A distanza di sedici anni dalla sua pubblicazione, Fabri Fibra tira fuori una nuova versione di In Italia, intitolata per l’occasione In Italia 2024. Partiamo da qui. Due informazioni dentro la stessa frase, certo articolata, due informazioni che guardano in direzione opposta, come se fosse lo sguardo di uno strabico. Primo, l’idea di sbattersene per una volta degli anniversari, e tirare fuori la versione aggiornata di un brano senza che ci sia una cifra tonda di mezzo, bene. Però, d’altra parte, il mettere a fianco al titolo l’anno di pubblicazione, rendendo il tutto datato, laddove, credo, l’idea fosse proprio quella di dirci come quella canzone già sedici anni fa ci diceva qualcosa di attuale anche oggi, certo, in necessità di aggiornamento. A quella prima frase, poi, manca un dettaglio che giornalisticamente un dettaglio non è, ma io non sono un giornalista, e qualcuno della redazione avrà ben pensato di mettere questo aspetto nell’occhiello, a beneficio delle logiche Seo, cioè il fatto che laddove un tempo c’era Gianna Nannini a intonare il ritornello e la parte quindi melodica, una sorta di Walk This Way in salsa tricolore, Fabri e la cantautrice senese al posto di Run Dmc e Aerosmith a traghettare nel mainstream un brano assolutamente ascrivibile alla cultura hip-hop, stavolta troviamo Emma, con l’aggiunta di un artista come Baby Gang, chiamato proprio in rappresentanza della nuova generazione di rapper, e che rapper. Giustizia giornalistica è fatta, andiamo al dunque. In Italia 2024 è una ottima canzone. Lo era anche nel 2008. Fabri Fibra è ormai un grande classico, lo sa, pur essendo divenuto sentimentale, succede sempre a chi invecchia, mantiene ancora i canini appuntiti, le unghie lunghe, capace di mordere e graffiare come pochi, il suo sguardo disincantato quasi rasserenante rispetto al nichilismo depresso e senza ironia che spopola oggi. Emma è stata indicata negli anni come l’erede della Nannini, vuoi per la voce graffiante, vuoi per una certa attitudine rockeggiante, pur nell’alveo del pop, sostituire l’una con l’altra ci stava alla perfezione, senza andare a perdere nulla dell’originale, anzi, staccandosi del tutto da quella Radio baccano, dove al posto di Fibra c’era Jovanotti, con quindici anni di meno sul calendario, a sua volta lì a provare a prendere il posto della già citata Walk This Way. Baby Gang, vuoi per la sua capacità di lavorare fluidamente sulle rime e le barre, vuoi per il suo vissuto decisamente cinematografico, i processi, le condanne, quella seconda generazione da noi ancora fonte di notizia, è un nome che chiunque abbia sale in zucca vorrebbe oggi al suo fianco, anche chi, come Fabri Fibra, è già di suo un blockbuster. Di fatto la canzone c’è. Nel senso che ha tenuto perfettamente l’incedere del tempo, sedici anni, oggi come oggi, sono una sorta di eternità, qualche era geologica concentrata in pochi anni. Tanto più che è vero che dal 2008 a oggi non ci sono stati nuovi generi a fare irruzione, come invece era successo fino a pochi anni prima, ma è pur vero che la velocità con cui si è abbandonato il supporto fisico, nel 2008 ancora presente, seppur messo in pericolo dal file sharing, e soprattutto si è cambiato strumento principe con cui la musica viene ascoltata, ormai lo streaming, specie per i giovani, passa quasi tutto dallo smartphone, ha decisamente influito sulle produzione musicali. Per intendersi, Spotify e le app di streaming, assai più degli stereo e anche degli iPod, hanno influito sulla discografia anche in fatto di suoni, di produzioni, di modalità di immissione delle canzoni sul mercato, di qui guardare al 2008 e mettersi quasi gli abiti havana dell’archeologo alla Indiana Jones è un tutt’uno.
