Una decisione estrema, maturata in un contesto in cui evidentemente le tutele non sono abbastanza: Destanee Aiava si ritira ufficialmente dal tennis giocato a soli 24 anni. Non per un infortunio, non per una crisi di risultati, ma per un motivo ancora più grave e allarmante: il costante e incessante linciaggio social che riceveva dopo ogni sconfitta. Minacce di morte, insulti, odio gratuito. E nessuno che abbia alzato un dito per proteggerla. Come mai nessuna federazione, nessun organo ufficiale, ha preso una posizione netta? L’annuncio della tennista australiana è arrivato direttamente dal suo profilo X, poi eliminato, con poche, pesanti parole: “Ho preso la decisione esecutiva di ritirarmi perché ricevo messaggi/commenti di odio e minacce di morte dopo ogni singola sconfitta”. Ecco, non è una questione assurda, nel 2025 la situazione in cui si trova il tennis?
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Ma quello che è noto, e lo abbiamo visto anche con Sinner e il caso Clostebol, gli atleti spesso sono lasciati in balia della tempesta social senza uno minimo di protezione. Gli stessi che vengono blindati con regole stringenti su ogni dettaglio della loro vita agonistica, che devono rispondere a regolamenti antidoping ferrei. Non è forse paradossale che il tennis, uno sport che spesso parla di salute mentale o “benessere mentale”, non abbia ancora adottato un protocollo serio per tutelare i propri giocatori dagli abusi online? Un po’ di tempo fa era stata lei a dirle: “A volte posso entrare in uno stato mentale davvero brutto e pensare che non avrei mai vinto una partita di primo turno o che non mi sarei mai qualificata”. E Aiava non è certo un caso isolato.
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Da Emma Raducanu, vittima di stalking, a Mirra Andreeva, che a 14 anni ha già sperimentato l’orrore dell’odio social, fino a Paula Badosa e Naomi Osaka, costrette a parlare apertamente dei danni psicologici subiti. Non è normale che una ragazza debba dire basta al sogno della sua vita perché qualcuno, nascosto dietro una tastiera, si sente in diritto di distruggerla con parole velenose. E soprattutto, non è normale che a questo qualcuno non venga imposto alcun limite. Il caso non è abbastanza pubblico o popolare per intervenire perché lei non è Sinner? La verità è che il tennis, nonché lo sport in generale, hanno un problema serio e spesso si preferisce ignorarlo. Funzioni solo se sei forte abbastanza da reggere da solo, senza alcun supporto. E chi non ce la fa? Pazienza? Aiava oggi si ritira, domani sarà qualcun altro. Ma fino a quando? La speranza è che la sua non sia una decisione definitiva. Non per darla vinta a chi vive di odio e frustrazione, ma perché un talento non può essere spento dalla cattiveria altrui. Ma se il tennis vuole davvero cambiare, è ora di agire. Perché la vera sconfitta non è la sua, è dello sport che ha dimenticato di proteggere i suoi protagonisti.