“Film complottista”, “il film che non vogliono farvi vedere, “trumpiano”, “conservatore”: di Sound of freedom: il canto della libertà si è detto di tutto. Il nuovo film con Jim Caviziel (già protagonista de La passione di Cristo e presente in un capolavoro come La sottile linea rossa) e prodotto da Mel Gibson ha creato il caos negli Stati Uniti al momento dell’uscita nel luglio 2023. Il film ha riscosso successo in fasce “eterogenee” di popolazione, coinvolgendo religiosi, complottisti come QAnon. Sound of freedom è tratto da una storia vera, quella di Tim Ballard: ex agente dell’Fbi, Ballard lasciò i corpi federali per dedicarsi a tempo pieno alla lotta contro il traffico di bambini, diventando però un simbolo piuttosto controverso. Se da una parte, infatti, Ballard ha sicuramente salvato delle vite, dall’altra i suoi modi eccessivi e fuori dalle procedure tradizionali lo hanno esposto ad alcune critiche. Il film, comunque, è stato un enorme successo negli stati Uniti. La scia di polemiche che si è portato dietro, quindi, sembra aver funzionato come campagna pubblicitaria. Ma perché Sound of freedom è diventato un caso e perché anche super ricchi come Donald Trump ed Elon Musk lo hanno elogiato?
Una produzione lunga
La nascita di Sound of freedom: Il canto della libertà risale al 2015, quando il regista Alejandro Gomez Monteverde fece le prime stesure della sceneggiatura. A occuparsi della produzione avrebbe dovuto essere la 20th Century Fox, che poi venne acquisita dalla Disney, la quale sospese il progetto. Nessuno, quindi, sembrava disposto a voler riprendere in mano la pellicola. Disney, Amazon Prime e Netflix: tutte si tirarono indietro. In questo vuoto di potere si fece avanti la Angel Studios, un oggetto ambiguo nel panorama cinematografico americano.
La Angel Studios, tra religione e complottismo
A capo della casa di produzione ci sono i fratelli Harmon, provenienti da una famiglia di mormoni fortemente religiosa e molto ricca. Angel Studios è l’erede di un precedente progetto, VidAngels, nota per aver pubblicato sui propri canali film di cui non possedeva i diritti, censurando però le scene violente, di nudo o sessuali. Una linea editoriale “puritana” che l’ha condannata ad anni di battaglie legali con i proprietari dei diritti. Poi, con Angel Studios, i fratelli cominciarono a produrre in proprio. Organizzarono il loro business tramite crowdfunding, convincimento di piccoli finanziatori e rendendo partecipi i normali cittadini delle imprese della casa di produzione. Anche Sound of freedom, infatti, esiste grazie alle numerose raccolte fondi lanciate.
Il pubblico e i risultati
È sufficiente cercare su Google il titolo per accorgersi di quanto il film si sia trascinato dietro una fila di polemiche, accuse di complottismo ed epiteti come film “trumpiano”. Peraltro, proprio Donald Trump decise di proiettare Sound of freedom nel suo campo da golf nel New Jersey. Persino Elon Musk si espose a favore di una pellicola con una storia così travagliata. Presto si trasformò nel “film che non volevano farvi vedere”: quale migliore pubblicità? Il film si costruì un pubblico ampio tra conservatori, coinvolgendo alcune fasce estremiste. Sound of freedom, quindi, diventò simbolo della lotta contro il potere occulto. I risultati, dopo l’uscita a luglio 2023, sono sotto gli occhi di tutti: 40 milioni di dollari di costi e 250 milioni di incasso. A questi si aggiungeranno i soldi italiani.
Chi l’ha distribuito in Italia?
In Italia, il film è rimasto per soli due giorni (escluse le anteprime) nelle sale italiane (18 e 19 febbraio), e della distribuzione si è occupata la Dominus Production, gestita da Federica Picchi Roncati. Sulla pagina Instagram della Dominus, appare un video che ritrae il protagonista Jim Caviziel mentre lancia un messaggio agli spettatori (lo spezzone, arriva a fine film dopo i titoli di coda): “Grazie di aver scelto questo film”, comincia, per poi richiamare il pubblico all’azione, a muoversi per risolvere il problema della tratta di esseri umani: “Ognuno di noi può fare la differenza”. “Il film che avete appena visto non parla di me o di Tim Ballard, ma dei bambini” e, alla fine, colpo di grazia: “Avete l’opportunità di regalare questo film a qualcuno”. Ecco il reclutamento di un esercito pagante: infatti, negli Stati Uniti, grazie all’acquisto sulla piattaforma Pay It Forward, era possibile generare un codice da consegnare ad altre persone come biglietto.
La vicenda di Tim Ballard in "Sound of freedom"
Sound of freedom: il canto della libertà si ispira, come detto, alla storia dell’ex agente dell’Fbi Tim Ballard e della società no profit da lui creata, l’Operation Underground Railroad, che si occupa della lotta al traffico di bambini e allo sfruttamento nel business del turismo sessuale. Dopo aver fermato alcuni trafficanti di materiale pedopornografico in Honduras, Tim, interpretato da Caviziel, viene ricontattato da un suo ex collega, che gli racconta di come, nonostante gli arresti, molti bambini non vengano poi rintracciati. Comincia quindi il viaggio di Tim nel sottosuolo corrotto del mondo dello spettacolo, valvola di entrata nel “mercato” dei minori contrabbandati. Il film prosegue ma, dopo un inizio che riesce a restituire la drammaticità del tema e la “questione morale” che anima tutto il retroterra della pellicola, Sound of freedom regredisce nello spettacolo. Uno spy thriller, un crime in cui i bambini si perdono dietro alla messa in scena e alla rappresentazione un po’ superficiale dei criminali, che non fanno niente per non sembrare dei cliché dei narcos sudamericani. Di Sound of freedom: il canto della libertà si parla e si parlerà, ma forse non grazie a tutti quei 130 minuti di proiezione.
Un progetto ambizioso e consapevole della propria forza d’urto sul pubblico, caratterizzato da una forza di volontà evidente. Al di là dei giudizi sul contenuto e lo stile, è chiaro che dietro Sound of freedom si è manifestata un’enorme vitalità. Dai ricchi come Trump ed Elon Musk agli estremisti e paranoici del Deep State di QAnon, passando per i conservatori e i religiosi. Una fauna mista e pronta all’azione. Ma può davvero un film avere come scopo unicamente la mobilitazione?