Quindi, nonostante In Italia arrivi da qualche era geologica fa, regge benissimo l’incedere del tempo. Sia da un punto di vista compositivo, del resto richiamava a sua volta già in origine un classico del pop rock, o del rock pop, fate voi, la We Will Rock You dei Queen, sia da quello della contemporaneizzazione del brano, possibile senza dover star lì a fare miracoli. Come dicevo, Emma fa Gianna Nannini alla perfezione, il che potrebbe aprire discorsi interessanti sul suo futuro, più che sul suo presente, e le rime rimaste inalterate, quelle dell’intro di Fibra, per dire, a parte un riferimento che risulta un tiro mancino all’essere campioni del mondo, sono ormai anni che non andiamo ai Mondiali, per il resto ci sta bene tutto. Baby Gang, è lui stavolta a vestire i panni del villain, quello che ai tempi di Bugiardo, album che conteneva la prima versione del brano, ma anche di Tradimento, per non dire ancora prima di Mr Simpatia, era proprio di Fabri Fibra, ha il compito di mettere sul piatto la destra al potere, il razzismo che, se possibile, si è fatto ancora più aspro e presente, il carcere e le condanne evocate senza manco girarci troppo alla larga, passaggio di consegne che fatichiamo quasi a prendere sul serio, Fabri Fibra è vivo e vegeto, un monolito che fosse vivo Kubrick, citato proprio da lui stesso nel brano, ci farebbe l’incipit di un suo classico. Fibra non deve dimostrare niente, mica a caso può citare Stefano Cucchi in scioltezza, colpendo come una pacca di Cannavacciuolo sulla schiena di un concorrente di MasterChef, di più, come un colpo dato infido da un secondino, senza occhi indiscreti a guardare la scena. Una canzone che oggi come allora arriva al punto, anche se allora risultava quasi straniante, la Gianna Nazionale a duettare con un mezzo demonio come lui, così era considerato ai tempi, oggi quasi qualcosa storicizzato e storicizzabile. Mica è un caso che nel 2008 a fare da contraltare alle parole del brano ci fossero delle immagini in bianco e nero che arrivavano dritte dritte dal cimitero del Verano, a Roma, epiche, classiche, ma con quel retrogusto di morte, oggi il nuovo video ancora non è uscito…
Chi scrive, per altro, cioè io, è stato coinvolto ai tempi da Paola Zukar e Cosimo Alemà, rispettivamente manager di Fibra e regista del video, al making of del tutto. Ai tempi stavo lavorando con Ambra al programma Stasera Niente Mtv, a Milano, come autore e capoprogetto. Mentre ero sul set mi arriva una chiamata di Paola che mi dice che vorrebbero Ambra per l’intro del video. Un cameo, mi dice, perché il video del brano, nessuno sapeva ancora della presenza di Gianna Nannini (nel disco il brano vedeva Fibra in solitaria), sarà tutto girato altrove. L’idea è che Ambra debba vestire i panni di una psicologa, che analizza Fibra. Ho già raccontato questa scena nel libro che ho dedicato al rapper mio compaesano, io di Ancona, lui di Senigallia. Organizziamo la cosa e Fibra viene negli studi di Mtv di Via Belli per girare la scena, in un camerino trasformato per l’occasione nel finto studio psicologico. Ambra deve dire un paio di battute, che poi verranno così bene da indurre il regista a farne anche una outro, stavolta con Fibra nei panni dello psicocologo e Ambra in quelli della paziente. Nel presentarsi, Fibra e Ambra non si conoscevano, il rapper dice una frase che mi è sempre parsa mitica, che ora riporto: “Ah, non hai le tette. Sono contento, perché mi avrebbero distratto”. Parola più, parola meno. Approcciare così con una come Ambra, ho sempre pensato, ha del situazionista, perché Ambra è sempre vissuta davanti alle telecamere, da che era ragazzina, e solo un folle come Fibra poteva non tenerne conto. Evidentemente, però, distrazione non ce n’è stata, perché le scene, intro e outro, sono state portate a casa senza alcun problema. Non so se il video di In Italia 2024 è già stato girato. Né se lo girerà ancora Cosimo Alemà, come allora. So però che Paola Zukar è ancora al fianco di Fibra. Io ve la butto lì, recentemente ho fatto una bella intervista a pranzo con Emma, la trovate qui (inserire link del video dell’intervista). Con Emma ci siamo in qualche modo rappacificati dopo anni passati a distanza. Abbiamo anche fatto mignolino mignolino, a un certo punto, potete vederlo. Se mai a Fibra servisse, dubito, hanno duettato insieme, la mia mediazione per la sua presenza sul video sono disponibilissimo. Bianco e nero o a colori che sia. Credo di distrazioni stavolta potrebbero essercene, ma sono passati sedici anni, Fibra è ormai, come me, un uomo di mezza età, spero abbia imparato a controllare gli ormoni. Il mio numero ce l’avete, fate voi.