La notizia: Fabio Di Giannantonio ha firmato un contratto diretto con Ducati, il prossimo anno rimarrà nel VR46 Racing Team e avrà una moto ufficiale, la Desmosedici GP25 che diventerà GP26 tra due anni, perché l'accordo è biennale. È una notizia certa, manca però l’annuncio. Eppure c’è tantissimo, nella storia di questo pilota, che non viene raccontato. I primi anni con la PreGP 250 per esempio, quando correva con una moto più lenta delle altre e le gare le vinceva lo stesso. Il trasferimento in Romagna quand’era ancora minorenne poi ne è un altro esempio. Quello che succede, quando vieni da un luogo diverso con una storia diversa è che anche tutto il resto, per forza, cambia. Così Fabio si trova in MotoGP con un manager, Diego Tavano, che gestisce un gran numero di calciatori ma che nelle moto non aveva mai lavorato.
All’inizio è dura, per tutti e due: mancano i riferimenti, la categoria è brutale, dall’altra parte del box Enea Bastianini va fortissimo. Il 2022 passa così, nel buio interrotto soltanto da una pole position al Mugello mentre comincia a piovere. Come a dire: il coraggio c’è e la velocità pure, però manca tutto il resto. Per il secondo anno nel Team Gresini Fabio chiede un cambio di capotecnico, ma le cose continuano a non funzionare. Vanno ancora peggio a metà stagione, quando per lui si comincia a prospettare una carriera in Superbike: “È una gran cagata”, ci risponde quando gli chiediamo se è vero.
A questo punto arriva Marc Marquez. Prima come una voce, un’indiscrezione che rasenta la follia, poi ufficiale. Diggia è fuori e lui è il primo a capirlo: “Ragazzi, arriva Marc Marquez. Che devo fare?”. Succede però qualcosa a partire dal Giappone: due volte ottavo, complessivamente il miglior risultato stagionale fino a quel momento. A Mandalika porta a casa il quarto posto in gara, a un soffio dal terzo posto che poi ottiene in Australia. In Qatar è secondo nella Sprint del sabato e vince domenica. Diego Tavano è in lacrime nel box, il giorno prima lo avevamo visto parlare fitto con Alessio Salucci. Sono cresciuti in due, sono cresciuti insieme.
A Valencia un contratto non c’è ancora, si parla anche di un possibile rientro in Moto2 con Fantic. Diggia chiude secondo l’ultima gara della stagione, a un paio di metri da Pecco Bagnaia. La VR46 decide, per la prima volta, di portarsi nel box un pilota esterno all’Academy. La storia continua. Nel 2024 è, insieme a quel Marc Marquez che lo ha obbligato a crescere, il miglior interprete della Ducati GP23. Lo sa lui, lo sanno gli avversari e lo sanno pure in Ducati, dove la telemetria racconta di un Di Giannantonio che al netto di qualche problema in partenza è molto competitivo, da podio. Dice che guidare ‘male’, con traiettorie contrarie alla norma, lo aiuta a interpretare la moto.
Ad Assen si parla di un interessamento da parte della Yamaha che vorrebbe portare Fabio nel Team Pramac. Quando chiediamo un commento al suo manager, lui ci risponde che è un momento zen. Aspettare, in apnea. Poi cominciano a circolare le notizie nel paddock del Sachsenring.
Fabio Di Giannantonio ha due opzioni: da una parte c’è un biennale con Yamaha, un contratto diretto con i giapponesi per correre con una moto ufficiale nel Team Prima Pramac di Paolo Campinoti. Dall’altra una Ducati che lo vuole ancora, nonché un’opzione con cui VR46 potrebbe tenerlo per un altro anno. Yamaha porta denaro, Ducati promette gloria. Ma quanti orologi vuoi comprare? Quante macchine ti servono? Fabio ci pensa. Chiede la terza moto ufficiale, l’unica a disposizione nel 2025 oltre alle due del team interno. Chiede, insomma, le sue garanzie, tecniche e di trattamento. Al Sachsenring Ducati accetta: si parla, lo dicevamo in apertura, di un biennale con la Ducati aggiornata nel team Factory Supporter, quindi il più vicino a Borgo Panigale, quindi il VR46 Racing Team. Fabio Di Giannantonio ha fatto una scelta di cuore, la stessa che si sono sentiti di fare a Tavullia quando è stato il momento di dargli un'occasione.
L’offerta di Yamaha invece l'aveva accettata Miguel Oliveira, mentre Fermin Aldeguer dovrebbe essere diretto nel Team Gresini. Se così fosse, a fianco di Di Giannantonio ci finirebbe Franco Morbidelli, un team di romani con base a Tavullia. West Coast, East Coast. Bello, anche considerando che farsi adottare dalla VR46 a vent’anni passati è qualcosa che non era ancora riuscita a nessuno. Adesso, testa sgombra e la moto in mano, per lavorare soltanto sui risultati.