Questo viaggio comincia da lontano. Da quando tuo fratello maggiore preferisce i Blur ma tu, in un modo o nell’altro, frequenti sempre chi ascolta gli Oasis. Così, finisci per batterti per Noel e l’importanza della scrittura, perché Don't Look Back in Anger è una delle canzoni più belle di tutti i tempi. Bisogna però saperle cantare le canzoni e Liam, frontman, rockstar, comunicatore, da palco e da tastiera sa farlo. Ieri come oggi. Lo dimostra anche la sua carriera da solista, con gli album sempre al primo posto della classifica britannica, da As You Are del 2017 all’ultimo in collaborazione con John Squire.
Certo, niente a che vedere con gli anni degli Oasis, con i due fratelli imperfetti e complementari ma quella ormai è una storia chiusa. Fino ad agosto del 2024. Fino al delirio che travolge il tuo compagno in una mattinata d’estate davanti a Ticket Master UK e tu prendi in mano la situazione, la sua carta di credito, e porti a casa due biglietti per la prima data del tour della reunion degli Oasis, a Cardiff, il 4 luglio del 2025. Come mai aprano in Galles e non a Manchester non è chiaro a nessuno.
Ritiriamo l’auto in aeroporto, a Londra, Heathrow e ci muoviamo verso Cardiff. Prima tappa: fan store Oasis. Ne hanno aperto uno in ogni città in cui suonano. Anche qui serve il biglietto ma grazie al cielo è gratis. Gli sticker però si pagano, li ho presi perché pensavo fossero gratis. Ingenua. Usciamo con un paio di t-shirt, un cappellino e un bicchiere con la sigla Oasis Live 25.
A Cardiff sembrano tutti metallari, la sera prima hanno suonato gli Slayer ma appena si raggiungono le strade del centro ci si trova di fronte a un’ondata di fan brandizzati Oasis. La divisa? T-shirt della band, cappellino da pescatore, adidas e birra media in mano. Ci sono anche un sacco di italiani, romani di sicuro, e asiatici. Un cinese o un giapponese che ascolta gli Oasis non l’ho mai conosciuto. Qualcuno videochiama gli amici. I pub non servono cibo ma solo birra in bicchieri di plastica. Sono tutti felici. Cardiff sembra un grande parco giochi soleggiato e ventoso.
Qualcuno intona un pezzo e gli altri cantano. Gli operatori delle tv riprendono, fanno domande, “perché sei qui?”, “perché è un appuntamento con la storia della musica”, “perché gli Oasis sono la band della mia generazione”. Ci sono quarantenni, cinquantenni, famiglie intere, giovani che li avranno scoperti dopo, tutti esaltati come se non fosse vero.

E invece si parte. Il Principality Stadium è ovviamente pienissimo. Aprono i Cast, rock band inglese che ha aperto anche i concerti da solista di Liam e dedicano un pezzo a Diogo Jota, calciatore del Liverpool che ha perso la vita con suo fratello Andrè in un incidente stradale in Spagna. Poi arriva Richard Ashcroft e con Bitter Sweet Symphony (dei suoi The Verve) si entra subito nel mood anni novanta. Operazione nostalgia riuscita. Comunque bravissimo.
Sono le 20 e 15. Eccoli. Parte la intro Fuckin’ in the Bushes e sui led scorrono fotografie dei fratelli Gallagher, titoli di giornale, tweet, o meglio x. È la prima volta che sono sullo stesso palco dal 22 agosto del 2009. Liam con il suo parka, Noel con la sua camicia azzurra di jeans, in mezzo lo storico chitarrista Bonehead. Suonano un pezzo dopo l’altro. Morning Glory, Some Might Say, Cigarettes & Alcohol, Supersonic. Parlano con il pubblico ma mai tra di loro. Quando arriva il momento di Talk Tonight, Half the World Away e Little By Little, Liam esce e la luce illumina Noel con la sua chitarra. Poi lo stadio esplode con Whatever e con la voce di Liam su Rock ’n’ Roll Star. Ma non è finita. Si piange con The Don’t Look Back in Anger e si chiude urlando Wonderwall e Champagne Supernova. Le birre volano, Liam va incontro a Noel e lo abbraccia velocemente. È successo davvero. Abbiamo assistito alla reunion degli Oasis.

