Mentre sui giornali di tutto il mondo si rimbalza la notizia della apparentemente preoccupante visita di Putin a Pechino, accolto come ospite d’onore del presidente cinese Xi Jinping, e soprattutto accompagnato da due ufficiali di fiducia con in mano le valigette contenenti i codici di lancio per i missili nucleari (tenute evidentemente sempre a disposizione, che in caso “non si sa mai”), nella sua patria, la Federazione Russa, la rottura con l’Occidente, oltre che politica, economica e ideologica diventa anche culturale e sempre più definitiva. Dopo i problemi con la trasmissione delle occidentalissime pellicole di Barbie e Oppenheimer che erano state definite come “non in linea con i valori spirituali e morali della Russia”, e ne era dunque stata ostacolata la circolazione e promozione nei cinema, ora ci si scaglia contro le lingue straniere, e in particolar modo contro le lingue occidentali, quali inglese, francese e tedesco. Pur essendo materie di studio su tutti i livelli di istruzione, dalla scuola elementare, fino alla undicesima classe, che corrisponde al nostro liceo, dal 18 ottobre 2023, le lingue occidentali non sono più ritenute utili per lo sviluppo e per la formazione dei giovani russi e dunque non verranno più valutate nelle prove nazionali invalsi. “Non condurremo più prove invalsi sulle lingue straniere. La decisione è stata presa e consolidata.” ha infatti dichiarato Anzor Muzaev, presidente del Rosobnadzor (Ente federale per la supervisione nelle sfere di Istruzione e Scienze) come riportato anche da Tass. Già a maggio 2023, il portavoce del parlamento russo Vjačeslav Volodin, si era espresso contro lo studio della lingua inglese, che era stata definita “lingua morta” e “inutile per gli scambi internazionali”. Ora, con le nuove disposizioni, la cesura col mondo occidentale diventa ancora più marcata, dato che si esorta piuttosto a puntare sullo studio delle lingue nazionali della Russia, e soprattutto, ma non dovrebbe sorprendere, sulla lingua cinese. È la Cina infatti il partner economico e commerciale più importante, ed è verso Oriente, quindi, che la Russia si vuole rivolgere da ora in avanti, lasciando da parte qualsiasi futura possibilità di fare affari o scambi culturali con Paesi anglofoni, francofoni e germanofoni, o forse volendo esagerare, con tutto il mondo occidentale, essendo inglese, francese e tedesco tra le lingue più usate per fare affari, nonché le lingue parlate da tre quarti del pianeta.
Era dai tempi della dell’Unione Sovietica e del muro di Berlino che i rapporti culturali con l’Occidente non si facevano così glaciali. Se durante gli anni dell’Urss le lingue straniere, e in particolar modo l’inglese, erano poco studiate e il livello di conoscenza medio era basso e soprattutto passivo, anche vista l’impossibilità di fare scambi e viaggi-studio all’estero per i cittadini sovietici, essendo di fatto vietato viaggiare all’estero, oggi, nel 2023, sembra di far un salto indietro nel tempo e tornare a quegli anni. Proprio gli stessi anni in cui decine di poeti, scrittori, artisti e intellettuali fuggivano in Occidente come dissidenti, cercando un rimedio alla censura sovietica, che impediva loro di scrivere, comporre, ballare e soprattutto pubblicare liberamente. Tra i tanti e celebri dissidenti, ricordiamo per esempio Boris Pasternak, che proprio in Italia pubblicò per la prima volta il suo grande romanzo Il Dottor Zivago con Feltrinelli, riuscendo a spedire clandestinamente il manoscritto, senza mai lasciare i confini dell’Urss; oppure il noto caso di Aleksandr Solzenicyn, che pubblicò a Parigi il suo Arcipelago Gulag, romanzo d’inchiesta che denunciava le repressioni di Josip Stalin e il trattamento dei detenuti nei campi di lavori forzati sovietici; e poi ancora il celebre regista Andrej Tarkovskij, che dopo il successo internazionale e il trionfo al Festival del cinema di Venezia con L’infanzia di Ivan nel 1962, venne anch’egli censurato in patria, e si rifugiò per un periodo tra Italia, Francia e Svezia, e come lui il grande ballerino Rudolf Nureyev rifugiatosi a Parigi, dopo aver chiesto asilo politico alla Francia. E molti, moltissimi altri. Tornando invece all’oggi e al disinteresse per le lingue occidentali, si può dire che, se mai fosse esistita la mitica Torre di Babele, essa sia definitivamente crollata, e da ora in poi, noi occidentali, con i russi, saremo destinati a capirci sempre di meno, e soprattutto, così sarà per le generazioni future, dato che anche uno strumento inoffensivo come la lingua, tra i valori culturali più importanti e cruciali per l’autodeterminazione dei popoli, purtroppo, verrà sempre più politicizzata. «Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro…» (Genesi, XI).