Come si vive in Finlandia con i carri armati russi al confine? Tra chi dice che sia un modello fra i Paesi nordici e un “piccolo paradiso” nella Scandinavia, a chi invece la vede come un posto troppo freddo e asettico; chi dice che sia il Paese più felice del Mondo e chi teme di starci per la “pericolosa” vicinanza della Russia; qual è la verità? Lo abbiamo chiesto chef Gennaro Oliviero, cuoco italiano di 41 anni, che da oltre 14 vive e lavora proprio in Finlandia. Noto per il suo lussuoso ristorante Toca situato a Helsinki, che vanta due stelle Michelin e una cucina molto sofisticata, gli abbiamo chiesto di parlarci delle ispirazioni dei suoi piatti, ma anche delle tante disparita fra il mondo della ristorazione e la vita di chef e cuochi fra Italia e Finlandia. Spesso si sente la retorica frase: “I ragazzi non hanno voglia di lavorare” e “i ristoratori non trovano personale per colpa del reddito di cittadinanza” Ma chef Oliviero ci risponde: “Non è vero che i giovani non hanno voglia di lavorare, ma se li tratti male, e quando si imbattono nel tuo mestiere vedono solo amarezza e delusione, nessuno vorrà fare il cuoco…” aggiungendo poi anche alcuni commenti pungenti su alcuni chef molto noti, soprattutto in tv, che hanno parlato dello stesso tema, come Alessandro Borghese, Antonino Cannavacciuolo, Carlo Cracco e non solo. E a proposito dei carri armati russi che Vladimir Putin ha recentemente posizionato vicino al confine finlandese aggiunge “Le informazioni che percepiamo noi in Finlandia sono completamente diverse…”.
Gennaro, da quanti anni si trova in Finlandia?
Da circa 14 anni, 21 facendo avanti e indietro, ma 14 in pianta stabile.
E a proposito della sua cucina: lei la definirebbe italiana, finlandese o piuttosto internazionale?
Diciamo che non è italiana, ma nemmeno finlandese. È italiana semplicemente l’ispirazione, l’idea di usare prodotti freschi, ma c’è anche un approccio nordico, e quindi molto minimalista e tecnico. Quindi ci sono tanti preservati, prodotti fermentati e tecniche di cottura particolari, che sono più comuni in nord Europa piuttosto che in Italia. Qui sarebbe utopico presentare una mozzarella coi pomodori come fanno nel 99% dei ristoranti italiani all'estero.
Dunque, visto l’approccio più tecnico e i prodotti usati, si può dire che la cucina finlandese, e più in generale nordica, sia più evoluta di quella italiana? Perché in Italia alcune preparazioni sofisticate, con preservati e fermentazioni, le conosciamo poco e sono rare nella maggior parte dei ristoranti
Le dirò una cosa: io ho sempre il sogno di tornare a casa e aprire un'attività ristorativa in Italia; ma comunque, in generale, in Finlandia non c'è niente di nuovo, rispetto a quello che c'è in Italia. Quando sono partito avevo l'idea che finalmente andando via, avrei potuto fare qualcosa, in un Paese avanguardista, pensando “sicuramente qui le persone mi capiranno e mi daranno la possibilità di crescere e fare il mio”. In 14 anni mi sono reso conto che è un po' un discorso sulle false righe, perché la Finlandia, a mio avviso, si taglia un pochino fuori da quello che è lo scenario nordeuropeo. Non stiamo parlando di Danimarca o Svezia, e neanche Norvegia. Qui la cucina 14-15 anni fa era una cucina di base, di impronta francese e neanche di quelle più evolute, ma di quelle a “pane e burro in quantità”. Poi la cucina finlandese oggi, si può dire che è simile a un melting pot, non è nordica per gli schemi “classici”. Basti pensare che alcuni ristoranti, dove lavorano miei colleghi, sono stellati, e all'interno si usano le stesse preparazioni che utilizzano in Messico, come per esempio il modo di preservare gli ingredienti e di farli fermentare. Quindi se dovessi fare un'analogia con l'Italia, per me sarebbe abbastanza semplice: in Italia abbiamo anche noi i metodi di preservare le cose, perché fanno parte della nostra cucina.
Cioè? A quali metodi si riferisce?
