Il professor Roberto Burioni, virologo e docente all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ha recentemente espresso forti preoccupazioni riguardo al consumo di latte crudo, mettendone in evidenza i potenziali rischi per la salute. Durante un'audizione alla Commissione Affari Sociali della Camera, ha dichiarato: “Il latte crudo è pericolosissimo: in molti Paesi è vietato e dovrebbe essere vietato anche in Italia”.
Burioni ha spiegato che il latte non pastorizzato può contenere batteri patogeni che possono causare gravi infezioni, soprattutto nei soggetti più vulnerabili: “Si sta diffondendo questa mania di consumare il latte crudo, non solo per un fatto di gusto ma anche per una questione di salubrità. Ma invece non è affatto vero. Il latte crudo è molto pericoloso”.
Il discorso, secondo Burioni, “vale ovviamente anche per quei formaggi che non sono sottoposti a trattamenti che garantiscono l'uccisione di tutti i batteri patogeni”.
Dopo le dichiarazioni di Burioni, Slow Food è intervenuta direttamente: “Il latte crudo e i suoi derivati sono parte della nostra tradizione gastronomica e vengono prodotti seguendo rigidi protocolli di sicurezza” ha dichiarato l'organizzazione. “Occorre informare correttamente i consumatori, non diffondere allarmismi eccessivi”.

“Vietare il latte crudo – prosegue Slow Food nel comunicato – significherebbe cancellare secoli di cultura casearia e danneggiare economicamente piccoli produttori che lavorano con attenzione e responsabilità”.
Abbiamo chiesto un parere a chef Guido Mori, docente di cucina scientifica e dal 2019 Direttore del Master e corso di Alta Formazione di Arti e Scienze Culinarie dell'ateneo Iul, che distingue tra le dichiarazioni di Burioni sul latte crudo e sui prodotti caseari fatti con latte crudo.
“Il latte crudo può essere venduto entro un massimo di cinque chilometri dalla stalla dove viene munto. Deve essere consumato previa bollitura, e questa indicazione è riportata su ogni confezione. È identificato da un tappo rosso”.
“Ci sono dei rischi – spiega Mori – nel consumare il latte crudo e nel produrre in casa formaggi con latte crudo. Questi rischi non sono pochi e sono principalmente legati alla brucellosi”.
Nel caso della produzione di formaggi fatti in casa con latte crudo, continua Mori, il rischio c’è “perché non si opera in un ambiente sterile o comunque in un contesto controllato secondo le normative vigenti. Senza un laboratorio professionale, il rischio di contaminazione è elevato. Questo è corretto ed è previsto dal sistema di sicurezza alimentare. Esiste, infatti, un vademecum emanato dall'Istituto Superiore di Sanità che sconsiglia fortemente questa pratica”.

“L’allarme lanciato da Burioni – dunque – è giusto se riguarda il consumo di latte crudo. Il latte crudo è pericoloso e non deve essere consumato se non previa bollitura”.
Il discorso è diverso, però, per quel che riguarda la produzione di formaggi, ugualmente criticata dal dottor Burioni. “A parte l’orribile spocchia con cui scrive, Burioni in questo manca di conoscenza di come funziona la filiera del controllo del latte. L'unico rischio nel consumare formaggio al latte crudo è legato a una conservazione non adeguata”.
La spiegazione è questa: “I formaggi al latte crudo, come tutti i prodotti caseari, sono sottoposti a controlli rigorosi. Non vengono verificati a campione, ma a partita: l'intera partita utilizzata per produrre un determinato formaggio al latte crudo viene controllata per individuare eventuali patologie e il loro sviluppo. Inoltre, i controlli avvengono in più fasi della produzione. Di conseguenza, non esiste alcun rischio nel consumare formaggi a pasta di latte crudo, proprio grazie al sistema di produzione e ai controlli effettuati in ogni fase”.
In sintesi, dunque, il consiglio di Guido Mori è chiaro: “Dunque, non consumate latte crudo senza bollirlo e non utilizzatelo per fare formaggi se non in un laboratorio idoneo. Tuttavia, potete consumare tranquillamente i formaggi prodotti con latte crudo, perché non comportano alcun rischio. Chi afferma il contrario lo fa semplicemente per ignoranza”.
