Sì, è vero, il provino del Grande Fratello fu folle, mi dissero di tutto e anche che ero un coglio*e. Ma fu divertente. Non si può definire la mia intervista al podcast "Sharplife" uno sfogo, altrimenti si travisa il significato delle parole. Caro FQ Magazine, insomma, non si fa così.
Perché, seguendo l'intero episodio del podcast, si capisce che l'esperienza del Grande Fratello, per quanto mi riguarda, è stata una figata. Insolita sì, complicata da gestire durante e dopo, ma non certo una pagina che ha lasciato strascichi di livore o qualcosa di non detto. È tutto chiaro e limpido e, a distanza di ormai quasi 20 anni, non voglio passare per uno di quelli che appena gli piazzano un microfono davanti si mettono a sparare merda contro chi gli ha cambiato la vita.
Questa è la realtà inequivocabile: il Grande Fratello mi ha cambiato la vita, in positivo. Perché, in quella stagione che ha fatto da ponte tra il mondo analogico e digitale, essere protagonista del principale reality in onda sulle TV nazionali, ti stravolgeva tutto. Eri famoso al pari di un calciatore, ovviamente meno ricco. Eri influente e seguito dalle persone in mezzo alla strada (i social erano ancora agli albori nel 2007) come un divo del momento, più o meno come oggi il cantante trap di tendenza. Niente a che vedere con la percezione che c'è ora del programma e dei suoi personaggi, offuscati dal linguaggio e dai volti che si fanno conoscere su Internet.

Pensate quindi cosa poteva succedere a un ragazzo di paese, proiettato improvvisamente tra i fighi del momento e nel casino della grande recita del mondo della televisione dei primi anni 2000. Una roba incredibile, difficile anche da raccontare. È per questo che ci tengo a precisare ciò che ho letto su FQ Magazine. Le parole scritte, a volte, stravolgono ciò che si voleva spiegare. E, tornando al fantomatico provino, fu difficile per me. È vero. Ero un ragazzo poco abituato a tali palcoscenici, sentivo che quel giorno poteva cambiare tutto del mio mondo, e avevo paura di essere ridicolo. Così, per addolcire le paure, prima di entrare mi feci anche due spritz al bar di via Monte Zebio, vicino agli uffici di Endemol.
Forse gli autori del programma si resero conto del mio imbarazzo e del mio stato confusionale. Notarono che in quel ragazzo finto esuberante della provincia toscana che si era preparato la lezioncina, qualcosa non andava. Finimmo a parlare di storie d'amore e della mia ultima, appena finita. Una brutta pagina della mia vita, conclusasi con un tradimento. Quel racconto penso li colpì e si divertirono tutti a prendermi in giro. Mi dicevano che ero brutto e che forse ero un coglio*e, ma non fu un atto di bullismo, piuttosto una di quelle battute tra amici al bar che si chiudono tra grasse risate.
Non c'è niente di cui vergognarsi o chissà quali rivelazioni da fare. Potessi riportare indietro le lancette della vita, tornerei volentieri a quei giorni e a quelle emozioni. Tornerei in quella stanza a farmi prendere in giro. Era semplicemente la giostra che stava partendo e, credetemi, ne è valsa la pena.