Ricordo che quando lavoravo in Piemonte, c’erano per esempio i peperoni in burnia, che non sono niente di più di peperoni sott’aceto con tonno, prezzemolo e aglio; oppure c’era il tonno di coniglio, che sono cosce di coniglio stracotte in olio. Quindi come queste, tante preparazioni della tradizione sono finite nel dimenticatoio. E allora abbiamo un’ondata di turismo italiano che si reca all'estero, arriva per esempio qui, e quando viene servito un pezzo di formaggio artigianale con marmellatina, tutti come dei coglioni fanno: “Oh madonna mia, che buono, non ho mai mangiato niente di simile nella mia vita!” quando in realtà basterebbe semplicemente guardare alle tradizioni che abbiamo in casa e di tecniche e conoscenze ce ne sarebbero tante. Le persone non hanno più voglia di fare i propri studi e quindi è facile dire che all'estero si trova qualcosa di più innovativo rispetto a casa, ma non è così. All’estero a volte non avendo a disposizione ottimi ingredienti, si arrangiano con quello che hanno, rischiano un po’ di più e allora agli occhi del grande pubblico sembra che abbiano maggiore conoscenza della cucina. Ma io che vivo da 14 anni e sono in questo settore da una vita, posso dire che per me l'Italia a livello di conoscenze e innovazione è tutto. Scherzando, forse come dicono in tanti, la cucina italiana è imbattibile.
Lei ha clienti più spesso finlandesi, italiani o internazionali?
La mia clientela è mista. Consideri che attualmente il mio ristorante di punta, il Toca, l'ho chiuso circa 8 mesi fa per un problema di salute della mia compagna. Adesso sto però gestendo un'altra attività come head chef, per un ristorante che fa comunque dei numeri diversi rispetto a quello che facevo prima. Adesso facciamo dai 100 ai 120 coperti al giorno e la clientela è mista, finlandese e internazionale. La mia attività precedente era invece un'attività segnalata nella guida Michelin e si svolgeva su 28 coperti giornalieri. La clientela era prevalentemente finlandese e avevo un menù settato e orientato, molto più di nicchia rispetto al ristorante più grande dove vengono italiani, finlandesi e russi.
Ecco, parliamo dei russi. Qui tocca un tasto che per noi in questo momento, in Italia (ma non solo) è un po’ preoccupante. A leggere la stampa, sulla Finlandia si dicono cose un po’ spaventose, sui carri armati russi vicini al confine, sul presunto pericolo invasione... Lei che vive in Finlandia: come la vivete? È vero quel che si legge?
Le informazioni che percepiamo noi sono completamente diverse. Russia e Finlandia, comunque, hanno un confine comune, lo hanno da una vita e lo avranno sempre. Il discorso è questo: quando condividi il confine con qualcuno ci devi automaticamente instaurare dei rapporti. Finora i rapporti sono sempre stati di buon vicinato. Diciamo che con le sanzioni la Finlandia si è un pochino chiusa, ha fatto un po' un discorso come quello dell'America, che aveva schierato soldati e tirato su le transenne per evitare l’immigrazione di massa. C’è comunque stato l’ingresso di molte persone, ma non era un flusso regolare di russi, che scappano, che so, dalla guerra, ma piuttosto profughi o rifugiati siriani o altri, ma comunque immigrazione clandestina.
E sui carri armati e la vicinanza dell’esercito russo al confine con la Finlandia, non c’è quindi timore?
Il fatto che Putin abbia schierato l’esercito al confine, credo che sia una dimostrazione più che altro al mondo occidentale, che per la Finlandia. Come a dire ‘avete perso, io vinco le elezioni col 90% delle approvazioni e faccio – scusi il termine – quel caz*o che voglio’. Secondo me è quello, ovviamente questo è un discorso politico complesso, ma per me è una questione di equilibri. I politici, che siano italiani, francesi, russi, giocano tutti quanti a Risiko e poi ci sono interessi economici, qui, come per la guerra in Ucraina, e ancora prima per quella già in corso in Donbass, solo che a perdere non sono i politici, ma persone normali. Però diciamo che non mi preoccupo di un'invasione domani mattina dei russi insomma, e neanche i finlandesi sentono questa minaccia.
Ok, perché invece da noi, a leggere alcuni articoli della stampa italiana, sembra che la Finlandia sia in fermento, che ci sia paura, lei quindi non è d’accordo?
A leggere la stampa italiana sembra anche che i finlandesi siano le persone più felici del mondo. Peccato che la Finlandia sia il Paese con il tasso di suicidi più alto del mondo, con lo stesso rating del Giappone, e tanti ubriachi per strada, più che in Giappone o in Italia, quindi è ben diverso. Poi diciamo che qui il sistema, per come è strutturato, permette anche a chi si comporta da sbandato di ricevere aiuti. Qui se paghi le tasse tu, e le pagano gli altri, i fondi per chi ne ha bisogno ci sono.
