C’era una volta il western. C’era una volta il cinema tra John Ford e Sergio Leone. Un tempo questo era il cinema: l’epica polverosa, i duelli al tramonto, l’uomo solo contro il destino. La massima espressione sullo schermo di un linguaggio che oltre cinquant’anni fa doveva ancora “inquadrarsi”. Che fare? Che film? Ford lo diceva sempre: “Se sei in dubbio sul da farsi, gira un film western.” E pare che questo vecchio consiglio da parte del più grande di tutti, il regista di Ombre Rosse e Sentieri Selvaggi, sia stato riscoperto oggi. Sì, anche nel 2025. Basta guardare Cannes, dove in programma c’è il nuovo film di Ari Aster, Eddington, un horror psicologico dalle tinte western ambientato in una cittadina sospesa nel tempo e nello spazio, tra campi sterminati e presenze inquietanti. La trama? Da A24: “Nel maggio del 2020, un confronto tra lo sceriffo di una cittadina (Joaquin Phoenix) e il sindaco (Pedro Pascal) accende la miccia in una polveriera: a Eddington, New Mexico, i vicini si ritrovano l’uno contro l’altro”. Il west qui è un pretesto visivo: tutto è desaturato, lunare, disturbante. Un western? Sì. Ma anche no. Poi c’è Americana, in uscita nei prossimi mesi, con Sydney Sweeney nel ruolo di Penny Jo Poplin, cameriera di un ristorante di provincia e aspirante cantautrice fissata con Dolly Parton. Il film, diretto da Tony Tost (Damnation), preannuncia una storia moderna ma con l’estetica dei grandi spazi western: una piccola città del Texas, un oggetto rubato, e un mucchio di personaggi loschi. In generale, se il western sembrava confinato a pochi autori coraggiosi (i fratelli Coen, Tarantino, l’ultima stagione buona di Westworld), tra il 2023 e il 2024 c’è stato un vero e proprio ritorno — o almeno un revival estetico. Si pensi a The Power of the Dog (più psicologico che western), The Harder They Fall su Netflix (tarantinata afroamericana con stile e pistole), o Old Henry, la storia di un uomo “pacato” con un ritmo da tempo sospeso.
Il western oggi è ancora più un genere contaminato. Anche se in fondo lo è sempre stato. Si è sempre lasciato attraversare: dal noir, dal melodramma, dal revisionismo, dalla fantascienza (Westworld, appunto). Ma nel 2025 il western sembra trasformarsi in qualcosa d’altro, più sfaccettato, più onirico e meno codificato. Non è più il racconto di frontiera, ma la frontiera stessa che si dissolve. Tra i casi recenti c’era anche il western queer di Pedro Almodóvar, Strange Way of Life, corto che metteva in scena due cowboys (Ethan Hawke e Pedro Pascal, ancora lui) che si ritrovano dopo anni, e si amano forse ancora, ma col fucile puntato. Più Brokeback Mountain che Il buono, il brutto e il cattivo. Un western che prende la sua mascolinità e la smonta pezzo per pezzo, con un’estetica kitsch e sognante. In fondo il western ha sempre parlato d’uomo. Ma oggi è un uomo diverso. L’eroe solitario di Leone ha lasciato il posto a personaggi sfiniti, spesso perdenti, spesso confusi. Eddington ne è l’esempio perfetto: una frontiera mentale, più che fisica. Un west in cui il vero nemico è l’inconscio. Quindi, sono tornati i western? Forse sì. Ma sono strani, inquieti, impuri. E proprio per questo, più veri che mai. E se un tempo il western era il genere che inquadrava la realtà per smontarla e ricomporla in azioni, sguardi e polvere sullo schermo, oggi — in un mondo sempre più sfuggente e difficile da capire — anche il western non può far altro che riflettere questa complessità. O, almeno, provarci.

