Nei cassetti, spesso polverosi, delle vecchie case è facile trovare album di foto in bianco e nero. Quelle con i bordi rovinati, un po’ ingiallite, che raccontano storie di vita che non sono la nostra, che ci sembra lontana, ma allo stesso tempo in grado di ricostruire la nostra storia e i ricordi di chi è stato in qualche modo intrecciato a noi, anche prima che venissimo al mondo. Penso a questa immagine quando la persona con cui sono a vedere la data milanese, al Teatro dal Verme, di “Archi, ottoni e preoccupazioni”, concerto “d’addio” con orchestra di Colapesce e Dimartino, mi dice "prova a restituire il calore di questo live, ma senza usare la parola 'atmosfera'". La dimensione teatrale è perfetta per il loro arrivederci. E ascoltandoli, durante le circa due ore di concerto, mi sono sentita come se stessi sfogliando un prezioso album fotografico, dove ogni pagina rivela qualcosa di atteso, ma anche di inaspettato.
La scaletta prevede i brani dai loro due album insieme, “I mortali” (2020) e “Lux Eterna Beach”, uscito nel 2023. Il concerto è sold out, ma si respira un’intimità quasi domestica. È come essere nel salotto buono di casa, dove qualcuno conserva i ricordi di vita più preziosi. E al di là della grande ironia di Colapesce e Dimartino, che dimostrano di saper anche intrattenere il pubblico con momenti più leggeri, ascoltandoli emerge una grande verità: i brani con cui sono diventati famosi, “Musica leggerissima” e “Splash”, sono sì bellissimi, ma paradossalmente sono anche quelli che definiscono meno la loro storia. Basta ascoltare “La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d’accordo”, “Cose da pazzi”, “Innamorarsi perdutamente non è mai un affare” e “Ragazzo di destra”, per rendersi conto che è così. I due cantautori hanno scritto pagine bellissime, poetiche e ricche di immagini, della musica italiana. Emozionanti gli omaggi a David Lynch, scomparso in questi giorni, Paolo Benvegnù e Franco Battiato, con la cover di “Povera patria”. Sono loro ad arricchire quell’album fotografico che abbiamo trovato in salotto, protagonisti di quelle foto che prendono vita, attraverso la musica, e accorciano le distanze, rendendo la mancanza meno dolorosa. Colapesce e Dimartino scattano la loro polaroid del concerto, quel momento in cui tutto è silenzioso, si ferma e rimane davvero indelebile, con “I marinai”, in versione acustica e cantata tra il pubblico. Siamo entrati in un’altra dimensione. Tutto si è fermato davvero. Solo qualche telefonino a riprendere, per il resto il silenzio del pubblico e le voci e la chitarra che risuonano in tutto il teatro. Un momento di condivisione intimo e raccolto, con quell’album fotografico trovato in un cassetto che prende vita, restituendoci ricordi lontani, che prendono pian piano forma davanti ai nostri occhi.