Quindi ci sono ubriachi e sbandati?
Tra i bisognosi ci sono anche gli alcolizzati, perché l'alcol è un problema. Quando in Italia però tutti paghiamo le tasse, ma l’imprenditore miliardario, per esempio, non le paga, non ci sono soldi e quindi ci sono i barboni per strada.
Dunque c’è più sostegno statale e assistenza, o comunque la vita, nonostante le difficoltà, funzionano meglio in Finlandia…
Sì. Io sono andato via dall’Italia 14 anni fa. Prima lavoravo dalla mattina alla sera, dalle nove fino a mezzanotte con un’ora di pausa. Se arrivava un cliente la sera tardi, si rimaneva a lavoro. Ho fatto questa vita per anni e non vedevo mai la mia compagna e la mia famiglia. Lavoravo sempre, di domenica, a Pasqua, facevo straordinari e però guadagnavo 1750-1800 euro, che una volta era anche un buono stipendio, però consideri che ero in un ristorante con due stelle Michelin, ma comunque lavoravo tantissimo. Economicamente stavo meglio di altri, sicuramente, però se penso che oggi posso permettermi di riposare due giorni a settimana e guadagnare 4200 euro, c’è tanta differenza con l’Italia e lo sbalzo economico è notevole. Per la vita, diciamo che quei soldi sono anche giusti in Finlandia, mi permettono anche di mettere qualcosa da parte, anche se è vero che il costo della vita è relativamente alto.
Quindi gli chef, cuochi, persone nel mondo della ristorazione, vengono trattati peggio in Italia?
Questa è la disparità che c'è a casa nostra: è facile dire che i ragazzi vanno via e non hanno voglia di lavorare, se tu gli sputi in mano. Si parla sempre della fuga dei cervelli, ma non è che fugge l’ingegnere che ha studiato alla Sorbona, che sicuramente non ha problemi a trovare lavoro in Italia, anche perché uno per studiare alla Sorbona, vuol dire che ha già i mezzi economici. Non è il talentuoso dell’accademia militare di Modena a far fatica a inserirsi nel mondo del lavoro, e non è nemmeno il cuoco studente che paga 10-15mila euro all’anno una scuola finanziato da papà. Lei vive a Milano? Mi permetto di dire, non è nemmeno il ragazzino milanese che pensa “Oh mio Dio, papà deve fare i sacrifici per pagarmi l’appartamento in centro”. Non è questa gente ad avere questi problemi, sono i figli degli operai, dove a lavorare è solo il papà, a dover fuggire all’estero.
Sì, questo discorso sia della fuga di cervelli, sia dei ragazzi che “non avrebbero voglia di lavorare”, si sente spesso, soprattutto nel mondo della ristorazione. Ne hanno parlato anche alcuni chef famosi, come per esempio Alessandro Borghese; alcuni dicono che sia colpa dei giovani, altri però hanno iniziato a dire che è il mondo della ristorazione a pagare troppo poco per una vita di sacrifici
Guardi, io in Italia, negli anni, ho lavorato in tanti posti di livello, alla Francescana, da Fini a Modena – che aveva una stella Michelin – ho lavorato in Piemonte alla Locanda del Pilone, ora preso in gestione da Cannavacciuolo… Ovunque abbia lavorato, ho avuto la fortuna di trovare dei datori di lavoro sempre regolari con i pagamenti. Sul mondo della ristorazione di oggi, in Italia, farei però una considerazione: non è vero, come qualcuno dice, che non si trovano lavoratori per colpa del reddito di cittadinanza. Al massimo, non si trovano lavoratori perché se consideriamo che il reddito di cittadinanza garantiva circa 800 euro al mese, viene da chiedersi: per quale motivo alzarsi la mattina e lavorare dalle 9.00 alle 23.00 per avere poi gli stessi identici soldi? Se ci fosse stato il reddito di cittadinanza quando avevo 16 anni, e il mio stipendio era di 900 euro, secondo lei avrei fatto il cuoco? Sarei andato a studiare, con quei soldi, invece di fare il lavapiatti. Ma in Italia anche chi studia rimane precario per anni e fa fatica ad arrivare a fine mese. Qui il problema è che, come si dice in cucina, il pesce puzza dalla testa. Il problema è in alto. Anche quando parliamo dei grandi chef, come Alessandro Borghese, ricordiamoci che non è casuale, lui è figlio di Barbara Bouchet e il primo provino in televisione gliel'ha fatto fare la madre.
