Subbuglio. E’ la parola che viene in mente osservando tutto quello che sta e non sta succedendo in Ducati, soprattutto dopo un fine settimana in Indonesia in cui la casa di Borgo Panigale ha sì fatto i conti con la sfortuna di Marc Marquez, ma si è soprattutto ritrovata con un Pecco Bagnaia che, dopo il dominio indiscusso di Motegi, è sembrato il fratello lentissimo del pilota che è. Sempre in affanno. Sempre ultimo. Addirittura dietro (con tutto il rispetto, sia inteso) a un Somkiat Chantra che in una manciata di giri gli ha rifilato oggi più di due secondi di distacco prima che lo stesso pecco, mentre girava su tempi che nemmeno un rookie buttato troppo presto in MotoGP, cadesse a terra sconsolato con la sua Desmosedici. Senza sapere come. Senza sapere perché. Ma rendendo ancora più palese il subbuglio.

Sì, magari è una parola di quelle che si usano più poco e odorano di vecchio, però viene da “sub”, che significa sotto, e “bullire” (bollire) e quindi sì, è perfetta per raccontare l’evidenza di qualcosa che sta bollendo sotto. A temperature sempre più elevate. Sempre più pericolose. E con rumors e evidenze sempre più incontrollabili. Tanto che Ducati, oggi, ha scelto insieme al pilota la via del silenzio stampa. Nessuna intervista, nessun media scrum, solo un vocale da 1,14 minuti in cui Pecco ha chiesto scusa alla sua squadra per la caduta, in cui ha spiegato che, nonostante i tempi, stava pure spingendo e in cui ha ribadito la necessità di capire cosa sta succedendo. “Sono molto deluso – dice in sintesi – da questo gran premio dopo i risultati della scorsa settimana. Questa pista non è mai stata facile per me, ma in passato ho comunque ottenuto risultati qui, ma quando sono arrivato non ho ritrovato le stesse sensazioni di Motegi: non ho potuto spingere, ho solo fatto sempre fatica. Non abbiamo risposte su quello che è successo, controlleremo i dati e gli ingegneri cercheranno di trovare una soluzione per poter lottare per le prime tre posizioni nei prossimi GP. Voglio poi scusarmi con la squadra per la caduta, anche se ero un secondo e mezzo più lento dei primi stavo provando a spingere per riprendere il penultimo e sono caduto”.
Sì, qualcosa, inutile negarlo, sta “bollendo sotto” (pare che “subbugliando” non si possa dire, ma sarebbe una gran bella parola) in casa Ducati, come anche nei giorni scorsi avevamo fatto notare sia per quanto riguarda Bagnaia sia per quanto riguarda una situazione più generale, e mettere un coperchio serve solo far bollire tutto ancora più forte. E prima o poi anche il coperchio non basterà più, anzi, renderà tutto meno controllabile. Anche perché l’impressione è che ormai, dentro la pentola sul fuoco, non c’è più solo “acqua che passa”, ma “amarissima bile”. Con il risultato che intorno a Pecco Bagnaia e Ducati si dice ormai di tutto, tra complottisti pronti a ogni tipo di ricostruzione, leoni da tastiera faziosi di una parte o dell’altra e veri appassionati che, invece, poveracci, non ci capiscono più niente. Mentre pure nel paddock c’è chi azzarda addirittura l’ipotesi che Ducati a Motegi si sia presa il rischio (e la responsabilità) di mandare in pista Bagnaia con la moto del 2024 (a rischio squalifica) per capire se avesse ragione o meno, salvo poi dovergliela immediatamente togliere ancora nel GP successivo a Mandalika. Roba impensabile, sia inteso, tanto che il solito che ci mette comunque sempre la faccia, Davide Tardozzi, ha pure risposto a domanda specifica a Sky. “Sì, so di queste voci e ringrazio per avermi chiesto un chiarimento – ha detto – Il motore 2024 e il motore 2025 hanno due omologazioni diverse, quindi se a Motegi avessimo corso con il motore della 2024 saremmo andati fuori dal regolamento”.
Sul motore, dunque, non si discute, ma sicuramente Bagnaia ha utilizzato a Motegi tutto ciò che della Desmosedici 2024 si può usare senza uscire dalle regole. Resta da capire, invece, cosa è successo a Mandalika se davvero la moto del Giappone non è stata toccata. E, più in generale, cosa sta succedendo dentro una Ducati che anche quest’anno ha vinto tutto, ma appare sempre più nervosa, infastidita e seccata non tanto rispetto a un suo pilota – verso cui le parole sono sempre di piena fiducia e piena stima – ma verso una situazione ormai insostenibile per tutti. “Gigi Dall’Igna – ha detto ancora Tardozzi – dovrà fare, tornando a Bologna, le sue valutazioni”. Il riferimento, senza voler forzare interpretazioni, è alle questioni tecniche e all’analisi dei dati, ma il sospetto è che di valutazioni se ne faranno anche altre. Che non significa, come qualcuno sostiene già, che in Ducati stanno facendo di tutto per scoraggiare Bagnaia, per spedirlo in VR46 in un improbabile scambio con Di Giannantonio o addirittura fare in modo che esca di scena un anno prima consentendo a quelli di Borgo Panigale di risparmiare un anno del suo consistente ingaggio, ma che c’è ormai la piena consapevolezza che non si può pensare di andare avanti così per quello che resta di questo 2025 e pure del 2026.
A volerla buttare là e senza voler essere psicologi di nessuno, l’impressione è che sia arrivato il tempo di un confronto tra uomini, senza metterci di mezzo la motocicletta. L’umanità, insomma, prima della tecnica. E è, in qualche modo, anche quello che ha chiesto – forse senza rendersene conto fino in fondo – Pecco Bagnaia in quel vocale, “ora cerchiamo di trovare risposte”, e quello che ha ribadito oggi, ai microfoni di Sky, proprio Davide Tardozzi. “In questo momento – ha detto l’ex pilota e oggi manager di Borgo Panigale - Pecco è devastato come pilota e come persona. Se adesso venisse con le lacrime negli occhi non potrebbe essere altrimenti, perché è un ragazzo molto sensibile e un pilota veloce. Però in questo momento pensiamo che sia meglio lasciarlo tranquillo e cercare di lavorare per metterlo nelle condizioni di poter performare a Phillip Island. Bagnaia ci conosce molto bene dopo sette anni che lavoriamo insieme, a livello tecnico e anche umano. Non credo che ci sia mai stata una sola volta dove ha dubitato che noi facciamo il cento per cento per aiutarlo. Penso che lui creda assolutamente in Ducati”. E’ da qui, lasciando stare tutte le questioni tecniche, che bisognerebbe ripartire, magari per eliminare quel “penso” e i motivi che a quel “penso” hanno fatto ricorrere. Così da mettere veramente le basi per un altro anno insieme. Altrimenti, davvero e come dicono i soliti disfattisti, converrà salutarsi prima che il subbuglio si trasformi in inesorabile buio.