Siamo arrivati alla finale di Masterchef 13. Dai tanti che erano in quattro son rimasti, tre donne e un uomo, più una questione casuale che voluta a dire il vero. Sono partite le scommesse, nel retrobottega di un ristorante tre fratelli stanno gestendo il banco delle scommesse, con dei cappelli con un rasoio nascosto. Una stagione su cui non si sono riversate grandi polemiche, se non una su Elonora, sui social presa di mira per i suoi modi di fare. Ma a Masterchef le cose sono dure e, nonostante l’onnipresenza del messaggio green, lo scontro umano è ancora considerato lecito. Anzi, viene incentivato. Di wok(e), in cucina, c’è solo la padella. Ma chi sono i quattro finalisti? Antonio, Eleonora, Michela e Sara, in ordine rigorosamente alfabetico. Se dovessimo metterli in ordine di bravura… ve lo diciamo dopo. Se dovessimo metterli in ordine di personaggitudine nello show: Michela, Eleonora, Sara, Antonio. Se dovessimo metterli in ord… dai andiamo avanti. Allora, i quattro finalisti sono loro, la finale è una sola. Questo significa che qualcuno di loro non vincerà. Funziona così nelle finali, anche se ci stiamo abituando a voler far vincere tutti, promossi e bocciati, primi e secondi, persino chi non gareggia. Se Masterchef fosse davvero inclusivo premierebbe, in ordine, Eleonora, Michela, Sara, Antonio. Antonio terzo perché masculo, Sara seconda perché tutto sommato è una ragazza mansueta senza grandi problemi, a parimerito con Michela, effettivamente più privilegiata degli altri – pare – ma anche più grande e non vorrai mica essere colpevole di ageism? Eleonora prima, perché presa di mira per svariati motivi, come si diceva. Ma Masterchef non è così inclusivo, è inclusivo quanto basta per escluderne tre. Chi? Vediamo.
Antonio, geometra palermitano trapiantato in Germania per lavorare come cameriere nel ristorante dello zio, sposato e decisamente possente, vorrebbe aprire un ristorante nella sua terra natia. Antonio è bravo, forte, resistente. Umile, dicono i giudici, dei quattro è quello che è emerso più tardi e, per questo, sembra rispecchiare pienamente la parabola dell’eroe che cresce lungo il viaggio. Antonio dovrebbe vincere? Potrebbe, ma difficile tifare per lui. Non è tra gli indimenticabili di questa edizione.
Eleonora è la favorita. Iniziamo la sua bio così: Eleonora, la favorita ventisettenne livornese, cameriera da cinque anni a Firenze, ex ospite della capitale più bella del mondo, Parigi, ed ex ospite della patria spirituale di Thoreau, il bosco – pare sia stata per un certo periodo parte di una comune nei boschi – ha superato i disturbi alimentari e si sta quasi del tutto convertendo alla cucina vegana. In altre parole il personaggio “simbolo di rinascita” del futuro. Un personaggio green, decisamente geniale a tratti ma anche del tutto banale nel suo modo di essere geniale come i geni che ti immagini a sedici anni, leggendo i poeti maledetti o la Beat Generation. Così, alternativa e brava, probabilmente eccezionalmente brava (rispetto agli altri concorrenti), ma la sua eccezionalità non risalta per via del suo carattere e atteggiamento eccentrico. Dovrebbe vincere? Forse sì. Più di Antonio. E, con ogni probabilità, vincerà. In tal caso, che insegni agli scoiattoli a rosolare le ghiande (ma resti nell’urbe per permetterci di assaggiare i suoi piatti più curiosi).
Michela, donna forte ed espressiva, la maschera greca di questa edizione. È stata aggressiva, forte, irata, altera, commossa, fragile, in uno stato di rifiuto, poi il senso di rivalsa, poi lo stallo emotivo (lei che guarda in modo inespressivo del pollo con del riso convinta sinceramente che sia all’altezza di una semifinale). Michela ha litigato con quasi tutti, in particolare Antonio e Kassandra. Grazie a lei (e a Kassandra) abbiamo avuto le nostre tre o quattro sacche di sangue quotidiano. Michela è anche la parte masterizzata di Masterchef, un blue-ray. È più vivace e vivida, più riconoscibile, ben identificabile, complessa ma non così tanto da uscire fuori dalla misura narrativa di questa stagione. Una donna arrivata in finale con un record id golden pin e macumbe sulle spalle. Una donna che può affrontare la finale a cuor leggero, perché ha già vinto, in odio, rispetto, affetto e antipatia, ciò che doveva vincere; dimostrando di saper cucinare al di là di quest’ultima luccicante prova.
Sara non vincerà mai. Eppure dovrebbe vincere lei. Montaigne diceva: “La pratica ci fa vedere la differenza enorme fra devozione e coscienza”. Sara incarna la pacatezza e la fertilità del metodo, ciò che fa ordine per crescere. Sara, che è stata Cappuccetto rosso, timida e introversa, una rugiada strana sui vetri gelidi e puliti delle telecamere, può vincere, perché non ha mai sbagliato. Non è stata premiata per via dell’estro, lei, eterno opposto di Eleonora, per nulla eccentrica e dotata di quella genialità che spesso viene liquidata: l’intelligenza emotiva. Sara avrebbe potuto, diremo domani. Ma domani diremo anche “potrà”, perché per lei non finirà qui. Si vede.