Gli Wrapped di Spotify hanno raggiunto anche gli smartphone degli abitanti di Rovereto, in provincia di Trento. Ma quelle persone, quando la musica si fa interessante, possono contare anche – i più appassionati direbbero “soprattutto” – su Giuliano Lott. Che non è un algoritmo, ma un essere umano con tanto di biografia e negozio. A Rovereto (una cittadina di circa 40mila abitanti, “un bel mix di cultura veneta e austro-ungarica, contiene elementi di entrambi i mondi”), Lott è proprietario di Velvet (music experience), luogo di suoni e incontri dove negli scorsi mesi sono anche passati Flavio Ferri (Delta V) e Cesare Malfatti (La Crus). Ed è su questa “experience” – leggi anche “listening experience” – che vogliamo puntare i riflettori. Il rapporto fra Lott e la musica inizia molto tempo fa (“da quando ho memoria”). Giornalista, la musica l’ha anche fatta (i crediti recitano: voce, piatti e ocean drum) con Aviolinee Utopia, band prog anni ’90 che con l’omonimo album vinse il premio Darwin come miglior disco progressive italiano del 1997.
Giuliano Lott, partiamo da Velvet, negozio fisico nell’era della musica liquida.
Il negozio ha aperto il 24 settembre del 2022, il giorno del mio cinquantaseiesimo compleanno. Sono stato giornalista per 30 anni, a un certo punto il nostro editore, da un giorno all’altro, ha chiuso il “Trentino”. Mi sono trovato letteralmente a piedi. La cassa integrazione mi ha convinto che non avrei potuto fare il giornalista per una dozzina d’anni ancora, il mestiere è cambiato troppo rispetto a quando ho iniziato. Allora ho pensato di realizzare un sogno. Già quando ero al “Trentino” mi ero inventato i “Salotti urbani”, un format, che ho portato sia a Rovereto che a Trento, che prevede la scoperta e l’approfondimento di un determinato tema attraverso l’ascolto dei dischi. Funziona così: io scendo in strada con un paio di casse e un giradischi e mi metto a raccontare una storia. La gente si siede, si fa un aperitivo e io per un paio d’ore narro le storie dei musicisti e tutto ciò che ci sta attorno. Quest’anno, per dire, ho omaggiato tre illustri defunti: Ryūichi Sakamoto, Wayne Shorter e David Crosby.
Scrivevi solo di musica quando eri al “Trentino”?
Ho iniziato la mia carriera lavorativa scrivendo di musica, concerti, spettacoli, poi sono passato alla nera e alla giudiziaria, il modo migliore per entrare nell’organico di una redazione.
Velvet come scelta del cuore. Ma hai colmato un vuoto o c’era già qualcosa di simile dalle tue parti?
A Rovereto, quando ho aperto, c’era Diapason, l’ultimo baluardo fisico della zona. Sono subentrato in affitto, ci ho investito la liquidazione e così è nato Velvet (music experience). Dischi nuovi, usati e accessori per la pulizia dei vinili.
E la listening experience.
È il tentativo di narrare la musica attraverso la musica, attraverso l’ascolto dei vinili (ma se ci sarà l’occasione suonerò anche cd, non è una questione di formato). Ci troviamo verso le nove di sera, io introduco il disco e poi parte il viaggio. Il ciclo di appuntamenti ha preso il via all’inizio del 2023. Finora è stato un successo.
Suona come un’esperienza immersiva. Quasi carbonara.
Ci troviamo in un piano interrato, siamo un po’ nascosti, ma il negozio da fuori è ben visibile. Bisogna prenotarsi, i posti non sono tanti. Chi viene, alla fine esce sempre soddisfatto. Ascolta un album importante su un impianto come si deve e a un volume adeguato (potrei anche dire “alto”, devo ringraziare i vicini, complici e comprensivi). Di certo non si tratta dell’ascolto distratto di ogni giorno. Non propongo un sottofondo, concedo alla musica (e all’ascoltatore) la possibilità di essere protagonisti. L’experience, in sostanza, è duplice: da una parte l’esperienza personale che ci metto, dall’altra l’esperienza vera e propria, intesa come avvenimento da esperire, quella che fa un ascoltatore immergendosi in un flusso sonoro non interrotto, corrotto, disturbato da altri elementi. Credo che il supporto fisico sia la base per un ascolto attento.
La lista dei dischi ascoltati è impressionante: “classico dopo classico dopo classico…”
Finora abbiamo ascoltato The dark side of the moon dei Pink Floyd, If I only could remember my name di David Crosby, Something/Anything di Todd Rundgren, Transformer di Lou Reed, Screamadelica dei Primal Scream, The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars di David Bowie, Remain in light dei Talking Heads, Steve McQueen dei Prefab Sprout, Before and after science di Brian Eno.
Prima hai nominato anche i famigerati cd, segno che non ti fai troppo impressionare dalla retorica del vinile che è “senza il minimo dubbio” meglio del cd.
Se oggi dovessi iniziare una collezione comprerei i cd: qualità d’ascolto eccellente e prezzi bassi. Certo, non sono un oggetto d’affetto quanto i vinili, ma sono il modo migliore per ascoltare la musica bene senza svenarsi. E poi il catalogo è sterminato. Con pochi soldi ci si può costruire una collezione importante.