Ci sono stagioni calcistiche che quando finiscono fanno rumore. Sconfitte pesanti, contestazioni dei tifosi, allenatori che se ne vanno in silenzio e che proprio per questo creano il caos; ci sono i “no” dei sostituti, la stanchezza dei giocatori e la consapevolezza che un ciclo è finito. Rumore bianco, negativo per l’ambiente, deleterio per lo spogliatoio, devastante per la memoria: il fallimento di fine anno cancella tutto ciò che di grande si è fatto fino a quel momento. Lo sa bene l’Inter. Altre stagioni di altre squadre, invece, pur finendo senza titoli portano con sé una “bella confusione”, per citare il titolo di un libro che parla anche del cinema di Federico Fellini. A Marsiglia si propaga un rumore che fa bene, che carica tutti quelli che fanno parte del progetto. Da quando è arrivato Roberto De Zerbi l'aria è un po' diversa. Sono usciti i primi due dei sei episodi della docuserie Sans jamais rien lâcher, che ripercorre i momenti decisivi della stagione appena conclusa. I ragazzi di De Zerbi sono arrivati secondi e si sono guadagnati un posto in Europa, fin dall’inizio l’obiettivo dichiarato della società. Con l’arrivo dell’allenatore italiano qualcosa cambia: pressing alto, qualità e propensione offensiva. I nuovi giocatori sanno che avranno qualcuno a bordo campo che li farà crescere, mentre i tifosi possono sperare di vedere la propria squadra giocare il calcio ultramoderno che ha reso De Zerbi quasi un guru. Lì a Marsiglia di gente sanguigna ne hanno già vista parecchia (“El Loco” Bielsa e Jorge Sampaoli hanno allenato l’Om, due nomi bastino per tutti) e all’Orange Vélodrome il feeling con il nuovo mister scatta subito. Inevitabili, comunque, i momenti di crisi in cui l'addio in corsa è sembrato quantomeno possibile. Così è il calcio. Ma è proprio in quegli alti e bassi che ha dovuto lavorare la società. E lo ha fatto Pablo Longorio, presidente classe 1986, arrivato nel 2020 da direttore sportivo dopo diversi anni passati in Italia tra Atalanta, Sassuolo e Juve e poi a Valencia. A Torino in particolare diventa noto più per l'approccio data based al calcio che per l'attitudine da capopolo. Al suo fianco c'è Medhi Benatia, anche lui per molti anni in Italia. L’ex difensore si è dimostrato capace di abbracciare una visione di lungo periodo, un direttore di quelli che scende in campo per vedere come si allenano i suoi giocatori e vedere se le lamentele (“il mister non mi fa giocare”) sono giustificate.
Le contraddizioni
Non sono mancate, comunque, alcune contradizioni nel percorso dell’Olympique. Nel 2023 dopo un pareggio casalingo contro il Tolosa gli ultras chiedono un confronto. Vogliono parlare con società e squadra. In quell'occasione l'allenatore Marcelino avrebbe ricevuto minacce di morte dai gruppi della curva e per questo si dimise. Anche Longoria sembra fosse sul punto di andarsene per poi dichiarare nei giorni successivi: "Non mi dimetto. Ho parlato con il proprietario McCourt che mi ha confermato il totale sostegno. Resto da presidente ma da oggi deve cambiare tutto. Ci sono troppi interessi attorno all’OM e così non si può andare avanti". C'è poi il caso Mason Greenwood: l’attaccante, ex Manchester United, era stato messo fuori squadra dai Red Devils dopo essere stato arrestato nel gennaio 2022 con l’accusa di stupro, aggressione e comportamento coercitivo mosse dalla sua fidanzata di allora, Harriet Robson. Nel 2023 i testimoni del caso si ritirano e il processo finisce nel nulla. Nel 2024, però, è ancora troppo presto per dimenticare l’accaduto: il sindaco della città Benoit Payan definì “inaccettabile” la scelta di acquistarlo, e anche diversi tifosi si schierarono contro Greenwood sui social. Sul campo l’ex United ha contribuito con 22 gol di cui 21 in Ligue 1 e uno in Coppa di Francia. Longoria ha detto di non essersi mai pentito del suo ingaggio.
Le difficoltà in autunno
“Non basta”, dice mister De Zerbi. Quello che è stato fatto fino a settembre, seppur positivo (l’Om è ancora secondo dietro al Psg con 4 vittorie e un pareggio), non basta. Arrivano la prima sconfitta contro lo Strasburgo e le difficolta. Ma la paura di sbagliare deve rimanere fuori dal discorso: “Serve coraggio”. Anche perché alla nona c’è Le Classique e al Vélodrome arrivano quelli di Parigi. La partita finisce male: tre a zero per la squadra di Luis Enrique e le prime nuvole si ammassano nel cielo autunnale di Marsiglia. “Il primo momento in cui mi sono chiesto: perché la mia squadra entra così timorosa in campo?”, dice De Zerbi.

Questa è la storia di un allenatore italiano che in Serie A si è avuto paura di ingaggiare. Se prendi De Zerbi sai che le cose possono assumere traiettorie inaspettate. Da noi servono i risultati, pochi, maledetti e subito. Longoria e Benatia ci hanno creduto, i giocatori anche, i tifosi pure. La costante in Sans jamais rien lâcher sono gli appelli di De Zerbi: da Marsiglia ci guardano, facciamolo per la città. E i tamburi nel primo episodio non smettono mai di battere. Oltre al romanticismo, ai discorsi da Al Pacino, la voglia e la “vita” messa sul piatto ogni partita, però, c’è qualcosa che forse quelle immagini non trasmettono: un progetto tecnico, elemento quasi volgare se si vuole fare dell’epica sportiva. Le idee, accanto al cuore. In Italia non ci abbiamo creduto, o più probabilmente De Zerbi ha rifiutato le offerte: il Milan lo ha cercato, l’Inter forse ci ha pensato per il post-Inzaghi, la Juve è finita in qualche titolo di giornale che parlava di lui. Nessuno poteva garantirgli la cura di cui aveva bisogno. Fatto sta che ora è a Marsiglia e lì se lo godono, nel bene e nel male, con la consapevolezza che un giorno potrebbe dire parole pesanti ai giocatori o ai tifosi, e allora servirà portare la calma. Con quella stessa passione farà il suo calcio, quello per cui è già studiato dai giovani allenatori. Davanti a lui ci sono i giganti del Psg, più ricchi e più forti. il solito Davide contro Golia. Guardando da fuori, però, sappiamo già da che parte stare. Peccato solo che in Italia ci sia ancora troppa paura di quelli come lui. Il nostro calcio deve ripartire: non basterà un’eventuale qualificazione al Mondiale a lavare via la pochezza degli ultimi mesi. Ricostruire dalle basi, ma con una visione precisa. Poteva essere proprio De Zerbi ad aprire la strada. Invece all’ennesima “catastrofe” risponderemo, come sempre, nel modo più sbagliato: con l’improvvisazione.
