCP, gli uni che non si sono mai sciolti, seguite la puntata di Bestiario Pop in cui si racconteranno a me e Luccioola per credere, gli altri ritornati dicendo che non si sarebbero mai rimessi a suonare, niente reunion, e ora eccoli lì sul palco del Carroponte a fare, quasi in chiusura, proprio Io sto bene, per il giubilo di tutti i presenti.
Presenti che, leggo sulle cronache, comprendono anche giovani e giovanissimi, ma io che sono arrivato mentre il concerto partiva, maledetto parcheggio introvabile, dietro il mixer ho visto solo miei coetanei, alcuni rimasti clamorosamente impigliati negli anni Ottanta, a un certo punto uno è caduto di testa dalla transenna dove era seduto, complice uno, due, tre Plagil, immagino, facendo sbroccare un tipo della Security grande come mezzo Carroponte e transustanseazione del concetto “grande, grosso e coglion”, lì a dire che eravamo tutti eroinomani. Un bel pubblico, sia chiaro, che ha cantato ogni singola canzone, pogato quando serviva, gridato alla Palestina Libera, fischiato un po’ Giovanni Lindo Ferretti quando è stato il momento di farlo. Un concerto perfetto, tutto suonato da una band che un tempo non ci sarebbe stata, altra faccenda che ha fatto gridare molti al tradimento, gli stessi che poi però cantavano in coro con GLF “produci consuma crepa”, la t-shirt dei CCCP nello zaino, comprata direttamente dalle mani di Caterina Zamboni, allo stand del merchiandising. Zamboni, a proposito, oggi suona da Dio. Ricordo, e questo è ovviamente il momento in cui flexo, il primo di due, spoiler, quando nella sua casa sui colli reggiani ho ascoltato in anteprima Sorella Sconfitta, stesi su un prato vicino a quello che un tempo era un ovile, lui a dirmi “riprendendo suonare avevo paura di non avere più la manualità per farlo, perché oggi lavoro la terra”, me a pensare, “non hai mai avuto manualità nel suonare, eri famoso per quello”, oggi a dirmi che è uno splendido chitarrista, come splendidi sono tutti, a partire dal meloniano ratzingheriano Giovanni Lindo Ferretti, lì a cantilenare, evocare, proclamare testi sempre attuali, in alcuni casi attualizzati, Fatur l’artista del popolo, come sempre mezzo nudo nonostante un maggio non esattamente mite, i nostri piedi infangati per la pioggia del pomeriggio, Annarella sempre stonata come una campana ma assolutamente a fuoco. Un gran concerto, sia chiaro, di quelli che, altro momento in cui sto per flexare, mi ha fatto venire in mente che quando da ragazzo, cioè quando ho perso quello che sarebbe stato l’ultimo concerto dei CCCP, poi solo Melpignano e l’Unione Sovietica, per amore, frequentando centri sociali, i primi nati nella mia Ancona, e poi altri luoghi di resistenza e controcultura, chitarrista di una band hardcore, gli Epicentro, spesso ero considerato l’anomali. Avevo i capelli lunghi fino al culo, praticamente ero il sosia di Kim Thayl dei Soundgarden, più volte scambiato per lui a Bologna, zona Isola nel Kantiere, vestivo anche abbastanza normale, per quei luoghi, maglioni, pantaloni stirati, una volta sono andato a una jam rap con uno spolverino e non mi hanno fatto entrare. Andavo alla messa, Giovanni Lindo levate, figlio di un diacono, leggevo un fottio di libri. Dicevo di credere nella rivoluzione, e ci credevo davvero, ma per gli altri ero sempre un po’ troppo borghese. Cosa che mi è poi successa anche quando sono cresciuto e sono diventato scrittore, Nanni Balestrini poeta del Gruppo 63 e fondatore di Potere Operaio, mio pigmalione, a dirmi che avevo tradito tutto firmando con Mondadori. Ecco, ripenso a quello, e vedo che fine hanno fatto un po’ tutti, non Nanni, che è morto, sia chiaro, ma prima di morire ha pubblicato anche lui per il gruppo Mondadori, chi è finito nella pubblica amministrazione, chi in aziende multinazionali, io mi faccio i cazzi miei, guardando al sistema con scherno, godendo dell’aver sentito, ma non visto, ero troppo lontano per vedere poco più che miniature, i CCCP lo stesso giorno in cui ho intervistato i Finley, volevo fare la rivoluzione per il momento faccio movimento per il movimento, per dirla con Militant A.
Poco dopo aver visto le cosplay di Sailon Moon nella piazza sotto casa mia, e soprattutto il randa che ci si è fotografato insieme, randa sì, ma con lo smartphone, le cosplay se ne sono andate, credo a un qualche raduno da quelle parti, mentre il randa si è riappoggiato su una panchina, qualche cartone di vino non esattamente di prima fascia ai suoi piedi. Il tempo di sedersi che una auto della polizia è entrata nella piazza, questa è l’idea del questore per tenere a bada il pericolo sicurezza, piazzare auto della polizia al centro di piazze pedonali, dove i bambini giocano, fuck the police, rappavano Eazy-E e Ice Cube, ai tempi. La prima cosa che i policeman fanno, ovviamente, è andare dal tipo con la giacca eccentrica e perquisirlo, davanti ai bambini, un po’ meno divertiti di prima. Non tutto è cambiato, in questi quasi quarant’anni, quelli che hanno visto i CCCP riformarsi a mio beneficio, i Finley nascere, crescere, incontrarsi, mettere su la propria band e continuare a suonare, oggi fuori con un album che li vede giustamente riconosciuti per quello che sono, una band pop-punk coi controcazzi. A tutti quelli che si sono sentiti traditi, temo, è invece rimasta un’erezione triste, succede, Gigi Hadid e la sua mise trasparente sul red carpet di Cannes potrebbe aiutare, in questo.