Resistenza, velocità e progressione: sono queste le parole che caratterizzano il terzino sinistro dell’Inter Federico Dimarco, estremamente votato alla fase offensiva ma con grande capacità anche nelle fasi di contenimento. È un laterale mancino che si adatta anche (e forse oggi potremmo dire soprattutto) al ruolo di esterno di centrocampo, riportandoci alla mente con la sua falcata e la progressione palla al piede le galoppate del Maicon del triplete. È lui l’uomo osannato, oggi, dai giornalisti e dai sedicenti esperti in materia calcistica. Ma finora dov’erano? Che partite vedevano? È lo stesso uomo che per anni è stato ritenuto solo una banale scommessa dell’Inter, un panchinaro che non si sapeva se un giorno avrebbe trovato il proprio ruolo sulla fascia di San Siro? A quanto pare sì, è proprio lui, quel ragazzo di 26 anni, l’interismo fatta persona, che sta mettendo tutti a tacere. 157 partite giocate, 17 goal e 28 assist da quando veste nerazzurro, con un mancino potentissimo, è lui uno dei pupilli sia di Simone Inzaghi che della nazionale di Luciano Spalletti. Due allenatori molto simili, che stanno usano lo stesso modulo, il 3-5-2. Un modulo, questo, che si adatta perfettamente alle caratteristiche del calciatore, in grado di interpretare quel ruolo come ancora nessuno sa fare sia in Italia che in Europa.
Chi sono i suoi diretti concorrenti? Non lo è Theo Hernandez, non Angeliño, né Cambiaso (nonostante il giovane ventiquattrenne, anche lui in nazionale, sia un’ottima promessa) e non lo sono, all’estero nomi blasonati come Marc Cucurella del Chelsea e Alfonso Davis del Bayern Monaco. In molti sostengono che fuori dall’Inter Federico non sarebbe mai titolare, ma siamo sicuri che sia così inferiore a Gvardiol del Manchester City o a Mendy del Real Madrid? Ecco, noi non ne siamo così sicuri. Anzi, come da tempo sosteniamo, Dimarco ha una centralità nell’Inter perché è forte e perché il suo mancino è di certo il migliore della Serie A, tanto che c’è chi lo ha paragonato a un mostro sacro del calcio come Roberto Carlos. Ma Dimarco ha un solo neo, che non è nemmeno suo, ed è quello della sua provenienza: l’Inter non lo ha preso dal Psg o dallo United, ma è un prodotto made in Italy. Federico è frutto del vivaio nerazzurro, e questa operazione che ci fa capire quanto il calcio debba investire sui settori giovanili e sulle risorse interne.