Alessia ripete quant'è bona la carbonara al suo ristorante di Fiumicino, a pochi minuti di auto da Leonardo da Vinci, issato su un blocco di marmo che regge un’elica, da lui medesimo progettata, mentre accoglie a mano alzata i visitatori appena giunti, come a dire “Anvedi chi c’è!”. Lei in mano non brandisce un’elica, bensì una padella di pastasciutta piena di uovo e pecorino che loda a gran voce. “Aho che stai a fa? Nun venghi aa Fraschetta? Guarda mpo’ che bona sta carbonara! E Mo maa magno”. Su Instagram vanta cinquantaduemila followers, in sottofondo suona l’adagio – di rara finezza - noto ai più: “E qui sulla spiaggia de Capocotta ce sta ‘n fio de na Signora…” E un avventore ravana nel piatto un brandello di coda alla vaccinara portandoselo in bocca vittorioso. Alessia ha le labbra carnose e l’arco di Cupido disegnato a matita, una frangia corta corvina e un grosso fiocco rosso a palle bianche nei capelli raccolti in una coda. Il suo tratto distintivo è la parlata strascinata, un regale esemplare suburbano munito di parannanza. Spesso la si vede con il cuoco, un ragazzo nerboruto e dal polso mobile e tatuato, con il quale salta paste nei sughi impennando come un dio. Ricorda un personaggio dei film con Claudio Amendola, il maschio romano, quello che se je gira te mette “na mano ‘nfaccia”, tanto per cambiare. Entrambi si sbracciano sui social a suon di spadellate per richiamare la clientela alla Fraschetta di Fiumicino e poco tempo fa si sono caricati baracca e burattini per cucinare, indovinate un po', la carbonara in faccia al Colosseo, offrendola ai turisti sbalorditi ripresi in video, e ricevendo una multa per assenza di autorizzazione.
È strano, a Roma puoi pisciare per strada, commerciare pallette di plastica sbattendole su una cassetta della frutta dinanzi ad usci di private abitazioni in pieno centro storico, lavare i panni nelle fontane del 1500, ma non puoi cucinare carbonare davanti al Colosseo. Non ci è dato sapere se i falsi centurioni romani la possiedano, l’autorizzazione per ladrare i turisti, in compenso abbiamo chiari ricordi dei tentativi di Flavia Vento di indire raccolte firme in favore degli animali in piazza del Popolo e cacciata per i medesimi problemi di autorizzazioni mancanti. D’altronde ognuno vende il proprio prodotto come può: c’è chi mischia il sacro col profano, commerciando uova per la Santa Pasqua, menagrame che trascinano via come valanghe tutto ciò che riescono, dalla fama al matrimonio, vedi quelle della Ferragni – tutto è di passaggio in questo mondo, diceva quello e oggi ce stamo e domani no – e chi strilla ben altre promesse, tipo Alessia della Fraschetta. E si, perché la pulzella ha appeal sui consumatori, visto che la trattoria è sempre piena. Ma sarà il menù a 9 euro e 50 per il quale è possibile riempire il piatto e tornare al buffet quante volte si vuole, il suo segreto? O c'è dell'altro? Noi siamo andati a scoprirlo.
“Pronto Alè? Veniamo, siamo due”, ci siamo presi confidenza. “Vieni vieni ‘nte preoccupà”, ha risposto scialla. Fiumicino è un comune popolare sul mare che conserva l’antico Portus degli Imperatori Claudio e Traiano, nonché la necropoli di Isola Sacra con sepolture imperiali e una basilica paleocristiana dedicata a Sant’Ippolito, patrono della cittadina dove partono gli aerei – Carlo Verdone docet in Acqua e Sapone - per raggiungere mete lontane quando ci si è rotti le scatole di Roma ladrona. Adiacente alla cittadina di 81mila abitanti circa vi è Ostia, altra antica città portuale che a parte gli Spada, celebre famiglia di mafiosi, vanta un sito archeologico strepitoso con interi mosaici e case romane ben conservate a vista ed un borgo incantevole lontano dalla specie autoctona coattus coattus, che ad agosto popola le spiagge portandosi appresso le pagnottelle con i peperoni davanti alla vecchia colonia mussoliniana ‘Vittorio Okkupato’. Certo in questi lidi trascurati un intervento massiccio di ripristino del decoro urbano potrebbe avere il suo perché. Ma la cura – da non confondersi con la curia, che invece prospera - a Roma è qualcosa alla quale non si fa più caso, nel totale progressivo imbarbarimento di tutto. È qui che a pochi chilometri dall’aeroporto, con Donna Bambina sparata in autoradio siamo arrivati. Tra le case basse e rosse di foratini tirate su spesso senza piano regolatore è incastonata la Fraschetta, con la sua veranda sull’asfalto, i tavolini apparecchiati con la tovaglia bianca e rossa nella caciara della televisione accesa a tutta callara e della Carrà appalla con Pedro Pe. In un angolo accanto alla cassa, gomito a gomito con le sedie impilate e la porta del gabinetto spalancata, fa bella mostra di sé un nasone – dicesi nasone una fontanella di Roma, per via del suo rubinetto camuso - tristemente a secco.
Qui tutto appare verace, nel suo essere straordinariamente boro e grossolano; ogni cosa è kitsch, dalla proprietaria e il suo folklore ai prosciutti, visto che sono di plastica, appesi ai ganci. Il fatto è che Alessia è autentica, non posa. “Ahò, andovai? Hai da ordinà, sbrighete”. E infatti, tra il menù alla carta e l’all you can eat, abbiamo optato le paste a dieci euro al piatto, una amatriciana e una carbonara, giunte al tavolo nelle padelle di alluminio in un abominio di panze sudate, zinnoni leopardati e natiche fasciate in pantacollant in similpelle, in fila per ritirare la gamella al buffet. Ad onor del vero abbiamo apprezzato il guanciale sottile croccante e i condimenti; poco al dente i maccheroni, forse per via della qualità della pasta, ma giuriamo di aver mangiato davvero di peggio in luoghi pretenziosi. Il buffet non ci ha convinto fino in fondo, per quanto fornito. Alla fine ad Alessia e alla sua carbonara, ahò, je damo 4; 3 alla location, 4 al servizio, 5 alla gentilezza e 4 al prezzo. Ci torneremmo? Probabilmente no, ma in un periodo in cui tutto va al ribasso, i portafogli sono vuoti e palpabile è la disconoscenza di ciò che è di livello, capiamo perché alla Fraschetta di Fiumicino il popolo esondi dalla porta e si sfami con gusto con 9 euro e 50. Alessia vende il suo prodotto coerentemente con i mezzi che possiede, semplici e strilloni e almeno non spaccia ciò che offre per quel che non è, la carbonara è decente, se c’hai fame te la magni e dici pure che è bona.