Nella serata italiana più nazional popolare che c’è, quella in cui tutti stanno davanti alla televisione a commentare i look dei cantanti e poi delle canzoni, una piccolissima parte di Mow che non è a Sanremo a presenziare in grande spolvero nei mitici cinque giorni, si dedica all’evento dei giovani del Folkstudio capitanato da Luigi ‘Grechi’ De Gregori. Sì, proprio il fratello di quel Francesco De Gregori, uno dei pilastri del cantautorato del Bel Paese, in questa serata che grida con orgoglio “Noi non ci Sanremo”. Qui sull’Appia, a ridosso del Parco della Caffarella e della Regina Viarum – l’Appia Antica- Roma stasera è caput mundi per la musica, appunto, e lo ricorda a tutti all’Asino che Vola, locale capitolino che ospita da tre anni questa festa lontana dal rumore dell’Ariston. Fino a domani non sbaveremo per Achille Lauro o, peggio, per Carlo Conti e assisteremo alle esibizioni di quindici giovani cantautori. Luigi Grechi, ideatore di questa occasione preziosa ‘senza indossatrici, chiacchiere e pubblicità’ ci accoglie calorosamente. Luigi, parliamo della serata; perché il nome “Noi non ci Sanremo”? Un martedì di undici anni fa i giovani del Folkstudio si presentarono all’Asino che vola.
![La serata “Noi non ci Sanremo”](https://crm-img.stcrm.it/images/42422249/2000x/20250212-101207242-3534.jpg)
Da allora qui abbiamo un giorno al mese ma il caso ha voluto che quella volta coincidesse con il primo giorno di Sanremo e così abbiamo continuato a fare questa festa musicale e oggi sono tre anni. Ci sono 15 cantautori che si alternano sul palco e gratis, vengono da lontano per la loro passione che è la musica. Questa “festa”, come hai voluto chiamarla, è in opposizione a Sanremo? “Direi una garbata opposizione”. Si ha diritto di fare musica e spettacolo in piena libertà, ma del Festival mi da fastidio l’esclusivizzare la musica, è come la Settimana Santa, si parla per giorni solo di Sanremo. Forse perché monopolizza la musica e le sue canzoni si sentono poi tutto l’anno? In realtà non è vero che si sente tutto l’anno. Io sono stato dentro il meccanismo musicale, ero nelle case discografiche e i pezzi lanciati in maniera poderosa erano quelli all’inizio dell’estate oppure quelli prima di Natale. Questi sono i periodi in cui si lanciano i pezzi forti. A febbraio ci sono ‘i saldi di fine stagione’; si chiude il mercato dei fiori, è la bassa stagione turistica, è connessione tra Rai e Sanremo, che fa di Sanremo un posto costosissimo. Sarebbe stato bello fare un festival itinerante e senza competizione, perché nell’arte non ci deve essere gara. Faresti mai una gara tra Picasso e Matisse? Ma ormai è un fatto di mercato, anche se la canzone che vince Sanremo non è quella che vende di più. I tempi sono cambiati, e in peggio; un tempo l’annunciatore parlava garbatamente e presentava gli autori, sui quali era puntato il riflettore, oggi no. Oggi non si sa neppure chi siano, gli autori.
![Il pubblico e gli artisti](https://crm-img.stcrm.it/images/42422266/2000x/20250212-101250387-7386.jpg)
![https://mowmag.com/?nl=1](https://crm-img.stcrm.it/images/42358146/2000x/20250124-135850779-2250.jpg)
Chi fa le canzoni oggi? “Non lo so. Io in realtà non seguo Sanremo, non mi informo; non è snobismo, è che davvero non lo so. Che fine ha fatto il cantautorato italiano? I cantautori storici erano persone dotate, di cultura, perché per scrivere bisogna leggere. De André, Guccini, facevano dei prodotti consistenti. Cosa dici di Tony Effe? Non so cosa faccia, quando non ascolto Radio Tre mi capita di ascoltare radio commerciali e talvolta colgo dei bei versi ma alla fine non mi resta niente, di che parla, dove si svolge la scena. C’è un lui, una lei, ci sono parole vaghe, non c’è scrittura. Quest’anno per la prima volta tifo per qualcuno a Sanremo, Lucio Corsi. Lo abbiamo ospitato qui tempo fa. Le sue canzoni si svolgono tutte in un posto definito, Trieste, le Alpi di Milano, c’è l’Isola d’Elba, l’Isola del Giglio. A me piace la musica americana, ho imparato molto dal country, dal blues, i luoghi sono sempre nominati perché una canzone ha sempre bisogno di uno scenario e oggi non è così”. Dove va la musica? “Non lo so. Dove vuole la gente di marketing che però non lo conosce davvero. Non importa il prodotto, ma come lo vendi. Ai giovani piace il prodotto perché non sanno cosa altro esiste. Esistono artisti che nessuno conosce, come quelli che stasera presentiamo”.