Però è comunque bravo nel suo lavoro, no?
Sì, ma lasci stare che si è formato e che è un professionista, però dico che è facile parlare stando dall’altra parte. Facile dire per esempio che “Mi trovavo su un aereo per New York, ho incontrato mia moglie e l’ho conquistata con un sorriso”. Mi permetto di dire: Alessandro, ma vaffanculo! L’hai conquistata con altre cose, tipo che se sei andato a New York in prima classe, è diverso. Io quando sono andato in Scozia a lavorare, i miei voli li ho sempre fatti in economy, nei posti più brutti. Il fatto è che di questi personaggi non si raccontano mai le storie reali. Cannavacciuolo per esempio, è un grande, è bravissimo, ha un talento immenso, però la moglie, voglio dire, è parte della sua fortuna: è la proprietaria di Villa Crespi, che da sola vale tantissimo.
Quindi non ci sono casualità…
Un altro esempio: la moglie di Massimo Bottura, che io conosco, fa la gallerista d’arte e il padre ha diversi ranch in America, quindi, non è che sono esattamente poveri. Con questo non sto dicendo che è la storia comune a molti, però è facile parlare e dire che i giovani non hanno voglia di lavorare, quando si indossano le scarpe rosse di Louboutin che costano migliaia di euro, pagando poi 900 euro il cuoco. Mi chiedo: ma è possibile che non ci siano dei ristoratori normali? Possibile che non gente normale a parlare di questi discorsi, anziché sempre i soliti?
Sì, ci sono una serie di volti noti nel mondo della ristorazione, e infatti i loro ristoranti costano
Sì, in Italia abbiamo la gente che va da Cracco, centinaia di blogger e youtuber che vanno in galleria Vittorio Emanuele da Cracco e poi mostrano lo scontrino di 8 euro di acqua minerale. Quando vedo queste cose mi dico: sei vai nella galleria di Milano a bere l’acqua frizzante, cosa ti aspetti? Che sia gratis? Solo, tornando a prima, trovo ipocriti i discorsi che fanno queste persone perché, ripeto, dietro le quinte è facile per un Borghese aprire la bocca, twittare, parlare - quando ha la responsabilità di milioni di follower che lo seguono - e dire “la ristorazione è in crisi, nei ristoranti non si mangia bene”, oppure “nei ristoranti bisognerebbe tornare al cameratismo, io nei miei ristoranti pago bene”... Ok, allora se paghi bene perché la gente non ci sta? Cioè, nessuno fa questa domanda a Borghese? Se il suo stipendio è così buono, perché non trova personale? Se a me Borghese avesse offerto 3700 euro per lavorare, pensa che non sarei tornato a lavorare a casa, in Italia?
Quindi lei ci tornerebbe in Italia?
Assolutamente. Come ho detto all’inizio, il sogno è tornare a casa e aprire un'attività. Ho amici che hanno ristoranti stellati, ho un amico a Modena che ha un ristorante stellato, doveva assumermi sette mesi fa per gestire un hotel, ma anche lì, la proposta economica che mi aveva fatto non era delle migliori. Era ok, nella media per l’Italia, circa 2800-3000 euro al mese, con 13esima e 14esima. Insomma, in teoria un buono stipendio, ma stiamo sempre parlando di lordo e per un lavoro che comunque richiede responsabilità, un impegno di almeno 9 ore al giorno, e a 41 anni mi sembra normale offrirmi 3000 euro per una mansione del genere. Voglio dire, uno è giusto che guadagni per potersi permettere il costo della vita, comprare casa…
Come è stato iniziare a lavorare in Finlandia da immigrato?
Quando ho chiuso il mio conto con l'Unicredit, me lo ricordo come se fosse ieri, si sono trattenuti 25 euro per la chiusura. Allora sono arrivato in Finlandia, un po’ con le pezze al culo. Però qui, dopo 10 anni di lavoro, ho iniziato a guadagnare. Ho preso 10.000 euro di liquidazione e mi sembrava di avere tanti di quei soldi, che mi sentivo l’uomo più ricco del mondo. Lavorando qui, a 30 anni sono riuscito a comprarmi casa in contanti e sempre lavorando qui, dopo due anni sono riuscito a comprarne un’altra. In Italia tutto ciò è impensabile, la gente non riesce a comprare casa. Per questo a volte quando vado in Italia, mi sento quasi come un ladro. Poi dico a me stesso: ma perché dovresti sentirti un ladro? Ti fai un mazzo tanto, vieni pagato il giusto, spendi i soldi come vuoi tu.
