Dove sta andando il calcio moderno? Le direzioni in alcuni casi sono chiare, per esempio in Inghilterra: la Premier League punta a essere un prodotto da continuare a spingere in tutto il mondo. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: nel prossimo triennio la lega inglese incasserà 2,01 milioni di sterline per diritti tv nel mercato interno e 2,60 dalla vendita internazionale. Grazie al suo appeal e agli appassionati di tutto il mondo la Premier si arricchisce. Noi, invece, come siamo messi? Gerry Cardinale, proprietario del Milan per mezzo del fondo RedBird, ha definito la sua avventura imprenditoriale nel calcio come “la cosa più difficile” mai fatta. Le ragioni sono tante, le ripetono tutti: i costi aumentano velocemente, mentre i ricavi no; servono investimenti sempre maggiori per nuovi stadi e i cartellini dei giocatori hanno raggiunto prezzi improponibili. I miliardari inglesi e i soldi dei fondi sovrani, poi, contribuiscono a questo gioco al rialzo. Nell’intervista al podcast americano The Varsity, Cardinale ha precisato alcune questioni emerse nei suoi primi giorni da proprietario rossonero: “Avevo detto che volevo essere un Berlusconi 2.0 e poi la mia pr è impazzita. Ma io volevo dire che intendevo innovare, proprio come avevano fatto Berlusconi, appunto, e Steinbrenner (ex proprietario dei New York Yankees) ai loro tempi. Soltanto che ora non si può più fare nello stesso modo, tutto è diventato troppo costoso, ci sono fondi sovrani, ci sono miliardari. Si deve trovare un’altra maniera”. I fondi sovrani, appunto, cioè quelli che vengono dal Qatar e dall’Arabia Saudita; i miliardari (torniamo lì) sono coloro che hanno in mano i club inglesi. L’obiettivo del proprietario comunque è dichiarato: “Abbiamo speso più di qualsiasi altra squadra di Serie A nell'ultimo mercato estivo. Stiamo costruendo un nuovo stadio. Non per intascare denaro, ma per trasformare il profilo finanziario dell'Ac Milan e portarlo al livello delle squadre di Premier League”.
Ma Cardinale nel suo intervento dice anche un’altra cosa: essere proprietario del Milan è “una sfida perché l'ecosistema in cui opero è molto resistente al cambiamento”. A che ambiente si riferisce? Nei giorni scorsi è montata la polemica per la trasferta organizzata dalla Lega Serie A, con il parere positivo di tutte le venti squadre, in Australia: con ogni probabilità a Perth si giocherà Milan-Como. I tifosi del Sinigallia hanno esposto uno striscione in segno di dissenso contro la Juve; alcuni giocatori rossoneri e Massimiliano Allegri hanno espresso qualche perplessità. Ma la Lega tira dritto. In Spagna, invece, le cose sono andate meno bene. Le proteste dei calciatori e dei tifosi e la richiesta di spiegazioni del Real Madrid hanno bloccato la partita tra Villareal e Barcellona che si sarebbe dovuta giocare a Miami. Il presidente della Liga, Javier Tebas, aveva definito “provinciali” coloro che si erano schierati contro l’iniziativa. La Uefa di Ceferin applaude, anche perché l’approvazione per la partita in Florida, così come per Milan-Como, era arrivata solo “in via eccezionale”. Luigi De Siervo, amministratore delegato della Serie A, alla richiesta di un passo indietro sulla gara australiana mossa dall’Ue, come evidenziato da Paolo Ziliani, aveva risposto con un’altra richiesta relativa alla pirateria dello streaming: De Siervo chiede più tutele. Nell’intervista rilasciata a Emanuele Corazzi di Cronache di spogliatoio, De Siervo aveva già espresso il concetto ripreso poi da Cardinale, seppur in maniera diversa: “È normale che la gente guardi all’oggiBisogna distinguere compiti e professioni di ciascuno. Dobbiamo decidere se vogliamo l’uovo oggi o la gallina domani”. Il futuro è compito di De Siervo, mentre i tifosi che hanno protestato, così come i calciatori, sono costretti al presente. Nella stessa intervista, alla giusta osservazione di Corazzi (“Capisco la tensione intorno ai 90’, ma per me si dovrebbe fare qualcosa di più nel corso della settimana per aumentare la passione intorno al calcio”), l’ad risponde così: “Intanto, bisogna considerare che in Italia i tifosi sono molto più invadenti che all’estero e per questo siamo all’opera per isolare frange di criminali o violenti dagli stadi. Dopodiché sono d’accordo con te, nessuno vuole un calcio di plastica”. Il fatto drammatico e vergognoso dell’uccisione di Raffele Marianella, autista del bus che trasportava i tifosi del Pistoia basket, oltre alle inchieste sulle curve di Milano, rendono chiaro che un problema di violenza nel tifo organizzato c’è. È inutile negarlo. E anche sul calcio di plastica siamo d’accordo con De Siervo: non lo vuole nessuno. Serve però mettersi d’accordo: cos’è il calcio di plastica? Che in Italia l’ecosistema sia resistente al cambiamento, come dice Cardinale, forse è vero. Ma il dibattito deve riguardare i motivi che sono alla base di quella resistenza: se per dire “no” a una trasferta in Australia, forse; o per dei costi ormai insostenibili, così come lo sono per le società. Su questi punti ci sarà ancora da discutere. Possibilmente, la prossima volta, senza dare del provinciale (tra le righe o in modo esplicito) a chi la pensa in maniera diversa..