Ci sarà una rimonta della musica cantautorale? “Sì, ma deve passare per una maggiore possibilità di ascoltare musica dal vivo, non solo negli eventi da diecimila persone, dove i volumi mortificano la canzone, davanti a un pubblico che non ascolta davvero. La canzone è tale perché ha un testo e la distrazione non ne favorisce la comprensione. Un futuro positivo per la canzone ci sarà esclusivamente se aumenteranno i locali pubblici dove fare live. In America e in Inghilterra hanno una legislazione diversa dalla nostra, che gli consente di fare musica live nei locali, mentre in Italia abbiamo leggi e normative assurde e penalizzanti che non lo permettono”.
Cosa dici ai lettori di Mow? “Sostenete la musica dal vivo mi raccomando”.
![La sorpresa di Francesco De Gregori](https://crm-img.stcrm.it/images/42422280/2000x/20250212-101355980-7080.jpg)
La serata inizia, apre Paganini, poi Marcello Canzonieri e Riccardo Vicentini, l’atmosfera si fa intima, raccolta, febbraio romano è fuori perché qui ci sono storie, canzoni, chitarre davanti a un pubblico che ha voglia di scaldarsi. Paganini pensa a suo padre davanti al mare, a lui piace Gian Maria Testa, lo ha come ispiratore. Canzonieri invece ha incontrato un ragazzo di venti anni, aveva i testi e non la musica e da quei testi è nata questa canzone che parla di un viaggio, anche qui c’è il mare, poi Vicentini che racconta una storia di confine, dove i problemi individuali incontrano quelli macroscopici, giganti, dell’umanità. Lorenzo Lepori irrompe con la voglia di stare qui stasera, “lontano dallo schermo, per vedere qualcosa di diverso, per esprimerci", la sua canzone racconta la nascita della vita e del potere, è una serata fuori tempo, qui dentro ci sono davvero storie umane, poi Carlo Valente, che “dieci anni fa era già qui con Luigi”, fisarmonicista e pianista che tiene al contrario la chitarra e canta “metri quadrati”, che sono diventati prima centimetri e poi millimetri. Arriva Emilio Stella, che con la preziosa “Cose piccolissime” augura a tutti di saperle riconoscere, come la potenza di un abbraccio, l’emozione per le cose stupide, il raggio di sole che ti viene a svegliare. È il momento di Emilio Folgore, con un blues, forse più spiritual che blues, “raro da ascoltare ormai a un live”, perché un tempo le campagne laziali erano pirene di butteri, poi Gaia Clarizia, quota rosa della serata, “lottiamo continuamente contro il potere” dice Gaia, e la canzone si chiama “Il velo”, leggera e delicata come una donna che si difende con grazia, in questa ballata.
![https://mowmag.com/?nl=1](https://crm-img.stcrm.it/images/42358142/2000x/20250124-135850779-2250.jpg)
Luigi Grechi ricorda che gaia è stata scelta per la sua originalità e non per la quota rosa, poi Paolo Capodacqua, che racconta la storia di tutte le persone che sono riuscite a scampare il naufragio nel Mediterraneo ma sono naufragate poi nelle nostre città, persone senza nome. Ragazzi, ecco, non sappiamo come dirvelo, voi Sanremo e noi non ci saremo perché qui arriva Francesco De Gregori, la folla si anima e piange di gioia, parte belle Epoque, cantata per Dino Campana che visse la sua vita da matto preso in cura, che soffre gli elettrochoc, sfortunato al punto che quando morì lo seppellirono e gli bombardarono la tomba. Di lui rimangono i Canti Orfici, è bellezza, poi una canzone d’amore felice, Falso gradimento, poi Stelutis Alpinis, è un momento da ricordare questo che non ricapiterà facilmente, godersi il Principe così da vicino in una situazione così particolare. Se fino ad ora avevamo un pensiero per Rose Villain e co, adesso veleggiamo alti. Arriva Daniele De Gregori, il giovane Nint, con la sua canzone, Memoria - indagine per capire cos’è che crea il dolore nell’uomo e come gestirlo, dice che a sanremo non dovrebbero andare sempre i soliti ma non si sbilancia, peccato, sbilanciatevi sempre ragazzi, poi Gianluca Bernardo, ex cantante dei Rein, scioltisi perché ‘non esiste un canale alternativo al main stream che permetta di sopravvivere con il lavoro di cantautore’, cit. e Emanuele Colandrea, poi Lucio Bardi e Fabrizio Emili, è una epifania di quando la musica d’autore ci accompagnava nella nostra vita come le poesie imparate a scuola che non ti lasciano mai. “È inutile scrivere canzoni d’autore se non le canti con il primo che passa”, dice Colandrea. È proprio vero, a che serve ascoltare canzoni che scordi l’anno dopo, quando esistono canzoni che puoi cantare con gli sconosciuti, perché ti senti vivere lo stesso tempo insieme a migliaia di persone che non sai chi sono ma che proprio grazie a una canzone senti così vicino? A questo pensiamo mentre ce ne torniamo a casa in tempo per ascoltare l’ultima esibizione di The Colors. Eppure, un po’ ci è mancato commentare i cantanti in gara. Chissà, forse ci manca una canzone del cuore da cantare ancora e ancora, per quanto Sanremo, è sempre Sanremo.