Quindi la Finlandia dà le possibilità che l’Italia non da
Per alcuni la Finlandia, detta così, sembra il Paese di Babbo Natale, ma non è così. Ha un’altra faccia e un’altra maschera. Non è solo così. Per esempio, noi, in Italia, parliamo tanto del fatto che gli italiani sono razzisti verso gli immigranti, ma anche qui in Finlandia lo sono: sono razzisti con i russi, ma anche con me, che sono italiano.
Dunque, ci sono pregiudizi verso italiani, russi, stranieri?
Assolutamente, noi italiani veniamo scambiati per arabi. Non è il mio caso perché non ho la barba, ma a mio fratello, che lavorava co me, è successo. Lui ha una barba folta e i capelli rasati a zero ed è capitato che incontrasse il classico stupido per strada che gli diceva: “Hei, Mohamed, vieni qui”. Poi come italiani siamo considerati per lo stereotipo pasta-pizza.
Ma se dicono che gli italiani sono pasta-pizza, loro allora cosa mangiano?
La cucina finlandese è fatta di stufati. Per esempio, un piatto tipico è lo stracotto nella birra, con cipolla e burro, servito con marmellata di mirtilli rossi e pure di patate di accompagnamento. Ma in generale diciamo che la cucina finlandese è molto grassa.
Quindi, tornando al discorso di prima, conferma che in Finlandia come cuoco, con stipendi molto diversi, si vive meglio
Certo, qui un cuoco si può permettere di andare in vacanza. Già dopo quattro anni in Finlandia sono riuscito a organizzare una vacanza per tutta la famiglia e ho pagato io. Al contrario a casa nostra si è costretti a vivere sul filo del rasoio. Poi è sbagliato fare discorsi generici sui giovani, fare di tutta l’erba un fascio, ma non è vero che i giovani non hanno voglia di lavorare, ma se li tratti male, non dimostri loro che ci sono opportunità lavorative e quando si imbattono nel tuo mestiere vedono solo rabbia, amarezza e delusione, nessuno vorrà fare il cuoco. In Italia si fanno solo discorsi utopici, si dice “Perché non facciamo la settimana lavorativa corta, come in Nord Europa?” e poi invece se vai a vedere, manca la carta igienica nelle scuole. Come si può pensare di adottare il metodo scandinavo nel lavoro, nella scuola eccetera? Non ci sono nemmeno i soldi per le mense scolastiche, oppure ci sono le infestazioni di blatte, come pensiamo di poter essere uguali alla Scandinavia? Ci sarebbe da iniziare prima a trattare in maniera equa i lavoratori e non parlo solo dei cuochi, ma di tutti i lavoratori. Solo poi, fatto questo, ci si può chiedere se la gente ha bisogno o no del reddito di cittadinanza per aiutare concretamente chi ne ha bisogno.
Diciamo che a sentire la sua testimonianza, c'è proprio un abisso tra la vita e come è strutturata, fra Italia e Finlandia, visto quanti problemi abbiamo in Italia e il rispetto verso i lavoratori…
Non interpreti male le mie parole, ma io dico spesso e volentieri alla gente che non mi alzo neanche la mattina se non guadagno i miei 3000 euro puliti. Perché? Perché il mestiere del cuoco richiede sacrifici. Non è possibile alzarsi la mattina, lavorare 12-13 ore, lontani dalla famiglia, quando arrivi a fine giornata ti fanno male le ossa, sei sporco, puzzi di fritto, non hai vita sociale e ti privi sempre del weekend, tutto per una paga da schiavi, quando poi dall’altra parte c’è l’imprenditore che ha 16 pizzerie e guida una Porsche Cayenne, ma non paga gli stipendi regolari ai suoi dipendenti. Perché mai l’imprenditore non guida un’utilitaria? Con i soldi che guadagna, potrebbe pagare gli stipendi ai suoi dipendenti… Ma invece no, sceglie di mostrarsi e fare il “nuovo Briatore”. Questo è il problema dell’Italia: si pensa molto di più ad apparire, piuttosto che essere realmente e per questo ci sarà sempre una grande disparità economica. Le categorie di ‘ricco’ e ‘povero’ sono sempre esistite, da che mondo è mondo, ma lo spazio che si è creato fra povertà e ricchezza è diventato surreale.