Come si cambia per non morire, per ricominciare, canta Fiorella Mannoia. In un certo senso Dreams di Michel Franco, presentato quest’anno in anteprima mondiale a Berlino e arrivato anche alla Festa del cinema di Roma, parla di questo. Ancora una volta. Di persone che vogliono inseguire un sogno, esseri umani con in testa il desiderio di modificare quell’idea di vita che qualcuno, da qualche parte, forse il destino, sembrava aver deciso per loro. Il cinema di Franco è una lente straordinariamente semplice, ma non “semplicistica”, con cui guardare le vite scorrere. E mai semplicistico dovrebbe essere il modo di studiarlo, il suo cinema, che assomiglia a un discorso diretto. Da Sundown a Memory, passando per i titoli negli anni dell'esordio, non siamo nelle terre di The Butterfly Effect, non ci siamo mai stati, e neppure negli ambienti di Final Destination o in uno strano gioco alla Mr Nobody. Non serve la fantascienza quando è la vita, a volte, a farci credere che non sia neppure ipotizzabile quello che vediamo. Tanto, a volte, tutto è ingiusto, folle, incasinato. E allora si passa a ricostruire, ripensare, rivivere da capo. Immaginarsi altrove. Fernando Rodríguez (Isaac Hernàndez) le idee chiare le ha. Il protagonista di Dreams sogna. Vuole ballare, vuole volare via dal Messico e con quegli occhi guarda lei, una ricca filantropa di San Francisco, Jennifer McCarthy (Jessica Chastain) e gli pare quasi di scorgerla la strada, di averla la soluzione. Sembra avere i capelli rossi, è Jennifer, è il futuro che cercava. Nei film di Franco e in Dreams torna quel suo “nuovo ordine”, una simmetria di silenzi, vaste inquadrature di ambienti, da lontano, da vicino, spazi interni svuotati dalle persone che se ne vanno, attraversati dalla violenza che grida tra le scene, scene che risentono di uno sguardo freddo, presente, analitico. Ma quindi, pensando ai “suoi” esseri umani felici-infelici, per Michel Franco, la famosa frase che i grandi non si stancano mai di ripetere ai più giovani ossia “se vuoi, puoi” è vera? E soprattutto, l'ambizione, l'opportunità, la passione possono davvero cambiare la nostra storia?
Michel Franco. Nuevo Orden, Las hijas de Abril, anche nel tuo ultimo film Dreams si torna a parlare di classi sociali. Ma noi siamo destinati a rimanere dove siamo nati oppure davvero “i sogni” e le opportunità possono cambiare la nostra storia?
Ma io voglio pensare che ci sia sempre la possibilità di cambiare, di vivere qualcosa di diverso. Come vediamo anche Fernando, il protagonista di Dreams, che insegue il suo sogno, attraversa la frontiera per cercare una vita migliore, assolutamente io penso che ci debba essere sempre speranza. Nei miei film, come quelli che ha citato, voglio però anche mostrare quanto sia difficile, non voglio avere una narrativa, diciamo, semplicistica della situazione, voglio mostrare quali sono le sfide, le difficoltà che una persona incontra nell'affrontare questo percorso. Ciò che è centrale e importante per Dreams e anche per tanti altri film è quindi rappresentare quali sono le sfide che la realtà e la vita stessa ci mettono davanti. Il fatto che comunque ci sono delle ingiustizie molto profonde nella società e tutto questo anche semplicemente per il fatto che non viviamo e non nasciamo tutti nella stessa situazione, nel film vediamo il personaggio interpretato da Jessica Chastain come semplicemente privilegiato perché nata dall’altro lato della frontiera in una famiglia molto ricca.
Dicono spesso ai giovani, anche agli appassionati di cinema, la famosa frase: “Se vuoi, puoi”. Ma è davvero così?
Sfortunatamente, purtroppo, devo dire che questa non è la realtà, non del tutto e rispondo da messicano dove per esempio nel mio Paese c’è un sistema socioeconomico che sembra mettere molti limiti. Non basta impegnarsi tantissimo perché c'è una sorta di barriera che sembra proprio disegnata, strutturata in modo tale da bloccare e da non per forza facilitare coloro che hanno magari delle capacità eccezionali, perché bisogna semplicemente avere anche la fortuna di poter raggiungere alcuni obiettivi. Non è giusto pretendere dai giovani di avere capacità così straordinarie, le persone dovrebbero semplicemente avere migliori opportunità, credo.
In Dreams tornano grandi momenti di silenzio, con distacco quasi chirurgico assistiamo allo svolgersi degli eventi. Sono tante le scene in cui i due protagonisti di fatto non parlano. Che ruolo ha il silenzio a livello narrativo nel suo cinema e in quest'ultimo film?
Penso che il silenzio possa esprimere più di quanto possano farlo le parole, questa cosa vale anche per le immagini. Credo che non ci sia un cinema più, diciamo, pigro di quello che racconta tutto con le parole. La cosa migliore di lavorare con attori come Tim Roth o Jessica Chastain è quello di potersi tranquillamente lasciare nelle loro mani perché possano esprimere tutte queste sottigliezze con movimenti e con scelte fatte da loro, non solo tramite le parole. In Dreams c’è anche l’aspetto della fisicità sia nel balletto sia nelle scene intime che anche lì esprime più di quanto si possa fare a parole.